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Amiche mai: intervista con il trio Nichetti – Finocchiaro – Yilmaz
Cinema
di Milene Mucci
A vent’anni da Ratataplan, Maurizio Nichetti, visionario e poetico regista, torna al cinema con il film Amiche mai scritto insieme ad Angela Finocchiaro, che ne è anche la protagonista insieme a Serra Yilmaz. Lo incontro insieme alle due attrici per parlare di questo suo ritorno, ma anche del cinema oggi e dell’importanza della comicità per far riflettere sui tempi complessi che stiamo vivendo attraverso un sorriso, sia pur a volte molto amaro. Un trio artistico perfetto quello Nichetti-Finocchiaro-Yilmaz, arricchito dalla complicità della antica amicizia fra Nichetti e Finocchiaro, simili nella poetica e surreale espressione di intelligente comicità; e dalla aggiunta recente della personalità di Serra Yilmaz, donna colta e profonda, professionista e artista sensibilissima.
Tornare a girare dopo vent’anni. Che cosa ha trovato di cambiato nel cinema? Che cosa ritroviamo, invece, ancora oggi del Nichetti di Ratataplan?
Maurizio Nichetti: «Nel cinema è cambiato tutto: numero di sale ancora aperte, tecnologia digitale, sul set e in post produzione, offerta cinematografica in televisione centuplicata, pubblico sovraesposto a messaggi audiovisivi corti e cortissimi sui social… e tanto altro. Ma io sono sempre lo stesso di Ratataplan. Curioso del nuovo e fedele a un modo di lavorare sempre indipendente e fuori dagli schemi di moda.
Ha pensato immediatamente a loro immaginando il film Amiche mai?
Maurizio Nichetti: «Il soggetto parte da un incontro e una sollecitazione a scrivere un film insieme di Angela Finocchiaro. È, quindi, una storia scritta per lei e riguardante tutti i problemi familiari di una mamma, ancora figlia e già nonna nello stesso tempo. Poi siamo andati a conoscere Serra Yilmaz perché l’alchimia di coppia fra le due protagoniste era la scommessa indispensabile da affrontare nella scrittura. Serra con la sua simpatia e la sua bravura ha fatto il resto».

Per Angela Finocchiaro il debutto al cinema fu proprio con Nichetti e il suo Ratataplan, nel 1979. Una carriera di grande soddisfazione nel cinema, ricordiamo i suoi due David di Donatello per La bestia nel cuore (2005) e Mio fratello è figlio unico (2007), ma anche a teatro, come antesignana delle tante donne che oggi fanno stand up comedy e come scrittrice e sceneggiatrice. Amiche mai – le chiedo – porta la sua firma come autrice. Guardando indietro alle tante cose fatte quale sente come filo conduttore delle sue scelte artistiche?
Angela Finocchiaro: «L’ambito del teatro per me è libertà in quanto è sempre stato il luogo dove ho potuto realizzare dei progetti personali sicuramente a scapito di altre esperienze, ma ho sempre lavorato insieme a persone autori e registi con i quali ci eravamo scelti e decidevamo proprio di esplorare o un nodo o una difficoltà, una domanda che in quel momento ci ossessionasse. Ma io non sono veramente una scrittrice. Nel senso che questo lavoro mi piace proprio per la sua coralità e questo film è stato scritto insieme a Maurizio».
Amiche mai affronta con delicata leggerezza il tema delle relazioni umane e il viaggio delle due protagoniste appare come la metafora della possibilità di incontro fra persone molto diverse. Del viaggio che dovremmo tutti compiere per conoscere chi abbiamo accanto, magari giudichiamo e teniamo distante. Vivendo, invece, possibilità del cambiamento, dello sperimentare situazioni insieme. Cosa unisce alla fine le due protagoniste, due donne così diverse?
Maurizio Nichetti: «Prima di tutto sono due donne intelligenti ed è naturale che tra loro scatti anche una inevitabile solidarietà. Il film racconta del loro viaggio materiale e metaforico, un road movie classico, ma anche contaminato dalla contemporaneità che entra prepotentemente nella storia con tutte le sue contraddizioni e le sue preoccupazioni».
Angela Finocchiaro: «Quello di dover inserire ad un certo momento della vita nel proprio spazio privato e familiare una persona, una badante, chiamata per fare quello che tu non puoi. Qualcuna che normalmente tu finisci per vedere solo bidimensionale, stretta fra bisogno e presenza, mentre l’occasione del “viaggio” porta verso la consapevolezza del far ritornare quella altra persona tridimensionale, in una dimensione dove ha un passato,un vissuto, una serie di affetti, dei parenti, degli amici. Insomma una vita che ha dovuto lasciare. Dando delle proporzioni volumetriche ad un essere umano che Anna, il mio personaggio, aveva schiacciato in un angolo e giudicata. Compressa fra la rabbia di averne per forza bisogno e il proprio quotidiano, impegnata a dover mandare avanti tutto, avere tutto sotto controllo, schiacciata in una vita probabilmente infelice. La testardaggine di Angela all’inizio rifiuta tutte le comunicazioni con il mio personaggio, la badante del padre. Ma la costrizione della condivisione forzata di momenti le porterà a comunicare facendo vivere loro una complicità che inevitabilmente le avvicinerà portandole a superare ogni pregiudizio e, anzi, ad avere un altro sguardo sulla vita, in una vicinanza che farà bene ad entrambe».

In questi anni sono accadute tantissime cose, il mondo è cambiato con grande accelerazione. Pensate si possa guardare ai momenti complessi, e anche drammatici, della realtà di oggi attraverso le lenti della comicità e della poesia?
Serra Yilmaz: «Io penso che si possa guardare tutto attraverso la lente della comicità e della poesia. L’invenzione del politically correct per me è totalmente sbagliata perchè se si è politically correct non ci si può divertire, perché per far ridere devi per forza essere scorretto politicamente. Per questo l’umorismo è entrato nel mirino di tutti gli estremismi. Io penso che nel mondo in cui viviamo, dove capitano delle cose sempre più squallide e sempre più crudeli, dobbiamo assolutamente poter ridere e cercare di conservare la nostra gioia. Conservare la gioia diventa ormai una azione di resistenza».
Maurizio Nichetti: «Io più che pensarlo lo spero. Non potrei affrontare la vita quotidiana senza un minimo di ironia e fantasia. I problemi ci sono e restano, ma farsi prendere dall’ansia o dalla paura non aiuta certo a risolverli. Forse un sorriso ci può dare più lucidità anche in tempi bui. Charlie Chaplin ne Il grande dittatore (1940!) non ha solo fatto un film di grande coraggio, ma ha aiutato a riflettere sul lato assurdo di certe dittature. Anche con un sorriso».