Incredibilmente a Padova, città di Santi e di Cappelle, un evento che, umile e prostro ai canoni insegnamenti registra con occhio di parte il deteriorarsi dei calendari avventizi.
Vuol essere questo un doveroso e partecipe tributo a quella bene e buona cittadinanza che elegantemente agghindata sfila le feste comandate e si gioca ai dadi la miglior vista sull’altare tra i banchi più e più baciati di un posto al Santo.
Cittadinanza improba che nei lavorativi di masseria e masserizie si sfida coi numeri e grattando schedine a tirar giù dai seggi d’onore delle alte sfere dei celesti cicli danteschi quegl’idoli d’oro poco prima vezzeggiati, a tirarli giù per guardarli in viso nel desiderio di riconoscersi scambiando alla pari battute in lingue da porti e campi, mordendone corpo e bevendone sangue, sbriciolando pane nel sugo e brindando a litri nel vino.
Pane e vino che È oramai il nutrimento globale non solo di cazzuole e mestoli ma anche di cravatte e pellicce che mai rinunciano al piacere d’ingozzarsi le gole profonde di profananti oscenità che tanto a confessarsi si fa a tempo con l’elemosina e che le bestie dal divino grugnito e dal miracoloso latrato saranno alfine giustiziate gratis dalla carità purificante dell’acquasantiera opportunamente imparziale dell’estrema unzione.

scomposizioni e ricostruzioni in assemblaggio Kitch-Holy-Glam d’immagini sacroprofane.
Happening di un solo giorno (23 dicembre dalle 19.00 fino a chiusura) per soddisfare con "l’altro sguardo" chi non ha un presepe in casa ma ne sogna uno contrario.
Per rispondere in modo ironicomico alle provocazioni di un’Istituzione Canonica che oggi più che mai ci sbalordisce incarnando, quindi materializzando, il senso astratto della sua promessa d’ubiquità.
(… pur sempre indossando scarpine Prada)