Nelle prime opere, delicatissime, Demetz si concentra sulla figura umana che riproduce con attenzione anatomica ammorbidita dal colore steso su legno in toni chiari e in modo liquido. Si tratta di ritratti colti nell'intimità del pensiero in cui la postura, più dell'espressione fisiognomica, individua cliché come quello dell'adolescente dai capelli rossi con i "brufoli" e la camicia sgualcita o il bambino sonnambulo che sono esposti qua in mostra. Nelle sculture di questo periodo vengono fissati gli attimi di "scollamento" tra psiche e corpo, quei momenti in cui la vista si offusca e siamo nello stesso tempo, ma in modo distinto, solo corpo e solo spirito. Il titolo per l'opera è ancora supporto comunicativo indispensabile, nota a piè di pagina di cui avvalersi nella lettura.
Più tardi, tra il 2005 e il 2007, arriva ad una sintesi in cui le persone reali diventano simboli, gli uomini diventano "l'uomo", i tipi, archetipi. E' un processo di purificazione verso l'essenziale. Pensiamo alle opere "in sé" e "purificazione" o al bozzetto "vita interiore": sono forme eteree, spirituali, in cui la gamma tipologica delle prime sculture ha ceduto il passo ad una dimensione tanto intima da toccare il trascendente. Al posto del cromatismo delicato, ancora presente nelle opere citate, si arriverà alle foglie d'argento o d'alluminio stese sul legno a campiture nette, a blocchi sconnessi o a trama, come le foglie. La pelle inizia una metamorfosi e spesso è specchiante ("sul sentire").
L'artista, prima narratore esterno, entra adesso nei corpi, li spoglia degli abiti per smaterializzarli in un'anatomia fluida, inconsistente. Anche i titoli sono impersonali ed epigrafici come nell'opera "spina", sineddoche che indica il corpo. Il riflesso induce ad una complicità maggiore con chi, guardando, può riconoscere sia sé stesso sia un bisogno universale di tendere al sublime.
I disegni percorrono tutta la sua opera. Resa nella terza dimensione, l'idea per uno scultore va tradotta e quindi "tradita" nel compromesso con la materia ma soprattutto col tempo di lavorazione. Il disegno permette invece di fermare l'immediatezza e a noi di cogliere una dimensione ancora più intima del lavoro di Demetz.
Nell'ultimo anno entra un nuovo elemento che stravolge tutto: la resina naturale raccolta dall'albero e modellata sulla scultura in legno appena sbozzata. Come l'olio che passa sulla matita e coprendo il segno grafico crea un filtro poetico e lirico, così la resina degli ultimi lavori passa sul legno. Sembra che possa colare da un momento all'altro, tenuta su solo dalla tensione emotiva e da qualche dolorosa ferita-cucitura. Da eterei i corpi si fanno estremamente presenti, prepotenti, fastidiosi alla vista. Anime che tengono in vita corpi carbonizzati, glabri, deformati dalla malattia, scuoiati. Lo sguardo è penetrante ma non disperato, è consapevole. La carne pesante ma l'anatomia allungata, protesa. Le cuciture non hanno valore funzionale ma poetico e sono intese come suture, proprio come la resina che rimargina le ferite dell'albero creando nuova corteccia. Il sangue dell'albero crea forme nuove e così fa Demetz che approda ad un lavoro organico. Anche i titoli sono cambiati, diventati superflui.
Dalla dialettica corpo-psiche, la successiva tensione uomo-divino, spirituale e metafisica, lo ha portato a tornare alla dimensione contingente in cui il corpo, in accezione platonica, è prigione dell'anima, vincolo tremendo che frena il desiderio di diventare puro spirito; l'unica trasformazione possibile è tornare albero. L'anatomia si allunga come i rami, il corpo perde compattezza e sanguina resina.
Dopo una prima sensazione di repulsione siamo obbligati a guardare e riguardare queste figure perché le sentiamo vicine, familiari, vogliamo incrociare i loro sguardi decisi, penetranti.

ARON DEMETZ
Drawings and sculptures
Margini Art Gallery is thrilled to introduce the works of sculptor Aron Demetz. This exhibition is a sort of retrospective which will guide the visitor through the three fundamental stages of Demetz's artistic journey.
Demetz's first most refined and very delicate works are centred on the human figure accurately reproduced, but whose anatomical contour is softened by the colour spread on wood with light and 'watery' tones . These portraits catch their protagonists' inner thoughts, expressed more through their clichè posture than their physiognomical gestures, such as the red-headed teenager with pimples and the wrinkled shirt or the boy walking in his sleep that visitors will be able to see at the gallery. Besides, the sculptures of this first stage show his ability in fixing the separation between body and soul, moments in which sight gets 'blurred' and we are, at the same time, distintinctively only matter and only spirit. The titles of each work are essential communications, as footnotes on a manuscript.
Later from 2005 to 2007, the artist synthetizes real people into symbols, that is, men become 'the man', the archetype through a 'purifying process' that will take the beholder into the essentials.
Works as 'within' or 'purification' or the sketch 'inner life' are spiritual and ethereal forms that have replaced Demetz's first sculptures whose typology have evolved into a transcendental dimension. The delicate colouring of the first works, still present in the above cited works, will yield to silver or aluminium leafs either spread evenly on wood, or spread as uneven blocks or intertwined, just like the leafs. The skin starts a metamorphosis often mirroring ('feeling') itself.
The artist who at first was the external narrator is now inside the bodies, undresses them in order to transform them into fluid, inconsistent anatomy. Even the titles are impersonal and epigraphic , take the work 'spine', a synecdoche for the body. The reflection leads to a wider involvement for the viewers who will recognize both themselves and their universal need tending to the sublime.
The drawings run through the artist's whole work: a sculptor's idea has to be translated somehow and therefore 'betrayed' in the compromise with the materials but above all in the time spent for creating the work in its third dimension. On the contrary, the drawing allows Demetz to seize the moment and us to catch a more intimate dimension of his creations.
This last year has opened the door to a new upsetting element: natural resin oozed from trees and modelled on the sculpture only roughly sketched on wood. The resin is the oil on the pencil that by covering the graphic sign creates a poetic and lyrical filter; it runs on the wood of the artist's most recent works. The resin gives the impression of secreting at any time and only the emotional tension or some sort of painful sutured wound keeps it from flowing. In a reversal of condition the bodies move from ethereal to definitely concrete, arrogant, annoying to our sight. These souls keep alive charred, hairless, deseased-stricken, skinnned bodies. Their piercing look is not desperate, but penetrating, it carries awareness. The flesh is heavy but the anatomy is streched out, protruded. Seams are not functional but poetic, they represent sutures just as those resin creates to mend the tree's wounds and give life to new bark. The tree's blood generates brand new forms as well as Demetz generates a more organic artistic result. Titles are useless now.
The artist is brought back to the original tree since the dialectic between body and soul, man and divinity, spiritual and metaphysical has lead him to consider the body as the Platonic prison of the soul where the desire of becoming pure spirit is restrained. The only possible transformation left is to again become trees.The anatomy projects itself like branches making the body lose firmness and bleed resin. Our first impression is of repulsion but we are forced to look at these shapes over and over again because we understand them; we want to come across their penetrating ,determined glance.
Biografia.
Aron Demetz (1972, Vipiteno).
Dopo la scuola d'arte di Selva ha studiato all'Accademia di Belle arti di Norimberga.
Il suo lavoro parte dal disegno, poi realizza modellini in plastilina e quindi passa al legno, materiale che lo lega strettamente alla tradizione artigianale del suo contesto d'origine, la val Gardena, dove ancora vive e lavora. Nel 2008 ha esposto a Milano al P.A.C. Padiglione d'Arte Contemporanea, alla First Gallery di Roma e a Montecarlo alla Galleria Malbourogh.
testo di: Federica Forti - traduzione: Maresa Lithgow