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Ancestor, ritratti di antenati da XVII al XIX secolo
Accanto ai dipinti, circa trenta, che coprono un periodo che va dalla metà del XVII secolo a fine del XIX secolo, verranno esposte antiche sculture votive di epoca Ming e sarà possibile visitare alcuni ambienti arredati secondo i criteri della cultura cinese antica.
Comunicato stampa
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Nel 1644 i nomadi delle steppe denominati Manchu si impadronirono di Pechino e diedero inizio alla dinastia Qing. I dominatori mantennero quasi completamente la struttura amministrativa dell’impero che li aveva preceduti, lasciandosi conquistare dalla raffinata cultura cinese, che a sua volta venne arricchita di nuovi usi. Particolarmente significativo divenne lo sfarzo nella vita di corte che, da relativamente sobria nei costumi e nelle suppellettili Ming, si fece eccezionalmente sfarzosa e colorata. Il colore degli abiti dei nomadi delle steppe si innestava sulle sete, creando nuovi immaginari: animali, fiori, uccelli, dragoni vennero utilizzati non solo come decorazioni, ma anche come simboli di rango sociale.
Parallelamente al rafforzarsi della dinastia divenne sempre più diffuso l’uso di farsi raffigurare in costume ufficiale. Così la tradizione del ritratto, che in epoca Ming era stata
più che altro legata al culto degli antenati, divenne un’esigenza di rappresentazione del rango sociale della famiglia.
Si assiste dunque ad un proliferare di ritratti che posseggono una duplice valenza stilistica che a noi occidentali può apparire un’incoerenza insanabile: le figure sono per lo più ieratiche, rigidamente frontali; gli abiti sono spesso monocromatici e il panneggio indicato solo da linee. Non vi è nulla di realistico, ma piuttosto forme simboliche che indicano l’ufficialità e il carattere sacro delle immagini. A tutto questo fanno da contraltare i visi, indicati secondo fisionomie fortemente caratterizzate.
Questa ambivalenza rappresenta il fascino principale dei dipinti esposti dal 22 maggio al 26 giugno 2004 alla GALLERIA SILBERNAGL di Daverio: nell’arte occidentale, infatti, la singola persona non è mai stata considerata nella sua dimensione sacra e il ritratto, per quanto ufficiale, conserva in ogni epoca canoni realistici incancellabili. Nel ritratto cinese, invece, la persona è colta sia nella sua dimensione reale e storica che in quella spirituale e simbolica; così su ciascun abito è anche indicata l’attività svolta da ciascun funzionario che corrisponde ad un rango sociale dal primo al nono: uccelli indicano la funzione amministrativa, belve feroci indicano quella militare. Anche il colore degli abiti si carica di valenza simbolica: il giallo solare è permesso solo all’imperatore, l’arancio alle sue spose e ai suoi fratelli, seguono il marrone, il verde e il nero, quindi il rosso e il blu. I membri della famiglia imperiale sono indicati dall’effige del dragone.
Attraverso i ritratti è possibile tracciare una mappatura precisa degli stati sociali elevati che governarono la Cina in epoca Qing, dei loro usi, delle loro ambizioni.
La tecnica pittorica, resa per campiture piatte, a tempera su seta o su carta, conserva quella ‘Modernità’ che tanto fu ammirata dall’arte delle avanguardie occidentali dell’inizio del Novecento, quando, tra l’altro, la tradizionale pittura degli antenati era destinata a scomparire. I mutamenti sociali e politici che sconvolsero la Cina da una parte, l’avvento della fotografia dall’altra, soppiantarono in breve tempo un’usanza che si era protratta per secoli. Eppure ancora oggi i visi di importanti personaggi del passato ci guardano, risparmiati dalle violenze che hanno trasformato l’antica Cina in quello che è oggi, e forse sono piacevolmente incuriositi dal nostro sguardo che li coglie appassionato, dal nostro rispetto che più che alla dimensione sacra, si rivolge a quell’arte che, dopo secoli di distruzioni, abbiamo finalmente imparato a rispettare.
Accanto ai dipinti, circa trenta, che coprono un periodo che va dalla metà del XVII secolo a fine del XIX secolo, verranno esposte antiche sculture votive di epoca Ming e sarà possibile visitare alcuni ambienti arredati secondo i criteri della cultura cinese antica.
Parallelamente al rafforzarsi della dinastia divenne sempre più diffuso l’uso di farsi raffigurare in costume ufficiale. Così la tradizione del ritratto, che in epoca Ming era stata
più che altro legata al culto degli antenati, divenne un’esigenza di rappresentazione del rango sociale della famiglia.
Si assiste dunque ad un proliferare di ritratti che posseggono una duplice valenza stilistica che a noi occidentali può apparire un’incoerenza insanabile: le figure sono per lo più ieratiche, rigidamente frontali; gli abiti sono spesso monocromatici e il panneggio indicato solo da linee. Non vi è nulla di realistico, ma piuttosto forme simboliche che indicano l’ufficialità e il carattere sacro delle immagini. A tutto questo fanno da contraltare i visi, indicati secondo fisionomie fortemente caratterizzate.
Questa ambivalenza rappresenta il fascino principale dei dipinti esposti dal 22 maggio al 26 giugno 2004 alla GALLERIA SILBERNAGL di Daverio: nell’arte occidentale, infatti, la singola persona non è mai stata considerata nella sua dimensione sacra e il ritratto, per quanto ufficiale, conserva in ogni epoca canoni realistici incancellabili. Nel ritratto cinese, invece, la persona è colta sia nella sua dimensione reale e storica che in quella spirituale e simbolica; così su ciascun abito è anche indicata l’attività svolta da ciascun funzionario che corrisponde ad un rango sociale dal primo al nono: uccelli indicano la funzione amministrativa, belve feroci indicano quella militare. Anche il colore degli abiti si carica di valenza simbolica: il giallo solare è permesso solo all’imperatore, l’arancio alle sue spose e ai suoi fratelli, seguono il marrone, il verde e il nero, quindi il rosso e il blu. I membri della famiglia imperiale sono indicati dall’effige del dragone.
Attraverso i ritratti è possibile tracciare una mappatura precisa degli stati sociali elevati che governarono la Cina in epoca Qing, dei loro usi, delle loro ambizioni.
La tecnica pittorica, resa per campiture piatte, a tempera su seta o su carta, conserva quella ‘Modernità’ che tanto fu ammirata dall’arte delle avanguardie occidentali dell’inizio del Novecento, quando, tra l’altro, la tradizionale pittura degli antenati era destinata a scomparire. I mutamenti sociali e politici che sconvolsero la Cina da una parte, l’avvento della fotografia dall’altra, soppiantarono in breve tempo un’usanza che si era protratta per secoli. Eppure ancora oggi i visi di importanti personaggi del passato ci guardano, risparmiati dalle violenze che hanno trasformato l’antica Cina in quello che è oggi, e forse sono piacevolmente incuriositi dal nostro sguardo che li coglie appassionato, dal nostro rispetto che più che alla dimensione sacra, si rivolge a quell’arte che, dopo secoli di distruzioni, abbiamo finalmente imparato a rispettare.
Accanto ai dipinti, circa trenta, che coprono un periodo che va dalla metà del XVII secolo a fine del XIX secolo, verranno esposte antiche sculture votive di epoca Ming e sarà possibile visitare alcuni ambienti arredati secondo i criteri della cultura cinese antica.
22
maggio 2004
Ancestor, ritratti di antenati da XVII al XIX secolo
Dal 22 maggio al 26 giugno 2004
arte antica
Location
SILBERNAGL
Milano, Via Borgospesso, 4, (Milano)
Milano, Via Borgospesso, 4, (Milano)
Orario di apertura
da lunedì a sabato 10.30- 19, domenica 15-19
Vernissage
22 Maggio 2004, dalle ore 17.30