Ancora una volta, la nostra percezione del corpo diviene il fulcro delle dinamiche espositive della NITIDO-Exhibition & Body Art, che nella bipersonale BETWEEN verranno veicolate al dibattito di genere. Decodificata dall’approccio relazionale delle opere di Anahi Mariotti, quanto dall’iconica proposta scultorea di Kira Vertebra, l’emblematica affiche a firma di Giorgia Loccarini si fa filo conduttore della mostra, che, in collaborazione curatoriale con Rossella Della Vecchia, va a contemplare le dissonanze che spesso intercorrono tra corpo ed identità, qui trasposte nell’eterea apparizione di una figura antropomorfa dalla testa di coniglio. Ed è nel dato esperienziale che vede lo spettatore nel mezzo -come da titolo- di un’ordinaria cronaca di genere sui generi, che la prospettiva mediata dalle vetrate dello spazio espositivo ne esterna lo sguardo sul corpo altrui: uno sguardo di transizione, accentuato dallo scorrere del tempo, che, nel passaggio tra la luce naturale e l’imbrunire, va a concettualizzare quelle realtà ancora non totalmente processate dalla nostra società.
Uno sguardo che diviene protagonista nell’opera video Futuri possibili di Anahi Mariotti, che, ricusando l’idea del corpo quale sistema binario e finito, delinea la trama dialogica di vissuti rivolti ad un ideale orizzonte comune, in cui immaginare e costruire nuove realtà: più inclusive, fluide, libere. Uno scenario futuribile tracciato, inchiostro su carta, anche dall’antropomorfismo immaginifico dell’art-book Autoritratti, che lambisce la sfera della maternità tra gestazione e cura della prole, tra rimandi affettivi e ruoli di genere, tra dimensione umana ed animale, tra sé e altro da sé.
Una vocazione alla procreazione vagliata anche da We are the One, l’icastico manifesto scultoreo di Kira Vertebra, che scandaglia la questione femminile modellandone i paradigmi sociali proprio attraverso uno degli emblemi della maternità. Soggetto anatomico di lotte e trionfi comuni, il seno, ipertrofizzato in calchi in lattice, va a destrutturare l’omologazione ad un’immagine di perfezione, estetica e morale, replicando provocatoriamente ai corpi preconfezionati e mercificati a favore di uno sguardo corrotto dagli enfatici e retorici stereotipi del patriarcato. Confluendo, infine, nell’intervento site-specific pensato per BETWEEN, la visione di We are the One fa maturare nello spettatore il senso di quelle moltitudini che si intersecano a comporre la trama e l’ordito dell’esistenza in una tenace rivendicazione alla propria autodeterminazione.