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Carlo Cantini – Abrazioni
Cantini ci sposta dal nostro quotidiano fino a sommergerci nel pensiero delle esplosioni vulcano piroclastiche, mostri di terra e di fuoco (possibilmente di potenza superiore alle attuali testate nucleari), che nel corso dei secoli hanno generato terremoti, maremoti e attività vulcaniche, dando poi vita e spettacolo alle magnifiche visioni da lui captate
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Abrasioni, erosioni, magia e amore Abrasioni, erosioni, come cicatrici che l'acqua lascia sulla
roccia. E se gutta cavat lapidem figuriamoci che succede agli scogli sui quali sbattono ostinate le
onde irrequiete del mare. Non succede nulla apparentemente, in questa specie di scontro è solo
l'acqua che per sua natura si adatta, si trasforma, schiaffeggia le rocce, vi si adagia e se ne va
carezzandole. Eppure alla lunga ad adattarsi è anche la pietra, lo sappiamo bene. Carlo è un
finissimo artista e fotografo perché ci mostra ciò che conosciamo, non ha l'arroganza del “non vi
eravate accorti che”. Il mare che “polemizza” con lo scoglio, che muove le sabbie fini o grossolane
in quel preciso punto impreciso che fa impazzire i cartografi, quello del limite fra mare e terra che
ora è mare ed ora è terra e farne linea di confine è operazione dispotica e convenzionale e quindi
sostanzialmente falsa. Ecco, Carlo inquadra esattamente quel punto, lo ricerca nell'isola durante
solitarie passeggiate, un isola che potrebbe essere ovunque. E il suo sguardo ci rimanda a cose
che conosciamo benissimo e sulle quali però troppo spesso non dedichiamo la nostra attenzione:
lui lo fa per noi ed è come se ci strattonasse un po' per farci uscire dal torpore, ci prende per un
braccio e ci indica quello che solo apparentemente sembra ovvio. La fotografia, a parer mio, fra le
arti visive è quella che ha una magnifica incompletezza perché la sua precisione, l'esattezza dei
particolari, la sua capacità evocativa manca di una componente decisiva della realtà che
rappresenta, il suono. Ma la sua straordinaria bellezza si giova di questo limite, di questa assenza
perché vi si trova una “realtà non reale”. Una foto che descrive nei minimi particolari un paesaggio
o una scena di strada o un volto (gli ignorantoni alla moda avrebbero detto “piuttosto che”)
denuncia serenamente il suo limite, quello di fare poesia, ovvero una cosa che nega il realismo
della “realtà” che rappresenta: nella realtà vera c'è il tempo che scorre e con esso il rumore, nella
fotografia no. Carlo ci porta a giro a piedi lungo le sponde di tutte le isole come nell'isola circondata
dall'acqua salata che ha trovato in Tunisia: le abrasione e le erosioni sono diverse ma in fondo
uguali, ovunque si cerca l'adattamento e si sviluppano cicatrici. Abrasioni ha un che di doloroso, sa
di disinfettante e croste sulle ginocchia dopo fanciullesche cadute di bicicletta. Ma evoca anche
qualcosa di magico, quasi la metà, che sta nascosto nella parola stessa: ABRA(CADABRA)sioni.
Erosioni mi sembra meno violento, più dolce, più paziente, più amorevole ma forse solo perché
EROSioni contiene proprio in sé l'amore. E magia ed amore, come quello che esiste fra l'acqua e
la terra, non sono una gran parte della vita?
Gianni Caverni
I lavori fotografici sono stati esposti a Schema numerose volte, fra questi la
documentazione delle performance di De Dominicis, Kounellis, Penone,
Vettor Pisani, Mattiacci, Acconci, Ontani, Urs Luthi, Granchi, Terry Fox, Lapo
Binazzi; per poi attraversare la lunga fase del Concettuale che in tanti modi
accompagna ancora il contemporaneo; la documentazione del teatro
esperimentale: Il Carrozzone (poi Magazzini Criminali, Magazzini) o in
un’altra trasposizione artistica quella di Luciana Majoni, che avvicinandosi
alla scultura e poi alla pittura dimostra sua scelta operativa e il suo valore.
Dalla esaustiva narrazione di A. Monaci su Carlo Cantini è possibile
approfondire la conoscenza dei rapporti d’amicizia che l’hanno legato ai nomi
di alcuni amici, grandi artisti, che ho sempre apprezzato, padroni di una
capacità interpretativa sia contenuta nella bidimensionalità o nei grandi
schermi, come per esempio Fallani per Fellini, e con i quali immagino i loro
viaggi filosofici, negli incontri durante l’aitante giovinezza. Nella mostra di
Carlo al Museo Marini ho riconosciuto in questa sua ricerca, parallela al
teatro, due suoi modelli, Rondoni (modella anche per Bertocci) e Sergio
Lucherini che interpretano personaggi mitologici, plasmati in quelle
magnifiche stampe, piene di atmosfera pittorica, partecipi anche loro della
scena fiorentina di allora.
Oggi in occasione della mostra di Carmignano, ricordo la sua appartenenza
al gruppo di Schema a Firenze, come tutti noi, nell’intento di dimostrare e
esperimentare l’attualità dell’arte. Cantini, nella mostra che presenta, ci
sposta dal nostro quotidiano fino a sommergerci nel pensiero delle esplosioni
vulcano piroclastiche, mostri di terra e di fuoco (possibilmente di potenza superiore alle attuali testate nucleari), che nel corso dei secoli hanno generato terremoti, maremoti e attività vulcaniche, dando poi vita e spettacolo alle magnifiche visioni da lui captate. Meraviglie che, adesso in stato di quiete, sembrano dire alla nostra civiltà: sono ancestralmente qui. Forse denuncia anche il nostro comportamento, l’essere travolti dai fatti che ci invadono e ci escludono da queste riflessioni: lo scorrere del tempo, il lento divenire della natura fra queste dimensioni di potenza e fragilità. In queste visioni, la forma, il colore, il carattere e i nominativi di queste materie magmatiche fanno appello alla propria terminologia. Nomi, aggettivi, come talco quarzoso, siliceo-magnesiato verdastro, o paonaz- zognolo, arenarie di calcare, piriti tessulari, gran massa di ferro di struttura, filoni metallici di ferro della Calamita, ecc. Certo, si tratta di termini che, seppur riportati da un non esperto come me, aggiungono però un’autentica fantasia, ci arricchiscono colorando vivacemente l’indagine nell’immaginario.
Ed è questa la risposta che il nostro artista dà al momento dell’arte, all’attualità che viviamo. La sua opera è portatrice di un messaggio che, oltre a possedere un valore artistico professionale e ampio, è anche un segno carico di pathos e arcaica sacralità.
R.D
roccia. E se gutta cavat lapidem figuriamoci che succede agli scogli sui quali sbattono ostinate le
onde irrequiete del mare. Non succede nulla apparentemente, in questa specie di scontro è solo
l'acqua che per sua natura si adatta, si trasforma, schiaffeggia le rocce, vi si adagia e se ne va
carezzandole. Eppure alla lunga ad adattarsi è anche la pietra, lo sappiamo bene. Carlo è un
finissimo artista e fotografo perché ci mostra ciò che conosciamo, non ha l'arroganza del “non vi
eravate accorti che”. Il mare che “polemizza” con lo scoglio, che muove le sabbie fini o grossolane
in quel preciso punto impreciso che fa impazzire i cartografi, quello del limite fra mare e terra che
ora è mare ed ora è terra e farne linea di confine è operazione dispotica e convenzionale e quindi
sostanzialmente falsa. Ecco, Carlo inquadra esattamente quel punto, lo ricerca nell'isola durante
solitarie passeggiate, un isola che potrebbe essere ovunque. E il suo sguardo ci rimanda a cose
che conosciamo benissimo e sulle quali però troppo spesso non dedichiamo la nostra attenzione:
lui lo fa per noi ed è come se ci strattonasse un po' per farci uscire dal torpore, ci prende per un
braccio e ci indica quello che solo apparentemente sembra ovvio. La fotografia, a parer mio, fra le
arti visive è quella che ha una magnifica incompletezza perché la sua precisione, l'esattezza dei
particolari, la sua capacità evocativa manca di una componente decisiva della realtà che
rappresenta, il suono. Ma la sua straordinaria bellezza si giova di questo limite, di questa assenza
perché vi si trova una “realtà non reale”. Una foto che descrive nei minimi particolari un paesaggio
o una scena di strada o un volto (gli ignorantoni alla moda avrebbero detto “piuttosto che”)
denuncia serenamente il suo limite, quello di fare poesia, ovvero una cosa che nega il realismo
della “realtà” che rappresenta: nella realtà vera c'è il tempo che scorre e con esso il rumore, nella
fotografia no. Carlo ci porta a giro a piedi lungo le sponde di tutte le isole come nell'isola circondata
dall'acqua salata che ha trovato in Tunisia: le abrasione e le erosioni sono diverse ma in fondo
uguali, ovunque si cerca l'adattamento e si sviluppano cicatrici. Abrasioni ha un che di doloroso, sa
di disinfettante e croste sulle ginocchia dopo fanciullesche cadute di bicicletta. Ma evoca anche
qualcosa di magico, quasi la metà, che sta nascosto nella parola stessa: ABRA(CADABRA)sioni.
Erosioni mi sembra meno violento, più dolce, più paziente, più amorevole ma forse solo perché
EROSioni contiene proprio in sé l'amore. E magia ed amore, come quello che esiste fra l'acqua e
la terra, non sono una gran parte della vita?
Gianni Caverni
I lavori fotografici sono stati esposti a Schema numerose volte, fra questi la
documentazione delle performance di De Dominicis, Kounellis, Penone,
Vettor Pisani, Mattiacci, Acconci, Ontani, Urs Luthi, Granchi, Terry Fox, Lapo
Binazzi; per poi attraversare la lunga fase del Concettuale che in tanti modi
accompagna ancora il contemporaneo; la documentazione del teatro
esperimentale: Il Carrozzone (poi Magazzini Criminali, Magazzini) o in
un’altra trasposizione artistica quella di Luciana Majoni, che avvicinandosi
alla scultura e poi alla pittura dimostra sua scelta operativa e il suo valore.
Dalla esaustiva narrazione di A. Monaci su Carlo Cantini è possibile
approfondire la conoscenza dei rapporti d’amicizia che l’hanno legato ai nomi
di alcuni amici, grandi artisti, che ho sempre apprezzato, padroni di una
capacità interpretativa sia contenuta nella bidimensionalità o nei grandi
schermi, come per esempio Fallani per Fellini, e con i quali immagino i loro
viaggi filosofici, negli incontri durante l’aitante giovinezza. Nella mostra di
Carlo al Museo Marini ho riconosciuto in questa sua ricerca, parallela al
teatro, due suoi modelli, Rondoni (modella anche per Bertocci) e Sergio
Lucherini che interpretano personaggi mitologici, plasmati in quelle
magnifiche stampe, piene di atmosfera pittorica, partecipi anche loro della
scena fiorentina di allora.
Oggi in occasione della mostra di Carmignano, ricordo la sua appartenenza
al gruppo di Schema a Firenze, come tutti noi, nell’intento di dimostrare e
esperimentare l’attualità dell’arte. Cantini, nella mostra che presenta, ci
sposta dal nostro quotidiano fino a sommergerci nel pensiero delle esplosioni
vulcano piroclastiche, mostri di terra e di fuoco (possibilmente di potenza superiore alle attuali testate nucleari), che nel corso dei secoli hanno generato terremoti, maremoti e attività vulcaniche, dando poi vita e spettacolo alle magnifiche visioni da lui captate. Meraviglie che, adesso in stato di quiete, sembrano dire alla nostra civiltà: sono ancestralmente qui. Forse denuncia anche il nostro comportamento, l’essere travolti dai fatti che ci invadono e ci escludono da queste riflessioni: lo scorrere del tempo, il lento divenire della natura fra queste dimensioni di potenza e fragilità. In queste visioni, la forma, il colore, il carattere e i nominativi di queste materie magmatiche fanno appello alla propria terminologia. Nomi, aggettivi, come talco quarzoso, siliceo-magnesiato verdastro, o paonaz- zognolo, arenarie di calcare, piriti tessulari, gran massa di ferro di struttura, filoni metallici di ferro della Calamita, ecc. Certo, si tratta di termini che, seppur riportati da un non esperto come me, aggiungono però un’autentica fantasia, ci arricchiscono colorando vivacemente l’indagine nell’immaginario.
Ed è questa la risposta che il nostro artista dà al momento dell’arte, all’attualità che viviamo. La sua opera è portatrice di un messaggio che, oltre a possedere un valore artistico professionale e ampio, è anche un segno carico di pathos e arcaica sacralità.
R.D
31
ottobre 2015
Carlo Cantini – Abrazioni
Dal 31 ottobre al 29 novembre 2015
fotografia
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
SAAM – SPAZIO D’ARTE ALBERTO MORETTI – SCHEMA POLIS
Carmignano, Via Borgo, 4, (Prato)
Carmignano, Via Borgo, 4, (Prato)
Orario di apertura
da giovedì a domenica ore 16-19. o per appuntamenti : Uff. Cultura Tel. 055 8750231 - Raul Dominguez 347 9786791
Vernissage
31 Ottobre 2015, h 17
Autore
Curatore