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18
giugno 2009
fino al 15.VII.2009 Thomas Florschuetz Bologna, Galleria Astuni
bologna
Aggirarsi in un cimitero di carcasse metalliche. Riflessi rugginosi e cromie slavate. Superfici materiche che raccontano di uno stato d’abbandono. Fotografie d’imponente formato, che guidano la visione alla ricerca del dettaglio...
Travolti da un insolito destino nell’afosa estate bolognese? Forse sì, visto che, visitando lo spazio che Astuni ha inaugurato nel capoluogo emiliano proprio in occasione di ArteFiera, sembra di esser trasportati altrove.
La nuova galleria, insediatasi in un vecchio stabile nei pressi della stazione, è completamente diversa dal restante panorama cittadino. Un ambiente che, correndo il rischio di apparire ovvi, potrebbe traquillamente trovarsi in quella Berlino che ultimamente tanto piace al sistema artistico nostrano. Siamo ben lungi dalla polemica; piuttosto, constatiamo con piacere l’esistenza di possibilità alternative alla vetrina in centro.
Detto questo, la grande sala espositiva ben si apparenta con i formati e i soggetti scelti da Thomas Florschuetz (Zwickau, 1957; vive a Berlino). Infatti, la sensazione, di primo acchito è quella di trovarsi in un piccolo hangar, completamente circondato da aeroplani militari abbandonati. Nella serie Jets, leggiamo, l’artista “esplora con la lente della sua macchina fotografica le qualità tattili e morfologiche della superficie di velivoli dimessi”. E ancora: “Come un miraggio nel deserto dell’Arizona, migliaia di aerei da uso civile e militare, satelliti e missili a testata appaiono allineati vicino a Tucson in file ordinate raccolte in immensi raggruppamenti, che formano uno dei più importanti epicentri dell’aviazione mondiale”.
Florschuetz elimina, attraverso inquadrature strette, la dimensione contestuale, focalizzando l’obiettivo sul dettaglio. La qualità granulare delle saldature arrugginite, i cretti della vernice arsa dal sole, gli aloni e i depositi anneriti negli intertizi delle lamiere sono i veri protagonisti delle immagini. Per taglio e scelta del soggetto, e per questa ricercata evidenza materica, la serie potrebbe avvicinarsi a quella che una volta veniva definita “fotografia informale”. L’ingrandimento e la selezione del particolare contribuiscono a far perdere lo sguardo d’insieme, tanto che di alcuni scatti si fatica a riconoscere il soggetto.
C’è un tentativo di environment nell’allestimento delle grandi fotografie finemente incorniciate; la disposizione dei pezzi tende verso quella che si potrebbe definire installazione fotografica. I riquadri costruiscono, sulle alte pareti dello spazio espositivo, finestre dalle quali è possibile intravedere l’esterno. Le macchine e i velivoli riposano là fuori, in un cupo silenzio.
L’occhio dell’artista si è posato su dettagli che svelano quanto il trascorrere del tempo possa incidere sui materiali della produzione industriale. L’indugiare sulla qualità tecnica del risultato, però, può far perdere di vista l’obiettivo.
La nuova galleria, insediatasi in un vecchio stabile nei pressi della stazione, è completamente diversa dal restante panorama cittadino. Un ambiente che, correndo il rischio di apparire ovvi, potrebbe traquillamente trovarsi in quella Berlino che ultimamente tanto piace al sistema artistico nostrano. Siamo ben lungi dalla polemica; piuttosto, constatiamo con piacere l’esistenza di possibilità alternative alla vetrina in centro.
Detto questo, la grande sala espositiva ben si apparenta con i formati e i soggetti scelti da Thomas Florschuetz (Zwickau, 1957; vive a Berlino). Infatti, la sensazione, di primo acchito è quella di trovarsi in un piccolo hangar, completamente circondato da aeroplani militari abbandonati. Nella serie Jets, leggiamo, l’artista “esplora con la lente della sua macchina fotografica le qualità tattili e morfologiche della superficie di velivoli dimessi”. E ancora: “Come un miraggio nel deserto dell’Arizona, migliaia di aerei da uso civile e militare, satelliti e missili a testata appaiono allineati vicino a Tucson in file ordinate raccolte in immensi raggruppamenti, che formano uno dei più importanti epicentri dell’aviazione mondiale”.
Florschuetz elimina, attraverso inquadrature strette, la dimensione contestuale, focalizzando l’obiettivo sul dettaglio. La qualità granulare delle saldature arrugginite, i cretti della vernice arsa dal sole, gli aloni e i depositi anneriti negli intertizi delle lamiere sono i veri protagonisti delle immagini. Per taglio e scelta del soggetto, e per questa ricercata evidenza materica, la serie potrebbe avvicinarsi a quella che una volta veniva definita “fotografia informale”. L’ingrandimento e la selezione del particolare contribuiscono a far perdere lo sguardo d’insieme, tanto che di alcuni scatti si fatica a riconoscere il soggetto.
C’è un tentativo di environment nell’allestimento delle grandi fotografie finemente incorniciate; la disposizione dei pezzi tende verso quella che si potrebbe definire installazione fotografica. I riquadri costruiscono, sulle alte pareti dello spazio espositivo, finestre dalle quali è possibile intravedere l’esterno. Le macchine e i velivoli riposano là fuori, in un cupo silenzio.
L’occhio dell’artista si è posato su dettagli che svelano quanto il trascorrere del tempo possa incidere sui materiali della produzione industriale. L’indugiare sulla qualità tecnica del risultato, però, può far perdere di vista l’obiettivo.
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dall’otto maggio al 15 luglio 2009
Thomas Florschuetz – Jets
a cura di Alessandra Pace
Galleria Astuni
Via Barozzi, 3 (zona Mambo) – 40126 Bologna
Orario: da martedì a sabato ore 10-13 e 15-19; domenica e lunedì su appuntamento
Ingresso libero
Info: tel. +39 0514211132; fax +39 0514211242; info@galleriaastuni.it; www.galleriaastuni.com
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