10 novembre 2022

Gli infiniti orizzonti di Luigi Ghirri sul grande schermo

di

Intervista a Matteo Parisini e Adele e Ilaria Ghirri, in occasione dell'uscita di "Infinito. L'universo di Luigi Ghirri”, il documentario del regista Matteo Parisini dedicato al grande fotografo emiliano a trent'anni dalla sua scomparsa

A trent’anni dalla sua scomparsa, il regista bolognese Matteo Parisini dirige “Infinito. L’universo di Luigi Ghirri”, un documentario dedicato a uno dei maggiori e più influenti fotografi italiani del Novecento, presentato in anteprima assoluta alla Festa del Cinema di Roma 2022 e in uscita su Sky Arte.

Ripercorrendo le tappe cruciali della vita del fotografo attraverso i suoi stessi scritti, le parole, riflessioni e memorie delle persone a lui più care, si compie un viaggio sul cui sfondo si stagliano i luoghi della provincia italiana, fotografie nelle quali il pensiero, la ricerca e lo spirito dell’uomo, prima che dell’artista, si specchiano.

Grazie alla cura minuziosa dei particolari, all’approfondita ricerca e alla fervida collaborazione con famigliari, artisti ed esperti che di Ghirri sono stati compagni di viaggio, il regista rende possibile la coesistenza di più dimensioni – storica, biografica, fotografica, visiva e sonora – ed il riecheggiare del quesito che il fotografo si pose per tutta la vita: cosa vediamo quando guardiamo una fotografia?

In occasione del ricco calendario di eventi e iniziative “Luigi Ghirri. Vedere Oltre” dedicate al Trentennale della scomparsa del fotografo, abbiamo incontrato Matteo Parisini e Adele e Ilaria Ghirri che ci hanno parlato del processo e della dedizione che hanno portato alla realizzazione di questo grande progetto.

La sua curiosità per il lavoro di Luigi Ghirri si manifesta sin dall’adolescenza. Cosa ha significato per lei approdare alla realizzazione di questo film e diventare, in qualche modo, “depositario” della narrazione di questa grande figura?

Matteo Parisini: L’idea del film è scaturita dopo aver letto il libro “Niente di antico sotto il sole” una raccolta di scritti di Luigi Ghirri. Dopo questa lettura si entra in un’altra dimensione. Tre punti centrali del suo percorso mi hanno colpito: la memoria vista non come nostalgia, ma come racconto fantastico; la ricerca di uno sguardo puro che si meraviglia ancora di fronte al miracolo della luce e la ricerca di un’identità. Sono tutti temi a me cari che mi hanno permesso di entrare in forte empatia con Ghirri e che sono stati anche la base e il punto di incontro con la famiglia che mi ha dato il privilegio di poter intraprendere questo percorso. Io volevo raccontare la persona per poter capire in profondità l’artista, secondo me solo così si può capire l’arte di Ghirri.

ll film restituisce l’immagine di una persona semplice, ma dalla mente geniale ed anche l’essenza del suo mondo. Quanto è stata significativa per lei la collaborazione con tutte le persone che ebbero stretti contatti con Ghirri, e quanto queste hanno influito nel processo di realizzazione del film, nonché nel risultato ottenuto?

Matteo Parisini: Nonostante sia un film in prima persona ho voluto restituire anche l’importanza degli incontri umani e artistici, frequentava persone molto diverse tra loro che sono state uno stimolo di crescita continua. Anche per me questi incontri sono stati fondamentali, mi sono messo in ascolto e mi sono fatto trasportare nel loro vissuto. Mi hanno permesso di non perdere mai la strada della dimensione umana, ma anche della genialità dell’artista che nella sua semplicità ha sempre rivelato una profondità di sguardo e pensiero. Nel documentario Gianni Leone dice: “Ma siamo sicuri che Ghirri fosse solo un fotografo? Per me no, Luigi era molto molto di più.” Questo è stato Ghirri per i sui compagni di viaggio, un amico e un filosofo dello sguardo.

Nel film si afferma chiaramente quanto fosse importante per Luigi Ghirri il ruolo della propria famiglia, àncora per rimanere attaccato al mondo. Cosa ha significato per voi assistere e collaborare a quest’opera celebrativa, a trent’anni dalla scomparsa del fotografo?

Adele Ghirri: È stato molto bello veder crescere questo progetto a stretto contatto con il regista che si è posto in maniera veramente rispettosa nei confronti del lavoro di nostro padre, e della sua storia personale.

Gli abbiamo suggerito alcune persone chiave da incontrare e intervistare, testimonianze dirette e fondamentali per poter comprendere al meglio il suo pensiero e l’importanza che lo scambio con parenti, amici e collaboratori (che costituivano, e costituiscono tuttora per noi, una sorta di grande famiglia allargata) ha avuto anche per la sua stessa ricerca. Raccontare la persona che era in poco più di un’ora non deve essere stato semplice, eppure Matteo è riuscito a ricostruire, o meglio a ricucire una grande quantità di informazioni e materiali d’archivio con delicatezza, sensibilità e fedeltà; noi ne siamo felicissime.

Ilaria Ghirri: Condividere con Matteo l’idea alla base del documentario, vale a dire fare emergere la persona oltre al fotografo, è stato per noi molto importante ed emozionante. Ciò che ci interessava non era infatti ‘ celebrare ‘ un anniversario o un artista, ma far emergere l’uomo, il suo pensiero, regalando, al contrario, un lascito vivo e utile per chi si avvicina ora alla fotografia.

Abbiamo quindi inteso ‘ Infinito’ come un progetto che racconta il modo di nostro padre di stare ‘ al mondo ‘ e di raccontarlo, un mondo che lui amava e che guardava con tenerezza, ma al contempo con la consapevolezza di un’avvenuta perdita di identificazione, una difficoltà a rintracciare un senso nei mutamenti in atto, un’accelerazione e un uso dell’immagine invadente e fuorviante.

Da questo labirinto, il suo tentativo poetico ed eversivo allo stesso tempo, di riutilizzare le immagini per ritrovare la strada di casa, utilizzandole come le tracce di Pollicino. Le fotografie gli hanno permesso di utilizzare la fotografia come un vero e proprio linguaggio, una forma di conoscenza, una vera filosofia del ‘ guardare’ che permette un nuovo dialogo tra noi e l’esterno che diventa nuovamente fonte di scoperta e stupore quotidiano, permettendoci di riconoscerci e di ritrovare finalmente, la strada verso casa.

La famiglia era per lui legame con un mondo di affetti, memorie e valori cui faceva continuamente riferimento come, la sua memoria, è per noi immensa gratitudine per averci lasciato importantissima eredità di approcciare il quotidiano con la voglia di stupirci di ciò che sembriamo conoscere a memoria come l’azzurro di quel cielo che, se guardato con poca attenzione, può sembrare sempre uguale, mentre, per noi è semplicemente la soglia dell’Infinito.

In primis vi occupate della promozione e diffusione dell’opera di Luigi Ghirri. Quale pensate sia il modo migliore per mantenere vivo il suo lavoro nel tempo?

Adele Ghirri: Proprio per il legame con la famiglia che nostro padre ha sempre ritenuto fondamentale, occuparmi dell’archivio, pur non avendolo conosciuto, è anche un modo per onorare la sua memoria. Oltre ad essere un piacere, sento il dovere di farlo e di mantenere il suo pensiero vivo, in dialogo con il presente, come osserva Ilaria. La sua opera non deve correre il rischio di essere semplificata o relegata al particolare periodo storico in cui fu realizzata. Gianni Leone, suo carissimo amico, nel film dice “Luigi non è storia, è presenza”. Credo che sia il presupposto giusto da cui partire per guardare al suo archivio, alla sua grande opera aperta e per diffonderla. Anche, appunto, attraverso il linguaggio cinematografico.

1 commento

  1. Mi è sembrato davvero un omaggio dovuto quello a Luigi Ghirri, trasformare in un film la sua arte fotografica, cogliere la capacità del maestro di inventare il senso del racconto dagli echi fiabeschi. Un filosofo della fotografia che non si limita a descrivere, ma racconta, ci immerge in un mondo fatto di sguardi filosofici. Del resto cos’é l’Arte se non una capacità di reinterpretare a fondo la quotidianeità per estrarne motivi sempre nuovi, racconti dalla durata infinita, creazioni fantastiche? Le Arti visive oggi hanno conquistato il Mondo, non possiamo ignorarlo. Forse sono cambiate le prospettive, i significati, ma comunque ciò che é rimasto é il desiderio di produrre fascinazione, di conquistare con essa il fruitore delle Opere che ritrova in un Mondo così complicato ed attraversato da guerre e drammi personali una Felice evasione nelle abilità di chi si cimenta in Opere creative.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui