14 marzo 2021

Pop Corn #49. Jacqueline Bisset è la donna italiana della domenica

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La classe borghese della Torino degli anni Settanta viene messa al centro del film di Luigi Comencini, tratto dal romanzo omonimo di Fruttero e Lucentini

Nella Torino degli anni Settanta viene ammazzato l’architetto Garrone, un personaggio viscido e poco amato in generale. I sospetti ricadono immediatamente su Anna Carla Dosio (Jacqueline Bisset) e l’amico Massimo Campi (Jean-Louis Tritignant) e il commissario Santamaria (Marcello Mastroianni) parte proprio da loro per indagare. Entra quindi nei salotti della Torino ricca e industriale, attraversando i cliché della commedia italiana, l’ironia tipica di Fruttero e Lucentini – autori del libro da cui è tratto il film, per la regia di Luigi Comencini – e un primo affacciarsi dei temi legati alla difficoltà dell’essere omosessuale. L’assasina, insospettabile, viene smascherata alla fine dopo numerosi eventi e intrecci in cui il commissario inizia un lungo corteggiamento con la Dosio.

La donna della domenica si presenta come una fotografia di una Torino che non c’è più, la metà degli anni Settanta e un’operosità industriale che da diverso tempo dà segni d’arresto. Torino aveva anche una sede RAI molto forte che ormai, se non è chiusa, è diventata ufficialmente periferica ed è stata drasticamente ridotta. In questa cornice, si riesce a entrare in qualche salotto della borghesia industriale dell’epoca, anche se filtrato attraverso l’occhio critico e forse anche un po’ sarcastico che contraddistingueva la commedia italiana e di cui si sente tanto, tantissimo, la mancanza. Il tutto coronato da una colonna sonora realizzata da Ennio Morricone che ricorda moltissimo Indagini su un cittadino al di sopra di ogni sospetto.

Già nella prima scena, la famiglia Dosio ci appare in modo netto: lui, potente industriale, indaffarato e preso dai suoi affari, è in salotto con la moglie, anche lei rapita dai suoi pensieri. Entrambi ignorano la bambina, affidata a una babysitter che le parla in francese.

L’uomo che viene ucciso, questo architetto Garrone, è caratterizzato nella sua volgarità e la sua uccisione avviene attraverso una scultura a forma di pene. Le indagini vengono condotte dal commissario Santamaria, uno straordinario Mastroianni che resta immediatamente stordito dal fascino di Anna Carla Dosio, bella come un ritratto di Boldini.

Anna Carla è una donna istruita, bella e molto elegante, ma ha quel modo sprezzante nei confronti di chi lavora in casa sua che ci parla del suo essere un po’ sciocca e capricciosa. Ha un marito che la ignora ma, allo stesso tempo, le consente di avere il tenore di vita che desidera senza doversi preoccupare di mantenersi. Il suo lavoro è fare la moglie. La signora Dosio frequenta le gallerie d’arte e la crème della società ricca e potente torinese, ma non perde mai occasione di ostentare le sue conoscenze o il suo accento anglosassone riferito ad alcuni termini in uso anche nell’italiano corrente, oltre a spettegolare con l’amico gay, Massimo, un uomo di famiglia bene che non ha mai fatto outing per evitare scandali e che vive una storia d’amore segreta e tormentata con il giovane Lello. Anna Carla è consapevole che il marito la tradisce, ma finge di non accorgersene per concentrarsi esclusivamente sui benefici del suo status, anche con un gioco di seduzione del commissario Santamaria che, non appena caduto ai suoi piedi, perde di interesse.

Donna capricciosa e abituata a ottenere tutto quello che vuole, la Dosio è molto annoiata e dichiara che il fatto di essere indagata è l’evento più interessante che le sia capitato negli ultimi quattro anni, quando forò una gomma dell’auto. Per cui, quello che per Santamaria è un lavoro, per Anna Carla Dossi è un’occasione divertente per svagarsi e distrarsi da una vita triste e monotona in cui è in grado di soddisfare tutti i suoi desideri sempre.

Per capire bene il giudizio della regia e degli autori del testo, c’è un dialogo straordinario tra il commissario e la Dossi:

«Senta, ma lei e Massimo non vi stancate mai di essere intelligentissimi a tutti i costi? Dev’essere pure una fatica»
«Una fatica che lei evita accuratamente»
«Eh si. L’intelligenza usata per ammazzare il tempo è…stronzismo»

Jacqueline Bisset, La donna della domenica, 1975, regia di Luigi Comencini

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