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Il rituale delle tarante: Nicola Simonetti reinventa la danza che libera il corpo e l’anima
Danza
Scorre aria di Sud, di terre bagnate dal mare, di feste, di sole e di luce, di canti tradizionali. E di balli popolari. C’è l’odore e l’umore di tutto questo, e quello di un meridione ancestrale, nello spettacolo Il Rituale delle Tarante, del giovane coreografo pugliese Nicola Simonetti, titolo esplicito che ci immerge da subito nella terra che ha dato origine alla pizzica salentina, danza liberatoria nata come rimedio al morso della tarantola. L’idea di mettere in danza storie legate a questo ballo tipico – che insieme alla musica è diventato un segno di riconoscimento e di recuperata identità -, nasce da Pompea Santoro (alla guida della compagnia torinese Eko Dance Project), affidandola alla elaborazione coreografica di Simonetti.

La tarantola, sappiamo, è l’animale fabuloso e immaginario che bisogna scacciare attraverso la musica suscitatrice di un ballo sfrenato che diventa, di conseguenza, liberazione e rigenerazione. La tradizione vuole che le donne si fingevano morse dall’insetto per liberarsi dalle restrizioni sociali. Ispiratosi a questa leggenda, storica e non solo, ricercando le origini, i condizionamenti sociali e suggestionato da un documentario dell’antropologo Ernesto de Martino, che sul fenomeno dell’umanesimo etnografico è stato un cultore, Simonetti ha inteso esplorare il legame contraddittorio e l’influenza tra culto religioso e ribellione, tra mito e realtà.

Nello spettacolo una donna-ragno è l’artefice di un viaggio ancestrale, onirico, di amori e sofferenze, in un luogo senza tempo – il nero della scena -, che inizialmente vede entrare un gruppo di figure velate di nero e con gonne bianche (costumi di Michele Gaudiomonte), contagiate da fremiti; poi uomini irrompere e dare avvio a un ballo corale che ritorna, in altre sequenze, solo di donne.

Tra sensualità ed estasi fisica, scorrono sequenze vorticose e metriche incalzanti giustapposte a passaggi più distesi, a rappresentare in una intrigante narrazione astratta i diversi stati d’animo. Nei momenti di insieme alternati ad assoli e duetti, con memorie di vicende ascritte nei corpi, si intuiscono velatamente sopraffazioni, abbandoni, rivalse, desideri inconfessati. Li evocano anche il gruppo di donne tra cuscini sbattuti a terra, tenuti stretti, fatti scorrere dall’una all’altra fino a formare un grande letto; e poi circolarità rituali di tutti, saltelli, trance, coppie che si formano e si scompongono espandendo le linee energetiche a partire dal contrasto tra un uomo e una donna.

Simonetti elabora una gestualità fantasiosa che richiama suggestioni attinte dal patrimonio del Salento grazie alle ricche musiche del canzoniere Grecanico Salentino e dell’Orchestra Popolare la Notte della Taranta, insieme ad alcune elaborazioni di Paolo Bonvino, con quella danza dalla forte valenza simbolica di guarigione che culmina in festa.

Spettacolo trascinante, Il Rituale delle Tarante (debutto al Teatro Superga di Nichelino, Torino) si dipana mettendo in risalto forza giovanile e bellezza, energia e velocità su danzatori che si prodigano e danno il meglio quando le danze diventano espressione di pathos collettivo. Nella serata torinese, che aveva il titolo Valore, lo spettacolo Il Rituale delle Tarante è stato preceduto da La sagra della Primavera, il rituale del ritorno, coreografia di Roberta Ferrara, qui presentata in una versione ridotta nel riadattamento di Pompea Santoro.
