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Città avite
Sette autori ci offrono interpretazioni originali dell’ambiente urbano, accomunati da una manifesta appartenenza al contemporaneo.
Comunicato stampa
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dal testo in catalogo di Giuseppe Salerno:
Una lunga storia segnata dalla cultura materialista ha indotto l’umanità ad affermare la sua presenza sulla terra intervenendo sugli assetti naturali. La creazione di artificialità incuranti dei preesistenti equilibri si ripete nei secoli ogni qualvolta agli incroci di antichi percorsi, luoghi dello scambio, sorgono agglomerati dove popolazioni un tempo nomadi definiscono la nuova condizione stanziale.
Nel tempo sedimentano strutture del commercio e servizi indispensabili alla sopravvivenza sviluppandosi così metropoli nelle quali, lontani dal rapporto con il trascendente, impera la cultura del mattone. Una cultura condizionante che diviene l’anima di economie forti, inespugnabili e pronte a irrigidirsi ad ogni sentore di cambiamento. Con la telematica e l’avvento di nuovi mondi immateriali si assiste oggi al crescere ed esplodere nelle città di pesanti contraddizioni. Da originari contenitori della vita questi luoghi sono sempre più reti inestricabili dove il fisico è imbrigliato ed il sentire è lontano da quell’universo di cui abbiamo dimenticato di essere parte.
Talvolta dichiaratamente, tal altra in modo larvato, le opere degli artisti denunciano il malessere che connota questo nostro tempo. Oggetti di consumo, le grattugie, destinate esse stesse a consumare, divengono metafora, nelle opere di Massimo Antonelli, di edifici al cui interno, in un mondo dove tutto è consumo, si consuma l’esistenza. Gli scenari urbani di Antonella Catini sono invece fusioni di tonalità cupe di colore che predomina su forme appena percettibili, che sembrano emergere da sedimentazioni secolari. E’ caleidoscopico l’intervento fotografico di Maurizio Cintioli il quale distorce, deforma e reinventa edifici tendenti all’astrazione, estranei ad ogni originaria funzione. Con lavori degli anni ’90 Dario Cusani frammenta il reale per offrirci poi ricomposizioni espanse quasi nel tentativo di riconquistare gli spazi vitali che il tempo ha sottratto. Incombenti, luoghi di attraversamento veloce, le città di Daniela Foschi sono scenari dove le presenze umane sono in frenetico movimento. Non è del tutto chiaro nelle opere in bianco e nero di Lughia se siano le presenze umane a subire la metamorfosi che le porta a vestirsi di pelle urbana o sia invece la città ad assumere le sembianze di una umanità “assente”. La speranza sembrerebbe infine riposta, per Laura Migotto, nel cavallo di bronzo che, emblema di molte città italiane, ci appare pronto a spiccare il volo verso luoghi più sereni.
Una lunga storia segnata dalla cultura materialista ha indotto l’umanità ad affermare la sua presenza sulla terra intervenendo sugli assetti naturali. La creazione di artificialità incuranti dei preesistenti equilibri si ripete nei secoli ogni qualvolta agli incroci di antichi percorsi, luoghi dello scambio, sorgono agglomerati dove popolazioni un tempo nomadi definiscono la nuova condizione stanziale.
Nel tempo sedimentano strutture del commercio e servizi indispensabili alla sopravvivenza sviluppandosi così metropoli nelle quali, lontani dal rapporto con il trascendente, impera la cultura del mattone. Una cultura condizionante che diviene l’anima di economie forti, inespugnabili e pronte a irrigidirsi ad ogni sentore di cambiamento. Con la telematica e l’avvento di nuovi mondi immateriali si assiste oggi al crescere ed esplodere nelle città di pesanti contraddizioni. Da originari contenitori della vita questi luoghi sono sempre più reti inestricabili dove il fisico è imbrigliato ed il sentire è lontano da quell’universo di cui abbiamo dimenticato di essere parte.
Talvolta dichiaratamente, tal altra in modo larvato, le opere degli artisti denunciano il malessere che connota questo nostro tempo. Oggetti di consumo, le grattugie, destinate esse stesse a consumare, divengono metafora, nelle opere di Massimo Antonelli, di edifici al cui interno, in un mondo dove tutto è consumo, si consuma l’esistenza. Gli scenari urbani di Antonella Catini sono invece fusioni di tonalità cupe di colore che predomina su forme appena percettibili, che sembrano emergere da sedimentazioni secolari. E’ caleidoscopico l’intervento fotografico di Maurizio Cintioli il quale distorce, deforma e reinventa edifici tendenti all’astrazione, estranei ad ogni originaria funzione. Con lavori degli anni ’90 Dario Cusani frammenta il reale per offrirci poi ricomposizioni espanse quasi nel tentativo di riconquistare gli spazi vitali che il tempo ha sottratto. Incombenti, luoghi di attraversamento veloce, le città di Daniela Foschi sono scenari dove le presenze umane sono in frenetico movimento. Non è del tutto chiaro nelle opere in bianco e nero di Lughia se siano le presenze umane a subire la metamorfosi che le porta a vestirsi di pelle urbana o sia invece la città ad assumere le sembianze di una umanità “assente”. La speranza sembrerebbe infine riposta, per Laura Migotto, nel cavallo di bronzo che, emblema di molte città italiane, ci appare pronto a spiccare il volo verso luoghi più sereni.
22
ottobre 2009
Città avite
Dal 22 al 30 ottobre 2009
arte contemporanea
Location
SPAZIOTTAGONI
Roma, Via Goffredo Mameli, 9, (Roma)
Roma, Via Goffredo Mameli, 9, (Roma)
Orario di apertura
dal martedì al sabato ore 17.30 - 20.00
Vernissage
22 Ottobre 2009, ore 18.30
Autore
Curatore