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Alberto Parigi – Sonorità del Silenzio
Comunicato stampa
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Tommaso Paloscia, definì Alberto Parigi, con acuta invenzione, archipittore. Con più consunta, ma calzante, definizione lo si può definire pittore del silenzio. Di inconsapevole silenzio, perché nulla nella realtà è più sonoro delle sue città e dei suoi paesaggi urbani, e anche mare e campagna, scene della sua pittura, hanno le proprie voci.
Ora il problema è questo: ogni pittore dipinge nello spazio, ma (soprattutto alcuni), dipinge anche nel tempo. E la magia di Parigi è: talvolta fermare il tempo in una immemoriale atemporalità, talvolta togliere voce alle cose dipinte per via di una laica solennità, di una calcinata, bruna antichità di affresco. A questo risultato concorrono la mente e il pennello o, spesso nel suo caso, certe bellissime algide spatolate.
Che cosa dipinge Parigi? Quasi sempre se stesso, ma travestito dall’occhio dell’architetto osservatore. Nei fatti, dipinge campagne, marine, acque ferme e pontili, e, più che mai, quinte di città, paesaggi urbani, con figure ma più spesso, senza figure. Quando non incontra, ma di rado, anche, da viaggiatore, suggestioni di antiche rovine o panorami squillantemente esotici. Pochissime le nature morte, rare, ne diremo, le figure.
Suggestive certe variazioni: nevicate che imbiancano le cose, marine con cieli senza sole, in ore impossibili di attesi temporali (non solo atmosferici). In certi paesaggi poi, lo spazio è come ripartito o presidiato da figure uniche, alte e scure, e più di donna e con le spalle voltate, ritte in primo piano, delle quali non possiamo vedere lo sguardo ma i cui pensieri veleggiano verso tavolozze di antica suggestione espressionista.
Ma la scena privilegiata di Parigi pittore sono, appunto, i paesaggi urbani, con le assiepate quinte di edifici, fra spente occhiaia di finestre. Ora costipate muraglie, di un bruno antico e insieme gassosamente modernissimo, ora alti sipari di pareti, nell’un caso e nell’altro pittoricamente
incoronate dal cromismo denso dei suoi toni scuri e sulfurei o da grigiori rotti da lampi di biacca, chiarità improvvise che danno al cromatismo di Parigi un armonico senso di sinfonia.
Con coerente libertà, Parigi sa poi passare, sulla tela, a dipingere spazi liberi di marine o arenili, luci smagate di silenziosi pontili, oppure paesaggi (maremmani?) di acque su cui sospese stanno oscillanti “bilance” le cui reti finalmente fanno approdare questo pittore delle geometrie lineari, alla pacificata dolcezza delle curve ondulanti. E in queste diverse declinazioni del dipingere, Parigi resta sempre un pittore del silenzio.
Pierfrancesco Listri
Ora il problema è questo: ogni pittore dipinge nello spazio, ma (soprattutto alcuni), dipinge anche nel tempo. E la magia di Parigi è: talvolta fermare il tempo in una immemoriale atemporalità, talvolta togliere voce alle cose dipinte per via di una laica solennità, di una calcinata, bruna antichità di affresco. A questo risultato concorrono la mente e il pennello o, spesso nel suo caso, certe bellissime algide spatolate.
Che cosa dipinge Parigi? Quasi sempre se stesso, ma travestito dall’occhio dell’architetto osservatore. Nei fatti, dipinge campagne, marine, acque ferme e pontili, e, più che mai, quinte di città, paesaggi urbani, con figure ma più spesso, senza figure. Quando non incontra, ma di rado, anche, da viaggiatore, suggestioni di antiche rovine o panorami squillantemente esotici. Pochissime le nature morte, rare, ne diremo, le figure.
Suggestive certe variazioni: nevicate che imbiancano le cose, marine con cieli senza sole, in ore impossibili di attesi temporali (non solo atmosferici). In certi paesaggi poi, lo spazio è come ripartito o presidiato da figure uniche, alte e scure, e più di donna e con le spalle voltate, ritte in primo piano, delle quali non possiamo vedere lo sguardo ma i cui pensieri veleggiano verso tavolozze di antica suggestione espressionista.
Ma la scena privilegiata di Parigi pittore sono, appunto, i paesaggi urbani, con le assiepate quinte di edifici, fra spente occhiaia di finestre. Ora costipate muraglie, di un bruno antico e insieme gassosamente modernissimo, ora alti sipari di pareti, nell’un caso e nell’altro pittoricamente
incoronate dal cromismo denso dei suoi toni scuri e sulfurei o da grigiori rotti da lampi di biacca, chiarità improvvise che danno al cromatismo di Parigi un armonico senso di sinfonia.
Con coerente libertà, Parigi sa poi passare, sulla tela, a dipingere spazi liberi di marine o arenili, luci smagate di silenziosi pontili, oppure paesaggi (maremmani?) di acque su cui sospese stanno oscillanti “bilance” le cui reti finalmente fanno approdare questo pittore delle geometrie lineari, alla pacificata dolcezza delle curve ondulanti. E in queste diverse declinazioni del dipingere, Parigi resta sempre un pittore del silenzio.
Pierfrancesco Listri
12
gennaio 2008
Alberto Parigi – Sonorità del Silenzio
Dal 12 gennaio al 03 febbraio 2008
arte contemporanea
Location
CHIESA E CHIOSTRO DI SANT’AGOSTINO
Pietrasanta, Via Sant'agostino, 1, (Lucca)
Pietrasanta, Via Sant'agostino, 1, (Lucca)
Orario di apertura
mar-ven 16.00-19.00; sabato e domenica ore 11.00 –13.00 16.00 – 19.00. Lun. chiuso
Vernissage
12 Gennaio 2008, ore 17.30
Sito web
www.museodeibozzetti.it
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