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Andrea Gallotti – Il fragile divenire
Per la prima volta, Andrea Gallotti unisce pittura e scultura in un unico linguaggio. La mostra, a cura di Livia Ruberti in collaborazione con Orma Art alla Galleria della Chiusa, esplora il gesto come atto primario e conoscitivo, tra marmo e vetro, materia e tempo, permanenza e trasformazione.
Comunicato stampa
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Per la prima volta, Andrea Gallotti presenta un progetto che intreccia in modo organico la sua ricerca pittorica e quella scultorea, trasformandole in un unico linguaggio, coerente e pulsante. La mostra, a cura di Livia Ruberti in collaborazione con Orma Art, è ospitata negli spazi di Galleria della Chiusa, luogo di estensione e sperimentazione di gallerie collaboratrici. La selezione delle opere esposte offre alcune prospettive sulla ricerca che Gallotti dedica da anni alla complessità della funzione segnica e alle sue infinite possibilità di variazione, proponendo un dialogo intimo e rigoroso tra materia, gesto e tempo.
Al centro del progetto c’è il gesto, inteso come atto primario, fondamento di ogni costruzione artistica e mentale. Gallotti ne esplora la variazione minima: lo stesso gesto, reiterato più volte, subisce piccole deviazioni, mutazioni impercettibili che rivelano una complessità inattesa. È in questa lieve discrepanza, nel “quasi uguale” che mai coincide, che la materia prende vita e restituisce la tensione profonda della ricerca dell’artista. Il gesto, sempre uguale ma sempre diverso, diventa così strumento di conoscenza, modo di abitare il tempo e di pensare attraverso la materia.
L’esposizione riunisce una tela che racconta la riflessione sulla “grammatica del gesto”, cinque sculture in marmo e nove opere in vetro, realizzate nell’ultimo anno. Insieme, questi lavori tracciano una costellazione visiva che indaga il senso del divenire, l’ineluttabilità del mutamento e la complessità racchiusa nella ripetizione.
Il marmo, con le sue stratificazioni millenarie, richiama un tempo geologico e meditativo. Nelle opere di Gallotti, la sua compattezza si apre a una dimensione di leggerezza inaspettata: il gesto pittorico diventa matrice della forma scultorea e la materia, a sua volta, si adatta alla gestualità dell’artista, accogliendo ritmo e tensione. In questa reciprocità, il marmo sembra farsi corpo vivo, capace di restituire il dialogo fra la permanenza e il divenire. Le venature naturali delle lastre, provenienti da diverse parti del mondo, non sono solo segni della pietra, ma metafore di identità uniche e fragili, presenze che affiorano come tracce di vita sedimentata.
Accanto al marmo, il vetro rappresenta la soglia: materia trasparente, sensibile e rigorosa, che permette di vedere oltre, pur imponendo un limite. Gallotti lo affronta come campo di sintesi estrema, dove due colori e un solo gesto bastano a evocare una tensione poetica tra presenza e assenza. Il segno, tracciato sul retro, si lascia scoprire dal fronte in base alla luce e al movimento del fruitore, generando un continuo gioco percettivo. La superficie smaltata, dai toni pieni ma pacati, conferisce alle opere un senso di pace e introspezione, trasformando la visione in esperienza attiva, la modalità di fruizione più essenziale e pura dell’atto estetico.
Nella pratica di Gallotti, il gesto non illustra un’idea: la genera. È la materia stessa, nella sua resistenza e risposta, a guidare la forma, a definire i confini del visibile. Così, il lavoro si fa atto di attenzione, di esposizione al tempo e alle sue trasformazioni.
La ripetizione non è mai automatismo, ma un esercizio di consapevolezza: ogni volta il gesto si rinnova, scopre la propria differenza, costruendo un linguaggio in cui l’azione diventa pensiero e la materia diventa corpo.
Al centro del progetto c’è il gesto, inteso come atto primario, fondamento di ogni costruzione artistica e mentale. Gallotti ne esplora la variazione minima: lo stesso gesto, reiterato più volte, subisce piccole deviazioni, mutazioni impercettibili che rivelano una complessità inattesa. È in questa lieve discrepanza, nel “quasi uguale” che mai coincide, che la materia prende vita e restituisce la tensione profonda della ricerca dell’artista. Il gesto, sempre uguale ma sempre diverso, diventa così strumento di conoscenza, modo di abitare il tempo e di pensare attraverso la materia.
L’esposizione riunisce una tela che racconta la riflessione sulla “grammatica del gesto”, cinque sculture in marmo e nove opere in vetro, realizzate nell’ultimo anno. Insieme, questi lavori tracciano una costellazione visiva che indaga il senso del divenire, l’ineluttabilità del mutamento e la complessità racchiusa nella ripetizione.
Il marmo, con le sue stratificazioni millenarie, richiama un tempo geologico e meditativo. Nelle opere di Gallotti, la sua compattezza si apre a una dimensione di leggerezza inaspettata: il gesto pittorico diventa matrice della forma scultorea e la materia, a sua volta, si adatta alla gestualità dell’artista, accogliendo ritmo e tensione. In questa reciprocità, il marmo sembra farsi corpo vivo, capace di restituire il dialogo fra la permanenza e il divenire. Le venature naturali delle lastre, provenienti da diverse parti del mondo, non sono solo segni della pietra, ma metafore di identità uniche e fragili, presenze che affiorano come tracce di vita sedimentata.
Accanto al marmo, il vetro rappresenta la soglia: materia trasparente, sensibile e rigorosa, che permette di vedere oltre, pur imponendo un limite. Gallotti lo affronta come campo di sintesi estrema, dove due colori e un solo gesto bastano a evocare una tensione poetica tra presenza e assenza. Il segno, tracciato sul retro, si lascia scoprire dal fronte in base alla luce e al movimento del fruitore, generando un continuo gioco percettivo. La superficie smaltata, dai toni pieni ma pacati, conferisce alle opere un senso di pace e introspezione, trasformando la visione in esperienza attiva, la modalità di fruizione più essenziale e pura dell’atto estetico.
Nella pratica di Gallotti, il gesto non illustra un’idea: la genera. È la materia stessa, nella sua resistenza e risposta, a guidare la forma, a definire i confini del visibile. Così, il lavoro si fa atto di attenzione, di esposizione al tempo e alle sue trasformazioni.
La ripetizione non è mai automatismo, ma un esercizio di consapevolezza: ogni volta il gesto si rinnova, scopre la propria differenza, costruendo un linguaggio in cui l’azione diventa pensiero e la materia diventa corpo.
05
novembre 2025
Andrea Gallotti – Il fragile divenire
Dal 05 al 27 novembre 2025
arte contemporanea
Location
Galleria della Chiusa
Milano, Via della Chiusa, 3, (MI)
Milano, Via della Chiusa, 3, (MI)
Orario di apertura
Lun-Ven dalle 10 alle 18.30
Sab-Dom su appuntamento
Vernissage
5 Novembre 2025, 18.30
Sito web
Ufficio stampa
Studio Theo - Francesca Carmellino
Autore
Curatore
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