La fotografia di un giovane morto nella guerra tra l' Iran e l'Iraq -circondata da fiori di plastica di vivissimi colori– è l'icona centrale di una serie di immagini di grande formato che fanno parte di una delle opere più recenti di Alejandro Gómez de Tuddo, realizzata in Iran nel 2004. Firuz Abad, proprio dove si trovano le rovine di uno dei più antichi templi del fuoco, ospita oggi un piccolo cimitero: vi riposano giovani soldati come il protagonista di questo grande ritratto, a cui era consegnata una chiave dorata –per consentire l’apertura delle porte del paradiso di Allah– nel caso dovessero morire in quella guerra così recente, e che oggi appare tanto lontana.
Ma all’immagine principale non si accede immediatamente, in questa mostra: Eva Gerd, che propone anche una performance, ha infatti realizzato un’intervento installativo di grande impatto –tra scultura e vestizione– che chiude e presenta la fotografia della vittima come all’esterno di un armadio qualsiasi, rivestendo la sua stessa apparizione, perché il monito risuoni più acuto e profondo –e universale–, della concreta anatomia di organi, arterie, sangue vivo e pulsante.