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Amleto Di Leo – COD. ID 92019
Uno spazio colorato interrompe la neutralità delle pareti dello spazio espositivo. Un numero imprecisato di fotografie
Comunicato stampa
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Onde, mare, luce forte, colori innaturali che contribuiscono a rendere vaga la connotazione temporale. Potrebbe essere passato molto tempo. Traiettorie dello sguardo, geometrie sentimentali. Sono tre i lavori che compongono la mostra: una serie di fotografie in sequenza, due singole che dialogano tra loro e tante altre fotografie disposte su una parete colorata che segnala la presenza di un territorio differente.
Un passo indietro. Come il trailer di un film, il lavoro riprodotto nell’invito dice qualcosa delle intenzioni dell’autore. Visione sospesa, attenzione concentrata sulle tracce, non sappiamo se sia già accaduto tutto o se la scena prenda corpo successivamente. Spiaggia, asciugamani e giochi temporaneamente abbandonati non si sa da chi. (Dalle undici all’una, XIII).
In mostra questa scena entra in dialogo con altre e prende corpo il frammento di una storia (Dalle undici all’una). Una giornata estiva qualunque. I protagonisti sono tornati ognuno al proprio posto. Una madre e un figlio al mare, la normalità della scena è incrinata dalla disparità di dimensioni: la cura dell’altro colta nel momento in cui si trasforma e rischia di implodere nel soffocamento.
Il mare, visione leggermente fuori fuoco, un bambino che ha l’aria di un fantasma, l’espressione indecifrabile, non vediamo che cosa sta guardando, si potrebbe parlare di stupore e smarrimento. (Distanze variabili I)
Poi ancora il mare. Questa volta acqua a tutto campo. In lontananza si intravede qualcosa che somiglia ad una zattera. (Distanze variabili II)
Uno spazio colorato interrompe la neutralità delle pareti dello spazio espositivo. Un numero imprecisato di fotografie. È da questo archivio che i due lavori in mostra sono partiti, è qui che possono ritornare se l’attenzione in una tappa successiva si concentra altrove. Uno spazio privato a cui si accede in via informale, qui si apre ad altri sguardi. È la ricostruzione di un pezzo della propria casa, un confronto privato che diventa pubblico, sono rese visibili le possibilità, gli errori, in questa fase conta tutto allo stesso modo. Materiali di lavoro mostrati prima del momento in cui vengono effettuate delle scelte.
In quest’area non sono previste gerarchie, visione orizzontale, immagini accumulate negli anni al ritmo della propria vita… Lavori in corso, flusso di sguardi dove la pluralità si manifesta come irriducibilità dell’esistenza ad essere colta in una dimensione unica. Fuoriuscita dalla logica dell’identità, passaggio liberatorio alla precarietà “che è poi la libertà a cui si è ricondotti o a cui si è condannati tutte le volte che si depongono, sia pure per un istante, maschere e finzioni”. (F. Remotti, contro l’identità).
Nel corso del tempo, per gioco, per lavoro, per affetto. Emozioni fatte corpo, ombre, presenze perturbanti. Sguardi sugli oggetti e sui materiali, sui volti, sui corpi, su una situazione colta in diretta nel suo svolgersi. Primi piani, campi medi, visioni di insieme: le distanze e la messa a fuoco scandiscono gradi diversi di intimità tra chi guarda e chi è guardato.
Amleto DI Leo, nato a Sciacca (Ag) nel 1969 vive a Milano.
Fotografo e architetto attivo anche sul fronte del design, nel novembre del 2005 ha partecipato alla mostra Sguardi Ardui presso il Complesso Monumentale di Santa Sofia a Salerno.
COD. ID 92019 è la sua prima mostra personale.
Un passo indietro. Come il trailer di un film, il lavoro riprodotto nell’invito dice qualcosa delle intenzioni dell’autore. Visione sospesa, attenzione concentrata sulle tracce, non sappiamo se sia già accaduto tutto o se la scena prenda corpo successivamente. Spiaggia, asciugamani e giochi temporaneamente abbandonati non si sa da chi. (Dalle undici all’una, XIII).
In mostra questa scena entra in dialogo con altre e prende corpo il frammento di una storia (Dalle undici all’una). Una giornata estiva qualunque. I protagonisti sono tornati ognuno al proprio posto. Una madre e un figlio al mare, la normalità della scena è incrinata dalla disparità di dimensioni: la cura dell’altro colta nel momento in cui si trasforma e rischia di implodere nel soffocamento.
Il mare, visione leggermente fuori fuoco, un bambino che ha l’aria di un fantasma, l’espressione indecifrabile, non vediamo che cosa sta guardando, si potrebbe parlare di stupore e smarrimento. (Distanze variabili I)
Poi ancora il mare. Questa volta acqua a tutto campo. In lontananza si intravede qualcosa che somiglia ad una zattera. (Distanze variabili II)
Uno spazio colorato interrompe la neutralità delle pareti dello spazio espositivo. Un numero imprecisato di fotografie. È da questo archivio che i due lavori in mostra sono partiti, è qui che possono ritornare se l’attenzione in una tappa successiva si concentra altrove. Uno spazio privato a cui si accede in via informale, qui si apre ad altri sguardi. È la ricostruzione di un pezzo della propria casa, un confronto privato che diventa pubblico, sono rese visibili le possibilità, gli errori, in questa fase conta tutto allo stesso modo. Materiali di lavoro mostrati prima del momento in cui vengono effettuate delle scelte.
In quest’area non sono previste gerarchie, visione orizzontale, immagini accumulate negli anni al ritmo della propria vita… Lavori in corso, flusso di sguardi dove la pluralità si manifesta come irriducibilità dell’esistenza ad essere colta in una dimensione unica. Fuoriuscita dalla logica dell’identità, passaggio liberatorio alla precarietà “che è poi la libertà a cui si è ricondotti o a cui si è condannati tutte le volte che si depongono, sia pure per un istante, maschere e finzioni”. (F. Remotti, contro l’identità).
Nel corso del tempo, per gioco, per lavoro, per affetto. Emozioni fatte corpo, ombre, presenze perturbanti. Sguardi sugli oggetti e sui materiali, sui volti, sui corpi, su una situazione colta in diretta nel suo svolgersi. Primi piani, campi medi, visioni di insieme: le distanze e la messa a fuoco scandiscono gradi diversi di intimità tra chi guarda e chi è guardato.
Amleto DI Leo, nato a Sciacca (Ag) nel 1969 vive a Milano.
Fotografo e architetto attivo anche sul fronte del design, nel novembre del 2005 ha partecipato alla mostra Sguardi Ardui presso il Complesso Monumentale di Santa Sofia a Salerno.
COD. ID 92019 è la sua prima mostra personale.
11
maggio 2006
Amleto Di Leo – COD. ID 92019
Dall'undici maggio al 24 settembre 2006
fotografia
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
ARTOPIA GALLERY
Milano, Via Lazzaro Papi, 2, (Milano)
Milano, Via Lazzaro Papi, 2, (Milano)
Orario di apertura
da martedì a venerdì 15,30-19,30
sabato su appuntamento
pausa estiva a luglio e agosto
Vernissage
11 Maggio 2006, ore 18.30
Autore
Curatore