Curatore: Paolo De Grandis
Artista: Masuda Hiromi
Organizzazione: Arte Communications
Patrocini: Regione del Veneto, Provincia di Venezia, Comune di Venezia, The Japan Foundation, Consolato Generale del Giappone, MIM-Museum in Motion-Castello di San Pietro in Cerro, Piacenza, FONDAZIONE D'ARS, Manifestazione registrata ufficialmente come Evento del 2005, Anno dell'Amicizia tra Giappone ed Unione Europea


Masuda Hiromi, da sempre affascinata dalla celebrata unione alchemica di sabbia e fuoco, è un'artista che da vent'anni frequenta assiduamente le fornaci di Murano, dove l'incontro tra la sua delicatezza orientale e la forza del maestro vetraio dà vita a creazioni d’arte che ci commuovono offrendoci momenti di dolcezza, momenti di dolore e momenti di ira.

"E' attraverso un gioco di parole sul doppio significato in inglese della parola 'Play' che Masuda Hiromi, dal 1984, intitola PLAY THE GLASS, giocare - suonare il vetro, tutte le mostre che dedica all'arte di questo materiale. [...] Le bolle irregolari che produce soffiando nella pasta in fusione, nello stesso modo in cui soffia in uno strumento a fiato, costituiscono gli elementi base d'installazioni destinate ad occupare gli spazi storici di Venezia e non solo ".

Masuda presenta per la prima volta alla Biennale di Venezia all'interno degli spazi storici della Scoletta di S. Giovanni Battista e del SS. Sacramento la serie di installazioni "PLAY THE GLASS adirato".
L'esito è quello di uno spazio primordiale scandito da forme sferiche che si sdoppiano attraverso un ritmo incalzante, riconoscibile come manifestazione prefigurale, anteriore alla forma, e dunque strettamente connesso ad un'emozione.

Con l'installazione PLAY THE GLASS adirato, Masuda celebra l’inconscio, l’istinto, i rivolgimenti remoti dell’animo umano. Lo sfogo passionale, il brusco emergere di violente emozioni, di sentimenti nascosti, di dimensioni e riflessioni recondite sono le caratteristiche del pensiero e della poetica dell'artista.
L'oscurità di adirato prepara alla luce riflessa nelle bolle "specchiate" della seconda installazione, elementi di connessione, occhi dalle potenzialità infinite che catturano corpi e oggetti e li connettono in un unico spazio, capaci di esprimere all'interno di una stessa immagine una simultaneità di presenze e di far convivere, con un gioco di riflessi, due o più mondi nello stesso luogo e nello stesso tempo.

Nella storia lo specchio è sempre stato un simbolo ricorrente dell'immaginario letterario ed iconografico che rimanda al fascino ambiguo del doppio, della riproduzione fedele ed illusoria quale immagine perfettamente congruente ma priva di spessore. Fornisce il pretesto per un dialogo con se stessi e si scoprono i più profondi impulsi emozionali, che attraggono lo sguardo di chi vi si pone innanzi e lo spingono nelle pieghe profonde della psiche nelle zone più sconosciute della mente.

In questo modo l'artista crea un "clima mentale" che prende vita dal rapporto balenante tra uno spazio predefinito e dalle presenze in esso affioranti che ci catturano e talvolta inquietano perché dentro di loro si manifesta la presenza aggressiva o solo perché riflettono, creando una sorta di impasse, la paura della percezione del nostro io.


Testo a cura di Paolo De Grandis, curatore