Pur nella diversità degli approcci e dei tratti estetici, ciò che accomuna gli artisti di CART è la tensione verso una ricerca continua, dalla pittura figurativa, alla grafica, alle forme astratte, alla scultura, alla ceramica. Le precisazioni, le collocazioni si rincorrono osservando le loro opere, e si ha l’impressione di doverle assumere più per il piacere di cercare le esplicite differenze che per una seria volontà di fare gruppo, scuola, così come è evidente, osservando da vicino la loro ricerca artistica: arte che esplicita percorsi figurativi più marcati, disegni percettivi fra timbrature di ritmi cromatici avanzati e trattenuti giochi di geometriche fisionomie ottiche, concretismo plastico dell’impasto scultoreo, linguaggi poetici trasversali, etcc…

In qualche caso la tensione di ricerca è così forte, che il vero prodotto artistico sembra voler parlare soltanto di sé, più che al disegno unitario che guardi alla sostanza dei significati, alla realtà quotidiana da interpretare e analizzare.

Pare di assistere ad un bisogno inesaudito di artisticità, piuttosto che all’accumulo dispersivo di opere d’arte.

Per loro, l’essenziale “non è una elaborazione di opere, non una rassegna espositiva, quanto la rappresentazione di processi creativi che contano, soprattutto, per le dinamiche espressive che mettono in moto, per gli incontri, gli scambi, il senso di una comunicazione vitale e fluida”.

Stare in CART significa, per questi artisti, abitare un luogo in cui lo spazio delle idee è sempre contiguo alla dispersione, al viaggio verso gli altri, all’incontro prevedibile fra artisti e spettatori che si ritrovano lungo percorsi di identità comuni, come dato peculiare e prezioso di questo luogo.