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Carlo Vedova – Mondus Novus
Personale
Comunicato stampa
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“… tutto era un caos… et quel volume andando così fece una massa, aponto come si fa il formazo nel latte, et in quel deventorno vermi, et quelli fumo li angeli; et la santissima maestà volse che quel fosse Dio et gli angeli; et tra quel numero de angeli ve era anche dio…”
Dialogo 1.
Io e domenico ci siamo trovati bene insieme fin dall’inizio. Lui mi raccontava delle cose, io sorridevo e facevo sì sì con la testa anche se non capivo del tutto. Lui mi sembrava contento; mi parlava di un ammasso di terra, acqua e fuoco che ad un certo punto iniziava a imputridire e dava forma alle cose: angeli, demoni, uomini, acque, montagne. Perfino dio era nato così, diceva. Tutto era nato da un gran impastare. Tutto si era ordinato e colorato dal marcire del disordine. Si guardava intorno e si vedeva cosa intendeva dire.
Dialogo 2.
Io e domenico ci dicevamo tutto. Passavamo le giornate a guardare qui e là i resti del disordine primitivo. E ridevamo. Per quanto cercassimo di rimettere tutto a posto, c’era sempre qualcosa che sfuggiva: una cosa lì, una cosa qui. Allora smettevamo di ridere e pensavamo al mondo nuovo.
Dialogo 3.
Io e domenico non ci vediamo più da anni. Ogni tanto qualche amico comune lo ricorda, e allora ci raccontiamo sorridendo le sue stramberie, le sue letture disordinate, le sue contraddizioni, i suoi pensieri monchi, le sue trovate bizzarre, i suoi disegni colorati. Ci ritroviamo ancora a inseguirlo mentre racconta i suoi viaggi cosmici, ad ascoltarlo mentre dipinge le sue trinità bislacche,
a guardarlo mentre ci racconta le formule chimiche per il paradiso.
Domenico volteggiava tra particelle e cosmi, precipitava scomparendo in comete e, eccolo lì, già saltellava tra le molecole ormai ordinate dei pianeti.
Poi, lo uccisero.
Di Domenico mi rimangono: un sacchetto di atomi collegati tra loro da un filo di lana blu, degli zuccherini molto invitanti che non ho mai assaggiato (potrebbero essere pericolosamente buoni, mi diceva), una manciata di molecole di cielo, un’infinità di cattivi consigli (ma straordinariamente sinceri, mi assicurava), e una collana di polvere (pensa due volte, prima di starnutire, mi consigliava).
p.s.: Il Domenico a cui si fa riferimento nei Dialoghi qui sopra è Domenico Scandella, nato a Montereale Valcellina (adesso in provincia di Pordenone) nel 1532. Mugnaio, muratore, contadino, falegname, amministratore della chiesa, suonatore nelle feste di paese, il Menocchio aveva un cervello irrequieto e curioso, ingenuamente pronto a sostenere le propri bizzarre covinzioni di fronte a preti e inquisitori. Domenico Scandella fu condannato al rogo come eretico nel 1599.
La sua storia la si può leggere ne Il formaggio e i vermi, di Carlo Ginzburg, pubblicato da Einaudi
(prima edizione nel 1976).
Dialogo 1.
Io e domenico ci siamo trovati bene insieme fin dall’inizio. Lui mi raccontava delle cose, io sorridevo e facevo sì sì con la testa anche se non capivo del tutto. Lui mi sembrava contento; mi parlava di un ammasso di terra, acqua e fuoco che ad un certo punto iniziava a imputridire e dava forma alle cose: angeli, demoni, uomini, acque, montagne. Perfino dio era nato così, diceva. Tutto era nato da un gran impastare. Tutto si era ordinato e colorato dal marcire del disordine. Si guardava intorno e si vedeva cosa intendeva dire.
Dialogo 2.
Io e domenico ci dicevamo tutto. Passavamo le giornate a guardare qui e là i resti del disordine primitivo. E ridevamo. Per quanto cercassimo di rimettere tutto a posto, c’era sempre qualcosa che sfuggiva: una cosa lì, una cosa qui. Allora smettevamo di ridere e pensavamo al mondo nuovo.
Dialogo 3.
Io e domenico non ci vediamo più da anni. Ogni tanto qualche amico comune lo ricorda, e allora ci raccontiamo sorridendo le sue stramberie, le sue letture disordinate, le sue contraddizioni, i suoi pensieri monchi, le sue trovate bizzarre, i suoi disegni colorati. Ci ritroviamo ancora a inseguirlo mentre racconta i suoi viaggi cosmici, ad ascoltarlo mentre dipinge le sue trinità bislacche,
a guardarlo mentre ci racconta le formule chimiche per il paradiso.
Domenico volteggiava tra particelle e cosmi, precipitava scomparendo in comete e, eccolo lì, già saltellava tra le molecole ormai ordinate dei pianeti.
Poi, lo uccisero.
Di Domenico mi rimangono: un sacchetto di atomi collegati tra loro da un filo di lana blu, degli zuccherini molto invitanti che non ho mai assaggiato (potrebbero essere pericolosamente buoni, mi diceva), una manciata di molecole di cielo, un’infinità di cattivi consigli (ma straordinariamente sinceri, mi assicurava), e una collana di polvere (pensa due volte, prima di starnutire, mi consigliava).
p.s.: Il Domenico a cui si fa riferimento nei Dialoghi qui sopra è Domenico Scandella, nato a Montereale Valcellina (adesso in provincia di Pordenone) nel 1532. Mugnaio, muratore, contadino, falegname, amministratore della chiesa, suonatore nelle feste di paese, il Menocchio aveva un cervello irrequieto e curioso, ingenuamente pronto a sostenere le propri bizzarre covinzioni di fronte a preti e inquisitori. Domenico Scandella fu condannato al rogo come eretico nel 1599.
La sua storia la si può leggere ne Il formaggio e i vermi, di Carlo Ginzburg, pubblicato da Einaudi
(prima edizione nel 1976).
10
giugno 2005
Carlo Vedova – Mondus Novus
Dal 10 giugno al 28 agosto 2005
arte contemporanea
Location
CASTEL NOARNA
Nogaredo, Via Castelnuovo, 19, (Trento)
Nogaredo, Via Castelnuovo, 19, (Trento)
Orario di apertura
dal martedì al venerdì 15-19; sabato e domenica 10.30-13 e 15-19
Vernissage
10 Giugno 2005, ore 20.30
Autore
Curatore