Pittore di lunga esperienza, riservato, Agide Ferri non ha mai avuto voglia di esporre il suo lavoro, preferendo un dialogo pacato con gli amici e gli artisti che frequenta.

Ultimamente qualcosa è cambiato e Agide Ferri ha sentito l’esigenza d’un confronto più ampio, meno protetto con l’opinione altrui, convincendosi della necessità di una mostra. Ha ragione; le sue opere rappresentano una ricerca sottile effettuata sulla tela, un pensiero che si svolge, si attorciglia, e rivela immagini presto nascoste. La sua pittura sfugge a qualsiasi definizione: astratta? informale? Iconica e aniconica nello stesso tempo. A volte è francamente figurativa, ma gli accenti futuristi rompono lo spazio, lo frantumano, lo moltiplicano.

Una matassa aggrovigliata di segni, dalla quale esce una piccola figura, appare in una sua tela lasciata con il fondo bianco, come in uno sforzo immane di comunicare per uscire da un muro linguistico. Migliaia di segni che creano un motivo, chiari-scuri, sfumature; il colore è dato tono su tono con leggerissime variazioni. Ci si cerca un racconto; il quadro finale ha un suo equilibrio anche se rimane enigmatico.