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È dal mare che arriva un’orda corale di corpi, schierati in proscenio, portatori di nuova bellezza. L’azzurro li veste, la musica li muove, il tempo li cristallizza nel presente. Hanno in sé la memoria del passato, di luoghi lontani, di approdi finali. Jonio, il mare che bagna la Puglia, è il primo dei tre quadri che compongono la nuova creazione di Fredy Franzutti per il Balletto del Sud, dal titolo Jonio, Sud, Barocco (debutto al Teatro Apollo di Lecce). Tre parole, generate dall’acronimo delle iniziali di Johann Sebastian Bach, che aprono a un vasto immaginario di luoghi, suoni e forme, tradotti in una coreografia ricca di segni astratti evocatori di storie, di mondi e di tempi.
Franzutti cita due grandi artisti salentini, il poeta Vittorio Bodini e l’attore e drammaturgo Carmelo Bene, cantori di un sud mitico, ancestrale, barocco, per focalizzare, in chiave metafisica, l’immagine «Di una posizione geografica e di una condizione storica e identitaria». C’è la musica sublime di Bach – eseguita dall’Orchestra O.L.E.S. posizionata in fondo alla scena tra due maestose colonne barocche -, a legare i tre episodi del balletto. Il programma recupera le note del Concerto per violino nr° 1 in La minore, la celebre Aria sulla quarta corda, la Suite n. 2 per flauto e orchestra, il Concerto per due violini in Re minore (utilizzato nel 1941 da G. Balanchine per il suo celebre Concerto barocco).
Lo sfondo azzurro del primo quadro, Jonio, con l’intero ensemble di danzatori, forti atleti in formazioni intrecciate dai quali emerge, come isola nel mare, una coppia (Nuria Salado Fustè e Orión Picó Plaja), cede il colore caldo dell’ambra di Sud, aperto dall’assolo di una inquieta figura femminile (Alice Leoncini) con fazzoletto in testa e un branco di quattro uomini attorno a lei, seguiti dall’incedere solenne di un gruppo di donne in nero unite in processione diagonali e circolari le cui posture di profilo si rifanno a certi affreschi greci. Il rosa intenso della terza sequenza che dà vita a Barocco – «…inteso come una condizione dello spirito in cui si riflette un disperato senso del vuoto, l’horror vacui (V. Bodini) che si cerca di colmare con l’esteriorità, l’ostentazione, l’oltranza decorativa» -, è un’esplosione di pura luminosa danza, giocosamente barocca. Impreziositi da leggere livree trasparenti che mostrano i corpi, i 21 danzatori saturano la scena modellandosi in gruppi, coppie, terzetti, quartetti, componendosi velocemente in diagonali, guidati dalla danza libera di una solista (Giulia Ricciardulli).
Il quadro procede configurando movimenti plastici di fattura neoclassica, richiami ai balli di corte, a rotondità di forme, a contrasti di linee armonizzate sui corpi tesi e fluidi come note musicali, come raffigurazioni sacre. Una qualità di movimento caratterizzata da ampiezza, incisività e dinamismo, accompagnata da una raffinatezza profusa anche nei dettagli. Quel cesello di segni che lo sguardo cattura involandosi.