Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
ArtePhoto 2011 – Biennale di Fotografia
Francesco Cito, uno dei più noti fotoreporter italiani, sarà l’Autore ospite d’onore di ArtePhoto 2011. Protagonista tragicamente attuale è la “sua” guerra, da lui vissuta, e narrata per immagini, con la forza di un linguaggio fotografico di rara efficacia.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Francesco Cito, uno dei più noti fotoreporter italiani, sarà l’Autore ospite d’onore di ArtePhoto 2011. Protagonista tragicamente attuale è la “sua” guerra, da lui vissuta, e narrata per immagini, con la forza di un linguaggio fotografico di rara efficacia. Molte delle foto di Cito sono entrate nell’immaginario collettivo, con una straordinaria forza comunicativa, che solo la grandezza di fotografi come Cito sa riassumere nell’istante di uno scatto. Sono fotografie che gridano tutto il terribile di tutte le guerre, e perciò spaventano perché ritraggono il male. Ma sanno anche commuovere, tutte le volte – e sono tante – che dietro la scala di grigi traspare l’umanità; quell’umanità che mai si perde, neppure nei momenti più sanguinari; quell’uomo che con una mano uccide, mentre con l’altra mano salva; che preme il grilletto, e contemporaneamente si china a raccogliere un ferito. Dice Francesco: “Nelle guerre non c'è poesia, ma l'umanità non sempre è totalmente sepolta dall'odio e dalla crudeltà.” E questo desta stupore: lo stupore dell’assurdo. Ecco perché davanti alle foto di Cito si resta stupefatti …
Frammenti di Guerra
La guerra anche a raccontarla è un insieme di atrocità. La guerra porta in sé le brutture più miserevoli e spietate che l'uomo non coinvolto possa immaginare. L'uomo comune, il viandante che percorre le strade della vita di tutti i giorni, il fortunato essere che non deve scontrarsi con questa atroce realtà, difficilmente riesce a immaginare o percepire cosa essa veramente rappresenta. Puoi aver visto mille documentari, aver letto centinaia di volumi e articoli, aver guardato migliaia di fotografie ma, tutta la documentazione possibile, mai riuscirà a trasmettere ciò che la guerra è ed esala. Della guerra raccontata, ciò che manca e non è trasmissibile a chi la vede a distanza, è il puzzo, il fetore che impregna tutto quanto. L'odore acre del fumo che si sprigiona dalle cose che bruciano, quelle stesse costruite dalla mano dell'uomo; case, mezzi di locomozione, macchine da combattimento. E ancora; l'odore catramoso di cui era impregnata la fuliggine densa dei pozzi di petrolio, che a centinaia bruciavano in Kuwait durante la prima Guerra del Golfo, la quale penetrava nelle narici fino ad asfissiare i polmoni. Una fuliggine così fitta da oscurare il cielo di mezzogiorno come in una notte senza luna né stelle. E ancora; il lezzo degli escrementi organici delle immondizie accatastate per giorni e giorni e che nessuno più rimuove. (E' anche Napoli in guerra?) E ancora; il puzzo della gomma di copertoni bruciati, per creare barricate da ultima trincea invalicabile, negli scontri israelo-palestinesi durante l'Intifada, o durante i sommovimenti di piazza, di guerre civili e scontri sociali. E ancora; l'odore acre, irritante e velenoso dei gas lacrimogeni, misto a quello pungente della cipolla da inalare quale unico antidoto di emergenza durante gli scontri. E ancora; l'odore della polvere da sparo che non è lo stesso dei fuochi d'artificio delle sagre o feste patronali. Ma è l'odore della morte, il tanfo che essa emana, quello più penetrante, che porterai dentro te stesso sempre, senza mai eliminarlo. Il tanfo dei corpi in putrefazione, abbandonati sotto il sole, l'odore aspro e vomitevole del sangue e, di membra smembrate, di corpi devastati e, già preda delle carogne, o del banchetto festante dei vermi che con danza macabra hanno già preso possesso di un corpo senza vita, morto il più delle volte, per la pura follia umana. Il primo caduto, la prima vittima di guerra lungo la strada che ho iniziato e percorsa, risale già a molto tempo addietro. Era il 1980, c'era stata l'invasione Sovietica dell'Afghanistan. Il suo nome era Boris, era caduto in un imboscata insieme ad altri suoi commilitoni sulla strada che costeggiava il fiume Cunar. Era caduto pochi giorni prima, ma il suo corpo era ormai poca cosa, solo pochi lembi di pelle erano rimasti attaccati alle ossa ormai spolpate dagli animali selvatici. Il puzzo era tremendo. Era il battesimo con la morte. La morte impietosa della guerra. I guerriglieri "mujahiddin" (con i quali sarei rimasto tre mesi, percorrendo 1200 Km a piedi tra monti e valli per fotografare la loro guerra contro il nemico invasore) non esitarono a frugare quel che rimaneva di quel corpo, una volta giovane e, poi soldato, mandato a morire per una guerra non sua. Rovistando nelle sue tasche, trovarono quella che poi tradotta, era una lettera indirizzata a casa e firmata Boris. Fino a quel giorno, della guerra conoscevo i classici. Nelle pagine dell'Odissea, Omero descriveva con sublime poesia gli scontri epici delle battaglie. Sotto le mura di Troia, non fu mai una guerra, ma una danza perenne tra titani, discese di Dei travestiti, per raccontare le tragedie di popoli che la storia e la mitologia ha voluto più grandi di quanto forse non fossero. Tragedie scritte più per sognare, che per riflettere gli orrori.
Sogniamo e troviamo enormemente romantico, così come ci mostra il cinema e la sua cinematografia hollywoodiana, lo scontro tra Achille ed Ettore sotto le Mura di Troia. Immaginiamo le battaglie Napoleoniche raffigurate con alabarde e sciabole, vessilli e baionette tra un luccicare di alamari, in pagine epiche, o ancor più enfatizzate nei dipinti del David, che hanno trasmesso fino a noi un idea puramente coreografica della guerra. Eppure a Waterloo ci furono cinquantamila morti, amputazioni e ferite che la cancrena avrebbe falcidiato in pochi giorni. Cinquantamila, tanti quanti furono in un sol giorno e forse più, i caduti delle legioni romane nella battaglia di Canne più di duemila anni addietro, nello scontro contro Annibale e i cartaginesi. La Guerra è ed è sempre stata un orrore. Orrore ancora più grande, se guardiamo a cosa ha prodotto la Seconda Guerra Mondiale, quando la follia umana ha provocato più distruzioni e morte di tutte le altre messe insieme. Soddisfatti? No certamente.
Eppure!!!!!
In tutti questi anni, attraverso i vari teatri di guerre e tragedie da me vissute non ci sono solo ricordi di morte, non è rimasto solo il puzzo dei cadaveri. Anche tra quelle miserie ho trovato momenti che forse conservo con più affezione di quanto non siano i ricordi dei momenti brutti. Ricordi di profumi e sapori non più ritrovati. Ricordi di amicizie e affetti non più dimenticati. Ricordi non più cancellabili, di fatti belli, che a volte nell'orrore della guerra, si manifestano come per incanto. In tanta bruttura, come dimenticare il ragazzino di 13-14 anni, combattente feddayin palestinese nel Libano delle tante guerre civili, con il fucile a tracolla più grande di lui, che nel mezzo dello scontro tra opposte fazioni dello stesso popolo, con mani infreddolite e sorriso sulle labbra, è venuto a offrirmi caramelle tirate su dalle tasche piene, soprattutto di proiettili per il suo Kalashinkov. Come dimenticare i guerriglieri afghani che ogniqualvolta dopo estenuanti giornate di marcia, all'arrivo in un villaggio si prodigavano per procurare il miele per soddisfare la mia golosità, necessaria, per addolcire l'amaro che il quotidiano alimentava in me.
Come dimenticare con quanta cura sono stato tenuto e curato in un campo palestinese dopo essere stato ferito dai soldati israeliani durante gli scontri.
Nelle guerre non c'è poesia, ma l'umanità non sempre è totalmente sepolta dall'odio e dalla crudeltà.
L'uomo moderno rapportato all'uomo descritto nei testi antichi, è più violento, è più crudele di quanto non lo fossero allora. Gli eserciti nati per creare le civiltà, si fronteggiavano nonostante la loro spietatezza guardandosi negli occhi. Civiltà che noi crediamo di aver raggiunto, solo perché arrivati sulla luna, senza però aver mai intrapreso e completato il viaggio nel nostro “io” più profondo, per chiederci del perché ancora oggi, la così detta nostra civiltà non sia stata in grado di debellare da noi stessi, tutta la crudeltà che ancora si annida nel genere umano. Oggi, è più di quanto accadesse nel passato. Gli eccidi si commettono pronunciando il falso ideologismo della parola libertà e democrazia. Quello che accade oggi in Iraq, Afghanistan, Libia, Costa d'Avorio e ancora Palestina, è figlia di questo falso concetto, mentre la verità è altrove, in interessi che nulla hanno in comune con l'abusata libertà. La società moderna, del secolo appena passato e l'inizio di questo nuovo, ha dato la peggior prova di se stessa. Oggi per pulire la nostra coscienza, abbiamo creato le così definite armi intelligenti. C'è forse differenza se dilaniati da un missile, o se ammazzati dal fendente di una spada? Demagogia o ipocrisia? Il mondo dei giusti è ancora da venire, la guerra è schifosa, da qualsiasi punto di vista la si guardi. Sta solo ed esclusivamente a noi accettarla o rifiutarla. Tutto il resto è niente.
© Francesco Cito
07
maggio 2011
ArtePhoto 2011 – Biennale di Fotografia
Dal 07 al 29 maggio 2011
fotografia
Location
CASTELLO DELLA ROCCA
Cento, Piazzale Della Rocca, (Ferrara)
Cento, Piazzale Della Rocca, (Ferrara)
Orario di apertura
martedì - domenica e festivi 16.30-19.30
Vernissage
7 Maggio 2011, ore 17 sarà presente l'Autore, presentazione di Fulvio Merlak
Sito web
www.fotoclubguercino.it
Autore