Questo “viaggio” inizia con una dolce mappa dell’India. Una carta geografica, dove le varie regioni sono contraddistinte da cioccolatini di gusti differenti. E’ molto evidenziato il fiume Gange, lungo le cui sponde si incontrano i primi Sadhu. I Sadhu sono dei santi viventi che usano il loro corpo come un’opera d’arte. Lo disegnano, lo violentano, lo cospargono di cenere, vivono per anni su una sola gamba, alcuni non hanno mai tagliato i capelli, una loro mano alle volte rimane chiusa finchè un’unghia non la trafigge. Molti Sadhu vivono a Benares, una città santa affacciata sul fiume. Due Sadhu da una nicchia stanno guardando una barca che attracca. La barca è stipata di fedeli che si purificano lavandosi nelle putride acque del Gange. Alle nostre spalle, dei monaci tibetani camminano, cantano e meditano. Il loro copricapo pare uno strumento musicale. Lasciamo questa prima “sala” del viaggio e scendiamo una scala che ci fa incontrare i dervisci. Tre, ballando girano su stessi sino a perdersi. La nostra testa gira con loro e incontra altri dervisci. Unico punto fermo: un turbante in ceramica a ricordarci un derviscio che non c’è più. Proseguiamo in senso orario verso l’Africa del Nord. Alcuni uomini tunisini danzano portando sulle loro teste delle brocche di terra cotta. Le brocche sono dette “jarres” e vengono impilate una ad una sino a sembrare una continuazione della colonna vertebrale. Per mantenere l’equilibrio viene spostato il baricentro dalla pancia alla testa. Più a destra incontriamo i Gnawa del Marocco. Una confraternita proveniente dal Gana e che ha fatto di Marrakesh ed Essaouira le città predilette. I Gnawa danzano, cantano, suonano e fanno la questua. Tutto questo accompagna i loro magici riti e accompagna pure noi nel loro magico e segreto mondo. ALDO MONDINO


Giorgio Lodetti