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Adrian Hermanides – Macho in Andromenda
L’ipotesi che ci mostra Adrian Hermanides in questo lavoro riguarda le modalità con le quali la rappresentazione dell’universo di cui siamo parte continuano ad essere oggetto della secolare attività di programmazione ideologica che la chiesa cattolica conduce. Così, con una sorta di enjambement teorico, l’iconografia della nostra parte di mondo corrisponde alla visione di una sola verità, attraverso un unico punto di vista, che fa di noi peccatori, santi, martiri, credenti e miscredenti, dividendo da sempre, irrimediabilmente la storia del mondo in buoni e cattivi.
Comunicato stampa
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La metafora con la quale Adrian Hermanides si presenta per la prima volta in Italia, in occasione del progetto Domani, a Palermo #09 ci ricorda che il mondo occidentale vive in una condizione storica di stampo cattolico, risultato di un programma ideologico e rappresentativo che ha origini antiche. Risale a Galileo Galilei l’insanabile diatriba che ha da sempre contrapposto il mondo della scienza con la religione. Dopo secoli, questa frattura continua ad essere, e i mezzi di cui la chiesa oggi dispone hanno permesso di condurre un progetto assai complesso, destinato a risolvere la famosa “equazione di Dio”, ovvero la dimostrazione di un’origine divina del mondo e dell’universo tutto, attraverso lo studio e la ricerca degli elementi infinitesimali che compongono e spiegano l’inizio, “la verità del cielo”, come recentemente espresso dal Cardinale Giovanni Lajolo, Presidente della Commissione Pontificia dello Stato del Vaticano. Il progetto, condotto a partire dal 1993 in un’area ad est dell’Arizona, è iniziato con la costruzione del cosiddetto “telescopio gregoriano”, uno strumento talmente potente da catturare la luce delle stelle e, attraverso l’analisi fotometrica, giungere a risultati insperati sull’evoluzione delle stelle, delle comete, degli asteroidi. Ma tra gli altri, uno degli obiettivi più eclatanti del potente telescopio è lo studio della scoperta di una piccolissima parte di materia presente nella Galassia di Andromeda (la non-materia contenuta nei buchi neri) in grado di emettere pochissime radiazioni e di assorbire e trattenere dentro di sé qualsiasi luce si ritrovi nella stessa traiettoria. Il suo nome è MACHO - Massive Compact Halo Objects.
A partire dallo studio dell’esperimento ribattezzato V.A.T.T. - Vatican Advanced Technology Telescope, Adrian Hermanides ha costruito una versione rivisitata del telescopio, che contrariamente al suo esempio, guarda al di fuori e riflette la luce solare che investe l’isola siciliana facendo brillare le maioliche e le calde architetture arabe di Palermo, in mille rifrazioni semoventi all’interno della galleria di Francesco Pantaleone, nel cuore vivo della città. Si tratta di una proiezione naturale all’interno della quale il visitatore può fisicamente immergersi, osservare e accorgersi che la luce del mondo è un concetto che appartiene al mondo stesso e non ad una parte di esso. L’ipotesi che ci mostra Adrian Hermanides in questo lavoro riguarda le modalità con le quali la rappresentazione dell’universo di cui siamo parte continuano ad essere oggetto della secolare attività di programmazione ideologica che la chiesa cattolica conduce. Così, con una sorta di enjambement teorico, l’iconografia della nostra parte di mondo corrisponde alla visione di una sola verità, attraverso un unico punto di vista, che fa di noi peccatori, santi, martiri, credenti e miscredenti, dividendo da sempre, irrimediabilmente la storia del mondo in buoni e cattivi.
Il concetto di meta-iconografia cattolica nell’evoluzione della storia dell’arte è un ulteriore approfondimento che rientra in questo studio che l’artista di origini sudafricane sta conducendo e ha realizzato con un progetto specifico a Palermo. Una serie di stampe fotografiche, riproducono immagini doppie e astratte, come nelle macchie di Rosharch: foto prese da Internet, deliberatamente sgranate, mostrano una certa somiglianza per forma e colore con il velo di Cristo, considerata la prima rappresentazione dell’iconografia cristiana, ma la cui origine è stata oramai ufficialmente sconfessata. Hermanides ci invita a riflettere sull’ipotesi che vivendo in una solida, cattolica rappresentazione del mondo, non è più possibile distinguere criticamente l’origine di ciò che ci circonda, dal più piccolo degli elementi fino alla dimensione universale. Nelle sculture che contengono le reliquie della vita e della strada, consunte dal tempo e dall’abbandono, trovate durante la sua residenza palermitana, Hermanides mostra il senso della realtà e della contemporaneità, restituendoci una verità a cui forse, e non del tutto ingiustificatamente, non siamo mai stati abituati.
Laura Barreca
A partire dallo studio dell’esperimento ribattezzato V.A.T.T. - Vatican Advanced Technology Telescope, Adrian Hermanides ha costruito una versione rivisitata del telescopio, che contrariamente al suo esempio, guarda al di fuori e riflette la luce solare che investe l’isola siciliana facendo brillare le maioliche e le calde architetture arabe di Palermo, in mille rifrazioni semoventi all’interno della galleria di Francesco Pantaleone, nel cuore vivo della città. Si tratta di una proiezione naturale all’interno della quale il visitatore può fisicamente immergersi, osservare e accorgersi che la luce del mondo è un concetto che appartiene al mondo stesso e non ad una parte di esso. L’ipotesi che ci mostra Adrian Hermanides in questo lavoro riguarda le modalità con le quali la rappresentazione dell’universo di cui siamo parte continuano ad essere oggetto della secolare attività di programmazione ideologica che la chiesa cattolica conduce. Così, con una sorta di enjambement teorico, l’iconografia della nostra parte di mondo corrisponde alla visione di una sola verità, attraverso un unico punto di vista, che fa di noi peccatori, santi, martiri, credenti e miscredenti, dividendo da sempre, irrimediabilmente la storia del mondo in buoni e cattivi.
Il concetto di meta-iconografia cattolica nell’evoluzione della storia dell’arte è un ulteriore approfondimento che rientra in questo studio che l’artista di origini sudafricane sta conducendo e ha realizzato con un progetto specifico a Palermo. Una serie di stampe fotografiche, riproducono immagini doppie e astratte, come nelle macchie di Rosharch: foto prese da Internet, deliberatamente sgranate, mostrano una certa somiglianza per forma e colore con il velo di Cristo, considerata la prima rappresentazione dell’iconografia cristiana, ma la cui origine è stata oramai ufficialmente sconfessata. Hermanides ci invita a riflettere sull’ipotesi che vivendo in una solida, cattolica rappresentazione del mondo, non è più possibile distinguere criticamente l’origine di ciò che ci circonda, dal più piccolo degli elementi fino alla dimensione universale. Nelle sculture che contengono le reliquie della vita e della strada, consunte dal tempo e dall’abbandono, trovate durante la sua residenza palermitana, Hermanides mostra il senso della realtà e della contemporaneità, restituendoci una verità a cui forse, e non del tutto ingiustificatamente, non siamo mai stati abituati.
Laura Barreca
08
luglio 2009
Adrian Hermanides – Macho in Andromenda
Dall'otto luglio al 10 settembre 2009
arte contemporanea
Location
FRANCESCO PANTALEONE ARTECONTEMPORANEA (sede chiusa)
Palermo, Piazzetta Garraffello, 25, (Palermo)
Palermo, Piazzetta Garraffello, 25, (Palermo)
Orario di apertura
giovedì dalle 16 alle 20, gli altri giorni su appuntamento
Vernissage
8 Luglio 2009, dalle 19 alle 21
Autore
Curatore