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Angelo Del Bon / Oreste Marini
Il colloquio artistico e pittorico fra Oreste Marini e Angelo Del Bon. Nel centenario della nascita di Oreste Marini (1909 – 2009)
Comunicato stampa
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Del Bon – Marini, un sodalizio morale.
Forse non è tempo ancora per una lettura storica adeguatamente informata all’insieme dei lavori artistici, critici e storici di Oreste Marini. Una maggiore distanza storica aiuterebbe la conoscenza, allontanandoci dalle ipotesi personali. Me ne rendo conto accingendomi a un ulteriore intervento nel tentativo di precisare ulteriormente la valenza della sua azione rispetto alla pittura. […]
Ritengo, che per Oreste Marini dai molti talenti, la decisione di oscurare una delle principali attività -essendo pure, oltre che artista anche storico dell’arte, reputato connaisseur, docente e filosofo- sia apparsa inevitabile. La pittura divenne dapprima un’attività secondaria, poi trascurata, infine negata. Al nostro primo incontro sostenne di essere mai stato pittore, e quando gli mostrai che avevo intuito la grande esperienza inequivocabile nei pochi suoi dipinti esposti in casa, sostenne che aveva solo provato a dipingere per un certo periodo. In quegli anni, infatti, egli era ormai ben noto saggista e specialista del Seicento lombardo, stimato dai maggiori storici dell’arte.
Giacché Marini ha rinunciato ad affermare il senso del proprio itinerario artistico –dispiegato dal neoimpressionismo fino al neocubismo- persistono ombre, soprattutto nel primo periodo milanese e il suo incontro col poeta Edoardo Persico, cui è attribuito il merito d’aver riunito i cosiddetti Chiaristi Lombardi, incontrato per intercessione di Del Bon che a sua volta fu introdotto da Lilloni. […]
Di fatto, una comune teoria chiarista non fu mai enunciata, e riconosciamo molte forme differenti di Chiarismo, giacché le caratteristiche considerevoli, semmai, sono altre da quelle conclamate, e riguardano la posizione politico-culturale opposta alla cultura ufficiale contemporanea. Così, quale pittore d’avanguardia, l’opera pittorica di Oreste Marini, è da ritenere un tassello rilevante nell’ambito di questa assai poco coesa compagine, e quando, negli anni Trenta, alcuni sodali raggiunsero Castiglione e il Lago di Garda, convenendo presso Carlo Malerba, Marini assume la leadership teorica nello scambio e nella formazione etica della comune ricerca, lasciando a lato Lilloni e Facciotto, semeghiniani, postulando una linea che non passasse per Picasso, ma ritrovando più addietro il legame col Post impressionismo, il Fauvisno e l’Espressionismo. Allora il poetico Angelo Del Bon diviene il suo pittore preferito e amico prediletto, e provenendo dal cosiddetto gruppo del Chiarismo milanese, si congiunge alle nuove istanze del Chiarismo progressivo del secondo tempo storico. Allo stesso modo Marini descrive ammirevolmente la sua ammirazione per il “petit maitre” lombardo, poco compreso e molto sottovalutato, estraneo alle convenzioni artistiche, isolato e libero.
Il tuo browser potrebbe non supportare la visualizzazione di questa immagine. Volle decisamente che pubblicassi nella monografia (Oreste Marini, Asola, 1985) i suoi rari scritti circa i soggiorni dell’amico a Castiglione delle Stiviere, dove si riscontra, però, una sorta di reverenza per lui inusuale, rinviando l’approfondimento critico su Del Bon, limitandosi ad esternare la propria stima. E’ certo, come si può costatare dal confronto delle opere, che i due influenzarono reciprocamente le rispettive ricerche, e l’esempio di Del Bon fu recepito anche da altri artisti mantovani dell’éntourage di Marini: esempi più evidenti sono Nene Nodari presso cui soggiornò in amicizia, e più ancora Carlo Malerba che già lo frequentava a Milano come compagno prediletto di pittura all’aperto.
Si può dire che l’azione delboniana è consistita nel depurare l’espressione pittorica da ogni orpello pittoricistico, contravvenendo al gusto descrittivistico sensuale ancora segnato dalla sopravvivente cultura accademistica allora in voga. La sua poetica non mostra compiacimento ma dirige seccamente al nocciolo della visione, sfaldando le forme e inventando la luce diffusa tipica dei suoi dipinti decostruendo le volumetrie. Questi valori, credo, sono gli stessi condotti da Marini anche nei suoi studi verso il pauperismo postriformistico dell’arte lombarda e a prediligere il Pitocchetto.
Piuttosto che tentare un nuovo elogio critico, credo sia meglio riferire quanto scrisse, con sintesi ineccepibile, Edoardo Persico (L’Italia letteraria, 2 giugno 1934): In Angelo De Bon le preoccupazioni morali sono l’aspetto più caratteristico di uno stile duro e coerente. Le sue simpatie per il gusto europeo, più che il segno di una ricchezza di cultura, rappresentano il modo di una indipendenza da ogni schema borghese, una preoccupazione costante dei più gelosi valori individuali. Osservò sensibilmente anche Massino Carrà nella monografia (Torino, 1977) che Del Bon si esprimeva in modi semplici con animo difficile.
Non pochi valori estetici ed etici uniscono i due artisti e determinano il loro inevitabile incontro. Questa mostra, dunque, è -in ogni senso- una proficua occasione poter confrontare direttamente la loro opera pittorica, e approfondire la conoscenza dello scambio nella reciproca valentìa. Se è vera la mia proposizione di due tempi distinti nello sviluppo del cosiddetto Chiarismo, bisognerà considerare come l’asse Del Bon-Marini costituisca il ponte tra le rive di Milano e Castiglione delle Stiviere, scavalcando il tempo buio della guerra.
Renzo Margonari - tratto dal testo in catalogo
Oreste Marini (1909-1992) frequenta le scuole tecniche di Castiglione delle Stiviere; tra il 1923 e 1927 segue con Mutti i corsi presso quello che nel 1929 diverrà l’Istituto Superiore per le Industrie Artistiche di Monza, riorganizzato da Balsamo Stella. Si trasferisce a Milano, nel 1931 è a Vienna. Torna alla fine del 1932, all’anno successivo risale lo storico incontro con Del Bon. Marini fino al 1936 circa, dipinge a fianco di Lilioni, Nene Nodari, Mutti; Attorno al 1937 incontra e frequenta Pio Semeghini tra Burano e Mazzorbo. Nel 1966 Marini sollecita il Comune di Castiglione ad organizzare alla Galleria La Rovere di Mantova la prima mostra del Chiarismo, presentata in catalogo da Giuseppe Tonna. La rassegna “Dal Mincio al Naviglio e ritorno”, del 1983, ospita una sua produzione, seguita nel 1985 da una monografia dell’artista a cura di Margonari, in occasione di una personale a Gazoldo degli Ippoliti.
Angelo Del Bon (1898-1952). Dopo gli studi tecnici s’iscrive all’Accademia delle Belle Arti di Brera, diplomandosi nel 1922 con Ambrogio Alciati, l’anno seguente inizia a insegnare pittura alla scuola delle Società Umanitaria di Milano. Nel 1929 si trasferisce nella Casa degli Artisti di via Solforino 11, dove con Persico e altri compagni conduce una vita materialmente difficile.
Nel 1934 vince il premio Principe Umberto. Negli anni della guerra Del Bon infittisce le visite a Castiglione delle Stiviere, al gruppo nel frattempo si aggiungono Facciotto, Perina, Pittigliani, Malerba. Nel 1950 Del Bon è colpito da paresi durante la realizzazione di un difficile affresco per la Triennale. Nel 1954 per rendergli omaggio, Domenico Cantatore allestisce una sala alla XXVII Biennale d’Arte di Venezia.
Forse non è tempo ancora per una lettura storica adeguatamente informata all’insieme dei lavori artistici, critici e storici di Oreste Marini. Una maggiore distanza storica aiuterebbe la conoscenza, allontanandoci dalle ipotesi personali. Me ne rendo conto accingendomi a un ulteriore intervento nel tentativo di precisare ulteriormente la valenza della sua azione rispetto alla pittura. […]
Ritengo, che per Oreste Marini dai molti talenti, la decisione di oscurare una delle principali attività -essendo pure, oltre che artista anche storico dell’arte, reputato connaisseur, docente e filosofo- sia apparsa inevitabile. La pittura divenne dapprima un’attività secondaria, poi trascurata, infine negata. Al nostro primo incontro sostenne di essere mai stato pittore, e quando gli mostrai che avevo intuito la grande esperienza inequivocabile nei pochi suoi dipinti esposti in casa, sostenne che aveva solo provato a dipingere per un certo periodo. In quegli anni, infatti, egli era ormai ben noto saggista e specialista del Seicento lombardo, stimato dai maggiori storici dell’arte.
Giacché Marini ha rinunciato ad affermare il senso del proprio itinerario artistico –dispiegato dal neoimpressionismo fino al neocubismo- persistono ombre, soprattutto nel primo periodo milanese e il suo incontro col poeta Edoardo Persico, cui è attribuito il merito d’aver riunito i cosiddetti Chiaristi Lombardi, incontrato per intercessione di Del Bon che a sua volta fu introdotto da Lilloni. […]
Di fatto, una comune teoria chiarista non fu mai enunciata, e riconosciamo molte forme differenti di Chiarismo, giacché le caratteristiche considerevoli, semmai, sono altre da quelle conclamate, e riguardano la posizione politico-culturale opposta alla cultura ufficiale contemporanea. Così, quale pittore d’avanguardia, l’opera pittorica di Oreste Marini, è da ritenere un tassello rilevante nell’ambito di questa assai poco coesa compagine, e quando, negli anni Trenta, alcuni sodali raggiunsero Castiglione e il Lago di Garda, convenendo presso Carlo Malerba, Marini assume la leadership teorica nello scambio e nella formazione etica della comune ricerca, lasciando a lato Lilloni e Facciotto, semeghiniani, postulando una linea che non passasse per Picasso, ma ritrovando più addietro il legame col Post impressionismo, il Fauvisno e l’Espressionismo. Allora il poetico Angelo Del Bon diviene il suo pittore preferito e amico prediletto, e provenendo dal cosiddetto gruppo del Chiarismo milanese, si congiunge alle nuove istanze del Chiarismo progressivo del secondo tempo storico. Allo stesso modo Marini descrive ammirevolmente la sua ammirazione per il “petit maitre” lombardo, poco compreso e molto sottovalutato, estraneo alle convenzioni artistiche, isolato e libero.
Il tuo browser potrebbe non supportare la visualizzazione di questa immagine. Volle decisamente che pubblicassi nella monografia (Oreste Marini, Asola, 1985) i suoi rari scritti circa i soggiorni dell’amico a Castiglione delle Stiviere, dove si riscontra, però, una sorta di reverenza per lui inusuale, rinviando l’approfondimento critico su Del Bon, limitandosi ad esternare la propria stima. E’ certo, come si può costatare dal confronto delle opere, che i due influenzarono reciprocamente le rispettive ricerche, e l’esempio di Del Bon fu recepito anche da altri artisti mantovani dell’éntourage di Marini: esempi più evidenti sono Nene Nodari presso cui soggiornò in amicizia, e più ancora Carlo Malerba che già lo frequentava a Milano come compagno prediletto di pittura all’aperto.
Si può dire che l’azione delboniana è consistita nel depurare l’espressione pittorica da ogni orpello pittoricistico, contravvenendo al gusto descrittivistico sensuale ancora segnato dalla sopravvivente cultura accademistica allora in voga. La sua poetica non mostra compiacimento ma dirige seccamente al nocciolo della visione, sfaldando le forme e inventando la luce diffusa tipica dei suoi dipinti decostruendo le volumetrie. Questi valori, credo, sono gli stessi condotti da Marini anche nei suoi studi verso il pauperismo postriformistico dell’arte lombarda e a prediligere il Pitocchetto.
Piuttosto che tentare un nuovo elogio critico, credo sia meglio riferire quanto scrisse, con sintesi ineccepibile, Edoardo Persico (L’Italia letteraria, 2 giugno 1934): In Angelo De Bon le preoccupazioni morali sono l’aspetto più caratteristico di uno stile duro e coerente. Le sue simpatie per il gusto europeo, più che il segno di una ricchezza di cultura, rappresentano il modo di una indipendenza da ogni schema borghese, una preoccupazione costante dei più gelosi valori individuali. Osservò sensibilmente anche Massino Carrà nella monografia (Torino, 1977) che Del Bon si esprimeva in modi semplici con animo difficile.
Non pochi valori estetici ed etici uniscono i due artisti e determinano il loro inevitabile incontro. Questa mostra, dunque, è -in ogni senso- una proficua occasione poter confrontare direttamente la loro opera pittorica, e approfondire la conoscenza dello scambio nella reciproca valentìa. Se è vera la mia proposizione di due tempi distinti nello sviluppo del cosiddetto Chiarismo, bisognerà considerare come l’asse Del Bon-Marini costituisca il ponte tra le rive di Milano e Castiglione delle Stiviere, scavalcando il tempo buio della guerra.
Renzo Margonari - tratto dal testo in catalogo
Oreste Marini (1909-1992) frequenta le scuole tecniche di Castiglione delle Stiviere; tra il 1923 e 1927 segue con Mutti i corsi presso quello che nel 1929 diverrà l’Istituto Superiore per le Industrie Artistiche di Monza, riorganizzato da Balsamo Stella. Si trasferisce a Milano, nel 1931 è a Vienna. Torna alla fine del 1932, all’anno successivo risale lo storico incontro con Del Bon. Marini fino al 1936 circa, dipinge a fianco di Lilioni, Nene Nodari, Mutti; Attorno al 1937 incontra e frequenta Pio Semeghini tra Burano e Mazzorbo. Nel 1966 Marini sollecita il Comune di Castiglione ad organizzare alla Galleria La Rovere di Mantova la prima mostra del Chiarismo, presentata in catalogo da Giuseppe Tonna. La rassegna “Dal Mincio al Naviglio e ritorno”, del 1983, ospita una sua produzione, seguita nel 1985 da una monografia dell’artista a cura di Margonari, in occasione di una personale a Gazoldo degli Ippoliti.
Angelo Del Bon (1898-1952). Dopo gli studi tecnici s’iscrive all’Accademia delle Belle Arti di Brera, diplomandosi nel 1922 con Ambrogio Alciati, l’anno seguente inizia a insegnare pittura alla scuola delle Società Umanitaria di Milano. Nel 1929 si trasferisce nella Casa degli Artisti di via Solforino 11, dove con Persico e altri compagni conduce una vita materialmente difficile.
Nel 1934 vince il premio Principe Umberto. Negli anni della guerra Del Bon infittisce le visite a Castiglione delle Stiviere, al gruppo nel frattempo si aggiungono Facciotto, Perina, Pittigliani, Malerba. Nel 1950 Del Bon è colpito da paresi durante la realizzazione di un difficile affresco per la Triennale. Nel 1954 per rendergli omaggio, Domenico Cantatore allestisce una sala alla XXVII Biennale d’Arte di Venezia.
19
dicembre 2009
Angelo Del Bon / Oreste Marini
Dal 19 dicembre 2009 al 24 gennaio 2010
arte contemporanea
Location
MAM – MUSEO D’ARTE MODERNA DELL’ALTO MANTOVANO
Gazoldo Degli Ippoliti, Via Guglielmo Marconi, 126, (Mantova)
Gazoldo Degli Ippoliti, Via Guglielmo Marconi, 126, (Mantova)
Orario di apertura
martedì – domenica 10.00 – 12.30 15.30 – 18.00 lunedì chiuso
Vernissage
19 Dicembre 2009, ore 17
Sito web
www.postumia-mam.it
Autore
Curatore