Achille Molinè non si definisce un artista.
Eppure ha fatto coincidere la sua passione con la sua vita. Ne ha fatta la propria forma espressiva.
Al punto che, osservando l’evoluzione del suo lavoro, ci troviamo di fronte ad una drammatica sintesi. Le figure, quasi sempre umane, sono definite in pochi tratti essenziali, distese e nervose al tempo stesso. E man mano che la sintesi procede, la carica emotiva che le figure trasmettono aumenta, il disagio e la partecipazione che ci richiedono si fanno via via più pressanti.
Sia che si tratti di inchiostro sulla pelle, oppure sulla carta, la sensazione è che i segni si stiano rarefacendo, si stiano dissolvendo, mettendoci inesorabilmente a nudo di fronte all’esistenza stessa.
Se vi state chiedendo come sia possibile, è perché è proprio nel solco di quei segni, che possiamo percepire qualche traccia dello stesso Achille, della sua emotività, del suo mondo. Ma nel momento in cui la rappresentazione e l’emotività coincidono, non nasce forse l’Arte stessa?