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Brian Duffy – David Bowie: Five Sessions
una personale che vuole ripercorrere lo stretto legame tra David Bowie e Brian Duffy, e che si configura come l’ultima tappa di un progetto di riscoperta delle immagini dell’artista che ONO iniziò nel 2012.
Comunicato stampa
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ONO arte contemporanea presenta la mostra Brian Duffy. DAVID BOWIE: Five Sessions, una personale che vuole ripercorrere lo stretto legame tra David Bowie e Brian Duffy, e che si configura come l’ultima tappa di un progetto di riscoperta delle immagine dell'artista che ONO iniziò nel 2012 proprio con l'archivio Duffy.
Siamo nel 1972 quando Brian Duffy incontra David Bowie. Il cantante all’epoca, è in un periodo molto impegnativo della sua carriera: è appena uscito l’album Ziggy Stardust e David comincia ad apparire in tutte le più importanti reti televisive, cominciando a forgiare la sua nuova identità. Il suo manager, Tony Defries, sull’onda di questo successo, decide di rivedere la sua politica restrittiva nei confronti di Bowie, al quale, fino a quel momento, non era stato concesso di farsi fotografare da altri se non dal suo fotografo ufficiale dell’epoca, Mick Rock. Fu così che Brian Duffy conobbe Bowie, dando vita a un sodalizio professionale che ci ha regalato alcuni degli scatti più famosi del cantante.
Duffy, uno dei fotografi più importanti della Swinging London, aveva già collaborazioni importanti alle spalle: nel 1955 aveva lavorato per “Harper’s Bazaar”, passando poi a “British Vogue” nel 1957 e successivamente a “Elle France”. Oltre a questa attività, non è da dimenticare lo studio che aprì nella casa dove viveva con la moglie e i suoi tre figli, che ospiterà le più importanti personalità degli anni sessanta, da Michael Caine a William Borroughs, fino ad arrivare a Christine Keeler, la modella che era stata al centro dello scandalo, cosiddetto “Profumo” (1963), a causa della relazione clandestina che aveva intrattenuto con John Profumo, segretario di Stato inglese.
Dopo questo primo shooting, realizzato con l’ormai famoso costume realizzato insieme all’amico Freddie Buretti, la collaborazione si fa più intensa, tanto che proprio a Duffy viene commissionata la cover del nuovo album di David, Alladin Sane. L’idea del fulmine fu di Bowie, ma quella di metterglielo sul volto fu di Pierre Laroche e gli scatti di Duffy fecero il resto: era nata la star David Bowie. E oltre alla musica, anche il cinema comincia a fare capolino nella sua vita: e Brian Duffy, ancora una volta è presente sulla scena, inviato dall’art director del Sunday Times Michael Rand sul set de “L’uomo che cadde sulla terra”. Siamo invece nel 1979, alla vigilia dell’uscita di Lodger, quando Bowie sceglie ancora Duffy per realizzarne la cover. La session ebbe luogo nello studio del fotografo, che tempo prima aveva costruito una piattaforma sospesa tra le travi del suo studio per fotografare da un’altezza di nove metri. L’effetto del viso, deformato da sottili fili di nylon, unito alla ripresa dall’alto, fecero sembrare Bowie in caduta libera.
L’ultimo servizio realizzato per Bowie risale invece al 1980: Duffy fu come sempre chiamato sul set, ma oltre a lui era presente anche l’artista Edward Bell (che lo stesso Brian aveva presentato a David): la session iniziò e da quello shooting nacque sia la cover album di Scary Monster che quella di Ashes to Ashes. Questa segna anche l’ultima collaborazione tra Duffy e Bowie, forse anche per il fatto che, per Scary Monster, alla fine fu data alle stampe la copertina praticamente tutta al tratto, di Bell. E proprio un anno prima, Brian Duffy, che non aveva mai sentito la necessità di pubblicare libri o stampare le proprie fotografie per esporle, all’apice della sua carriera, decise di fare un falò con tutti i negativi accumulati nel corso della sua vita. Fortunatamente, il figlio Chris, è riuscito ad intervenire tempestivamente e a salvare gran parte del suo lavoro, che è poi confluito in un vero e proprio archivio. Un gesto plateale quello di Brian, così come plateale era stata in fondo tutta la sua attività, passata tra gli studi fotografici, le sedute all’aperto e i locali più alla moda, come l’Ad Lib Club di Piccadilly Circus, vero e proprio ritrovo glam di modelle, artisti e intellettuali.
La mostra (6 ottobre – 6 novembre 2016) è composta da 25 fotografie. Le immagini in mostra sono state selezionate da ONO arte assieme all’Archivio Duffy per rappresentare al meglio il rapporto tra Brian Duffy e David Bowie, e non sono incluse nelle mostra “David Bowie is” rappresentando così un’esclusiva italiana per ONO arte.
Patrocinio del Comune di Bologna.
Catalogo in mostra “Bowie by Duffy” edito da LullaBit (2016, cartonato, 160 pp., illustrato, 32.50€), è il primo di una serie di monografie fotografiche sui più importanti artisti pop-rock contemporanei e sulle fotografie più iconiche della storia della musica. Tutti i volumi - rigorosamente ufficiali - non sono esclusivamente fotografici ma sono corredati da testi che raccontano uno spaccato di vita degli artisti a cui sono dedicati, spesso con curiosità e retroscena sorprendenti.
Siamo nel 1972 quando Brian Duffy incontra David Bowie. Il cantante all’epoca, è in un periodo molto impegnativo della sua carriera: è appena uscito l’album Ziggy Stardust e David comincia ad apparire in tutte le più importanti reti televisive, cominciando a forgiare la sua nuova identità. Il suo manager, Tony Defries, sull’onda di questo successo, decide di rivedere la sua politica restrittiva nei confronti di Bowie, al quale, fino a quel momento, non era stato concesso di farsi fotografare da altri se non dal suo fotografo ufficiale dell’epoca, Mick Rock. Fu così che Brian Duffy conobbe Bowie, dando vita a un sodalizio professionale che ci ha regalato alcuni degli scatti più famosi del cantante.
Duffy, uno dei fotografi più importanti della Swinging London, aveva già collaborazioni importanti alle spalle: nel 1955 aveva lavorato per “Harper’s Bazaar”, passando poi a “British Vogue” nel 1957 e successivamente a “Elle France”. Oltre a questa attività, non è da dimenticare lo studio che aprì nella casa dove viveva con la moglie e i suoi tre figli, che ospiterà le più importanti personalità degli anni sessanta, da Michael Caine a William Borroughs, fino ad arrivare a Christine Keeler, la modella che era stata al centro dello scandalo, cosiddetto “Profumo” (1963), a causa della relazione clandestina che aveva intrattenuto con John Profumo, segretario di Stato inglese.
Dopo questo primo shooting, realizzato con l’ormai famoso costume realizzato insieme all’amico Freddie Buretti, la collaborazione si fa più intensa, tanto che proprio a Duffy viene commissionata la cover del nuovo album di David, Alladin Sane. L’idea del fulmine fu di Bowie, ma quella di metterglielo sul volto fu di Pierre Laroche e gli scatti di Duffy fecero il resto: era nata la star David Bowie. E oltre alla musica, anche il cinema comincia a fare capolino nella sua vita: e Brian Duffy, ancora una volta è presente sulla scena, inviato dall’art director del Sunday Times Michael Rand sul set de “L’uomo che cadde sulla terra”. Siamo invece nel 1979, alla vigilia dell’uscita di Lodger, quando Bowie sceglie ancora Duffy per realizzarne la cover. La session ebbe luogo nello studio del fotografo, che tempo prima aveva costruito una piattaforma sospesa tra le travi del suo studio per fotografare da un’altezza di nove metri. L’effetto del viso, deformato da sottili fili di nylon, unito alla ripresa dall’alto, fecero sembrare Bowie in caduta libera.
L’ultimo servizio realizzato per Bowie risale invece al 1980: Duffy fu come sempre chiamato sul set, ma oltre a lui era presente anche l’artista Edward Bell (che lo stesso Brian aveva presentato a David): la session iniziò e da quello shooting nacque sia la cover album di Scary Monster che quella di Ashes to Ashes. Questa segna anche l’ultima collaborazione tra Duffy e Bowie, forse anche per il fatto che, per Scary Monster, alla fine fu data alle stampe la copertina praticamente tutta al tratto, di Bell. E proprio un anno prima, Brian Duffy, che non aveva mai sentito la necessità di pubblicare libri o stampare le proprie fotografie per esporle, all’apice della sua carriera, decise di fare un falò con tutti i negativi accumulati nel corso della sua vita. Fortunatamente, il figlio Chris, è riuscito ad intervenire tempestivamente e a salvare gran parte del suo lavoro, che è poi confluito in un vero e proprio archivio. Un gesto plateale quello di Brian, così come plateale era stata in fondo tutta la sua attività, passata tra gli studi fotografici, le sedute all’aperto e i locali più alla moda, come l’Ad Lib Club di Piccadilly Circus, vero e proprio ritrovo glam di modelle, artisti e intellettuali.
La mostra (6 ottobre – 6 novembre 2016) è composta da 25 fotografie. Le immagini in mostra sono state selezionate da ONO arte assieme all’Archivio Duffy per rappresentare al meglio il rapporto tra Brian Duffy e David Bowie, e non sono incluse nelle mostra “David Bowie is” rappresentando così un’esclusiva italiana per ONO arte.
Patrocinio del Comune di Bologna.
Catalogo in mostra “Bowie by Duffy” edito da LullaBit (2016, cartonato, 160 pp., illustrato, 32.50€), è il primo di una serie di monografie fotografiche sui più importanti artisti pop-rock contemporanei e sulle fotografie più iconiche della storia della musica. Tutti i volumi - rigorosamente ufficiali - non sono esclusivamente fotografici ma sono corredati da testi che raccontano uno spaccato di vita degli artisti a cui sono dedicati, spesso con curiosità e retroscena sorprendenti.
06
ottobre 2016
Brian Duffy – David Bowie: Five Sessions
Dal 06 ottobre al 06 novembre 2016
fotografia
Location
ONO ARTE CONTEMPORANEA
Bologna, Via Santa Margherita, 10, (Bologna)
Bologna, Via Santa Margherita, 10, (Bologna)
Orario di apertura
Dal martedì al giovedì ore 10-13 e 15,30 - 20.00
Venerdì e sabato ore 10-13 e 15.30 - 21.00
Domenica e lunedì chiuso
Vernissage
6 Ottobre 2016, h 18,30
Autore