20 settembre 2020

Pop Corn #24. La bambina dai sogni normali di Little Miss Sunshine

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Una famiglia fuori dai canoni si scontra con le stranezze del mondo dei concorsi di bellezza infantili (e non solo) in Little Miss Sunshine, spensierato e coraggioso film del 2006

Olive Hoover (Abigail Breslin) è la bambina che fa da raccordo nelle vicende della famiglia strampalata di Little Miss Sunshine che vive nel New Mexico: il padre, Richard (Greg Kinnear), è un coach la cui carriera non decolla; la madre, Sheryl (Toni Collette, splendida come sempre) cerca di tenere tutti insieme con valori solidi, tra cui il fratello Frank (Steve Carell), intellettuale omosessuale in declino che ha appena cercato di ammazzarsi, e il suocero Edwin, (Alan Arkin, pluripremiato come attore non protagonista), un vecchio nostalgico che sniffa eroina di nascosta fino al collasso improvviso; il fratello Dwayne ha smesso di parlare da mesi finché sbotta in una crisi di nervi. Olive è una bambina insolita e un pochino sovrappeso che sogna di diventare Miss America e viene selezionata per l’anticamera di questo contest in California, Little Miss Sunshine. Purtroppo, il numero per esibirsi a cui si sottopone e che ha preparato col nonno, ormai deceduto, si rivela essere uno striptease totalmente inadeguato per una bambina.

Essere bambini è particolarmente complesso, esserlo in una famiglia di strampalati forse lo può essere ancora di più, soprattutto perché può portare al desiderio di avere sogni molto normali. Olive cresce con un padre ossessionato dal motivare gli altri, dal diventare un sostenitore della vittoria come atteggiamento quotidiano a cui essere orientati ma che, allo stesso tempo, non riesce egli stesso a decollare, causando problemi economici a tutta la famiglia e cadendo su una delle basi del sistema americano (e forse occidentale in generale, ormai) ovvero il successo. Olive passa moltissimo tempo con un nonno nostalgico dei suoi tempi rock and roll e nessuno immagina quanto la sua influenza possa essere profonda e incisiva, ma sempre attraverso lo sguardo tenero e fanciullesco della bambina.

Nel frattempo, grazie al suo sguardo intelligente e innocente, riesce a relazionarsi con tutti gli altri componenti della famiglia nei loro passaggi più delicati in modo assolutamente spensierato: il fratello a cui parte una crisi di nervi quando comprende che i suoi sogni di aviatore non possono avverarsi, lo zio in piena crisi depressiva che non riesce a rispondere alle sue domande chiare, suo padre eternamente rimbalzato al lavoro.

Olive entra nel salone dove anche le altre bambine si stanno preparando e inizia a capire di essere diversa. Da un lato le risuona in testa il ritornello di suo padre di non diventare perdenti, da un altro sa che il suo corpo, con la sua pancetta che sporge, non è un corpo da miss come quello delle altre e persino l’outfit che indossa non è completamente diverso da quello delle altre partecipanti.

Essere diversi è un lavoro, essere speciali è un lavoro e per quanto spesso il mondo confezioni delle frasi romantiche che inneggiano alla bellezza interiore, siamo tutti consapevoli che il differenziarsi rispetto all’uniformità implica un continuo lavoro su se stessi che a volte fa inciampare, soffrire, maledire il giorno in cui si è scelti di essere coerenti perché la realtà può essere tremenda. Soprattutto per i bambini, che sono senza filtri nel bene e nel male e che sanno essere belli e basta, senza tutti gli orpelli di cui gli adulti hanno bisogno, ma che possono collezionare piccole grandi delusioni che faranno di loro degli adulti.

Il film Little Miss Sunshine, girato a basso costo, ha debuttato al Sundance ottenendo un successo incredibile e vincendo moltissimi premi, tra cui due Oscar, British Film Institute, Grammy, Golden Globe.

Abigail Breslin, Little Miss Sunshine, 2006, regia di Jonathan Dayton e Valerie Faris

Per tutti gli altri Pop Corn, la rubrica di exibart dedicata ai grandi personaggi femminili della storia del cinema, potete cliccare qui.

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