Sabato 14 novembre alle 18.30 la Galleria CRONO Arte Contemporanea di CHIARI (Brescia) inaugura la mostra personale di Claudio Filippini dal titolo “Oltre lo sguardo”, che resterà aperta al pubblico fino al 10 dicembre.

Attraverso una nutrita selezione di opere di medie e grandi dimensioni vengono presentati al pubblico gli esiti più recenti della ricerca espressiva del pittore rezzatese, da tempo impegnato nella definizione di un personalissimo naturalismo post-moderno, basato su una tecnica virtuosistica che si sviluppa in direzione di un’interpretazione iperrealista del paesaggio, in particolare di quello urbano post-industriale. Osservando i suoi dipinti si intuisce che Claudio Filippini guarda sicuramente alla lezione dei grandi iperrealisti americani, senza però mai tradire una sentita interpretazione emotiva della visione che lo porta a ricreare sulla tela una lunga e articolata miscellanea di visioni quotidiane, spesso volutamente anti-poetiche, ma in cui è avvertibile il palpitare di una vitalità nascosta, vero fulcro della composizione..

(...)“Ciò che colpisce maggiormente del linguaggio di Filippini è il fatto che in esso le caratteristiche tradizionali della pittura, come la gestualità e la pennellata, risolte qui nel segno di una stesura molto precisa ma mai fredda, si combinino ai codici della rappresentazione fotografica, come il taglio prospettico, la saturazione della luce, il contrasto, per creare composizioni che riescono a rinnovare i preconcetti relativi ai due mezzi espressivi, dando spesso vita a opere vagamente spiazzanti, dove, ad esempio, il paesaggio e le ricorrenti vedute urbane vengono reinterpretati in funzione di una visione del reale che non è semplice descrizione, ma rilettura emozionale, sviluppata in chiave profondamente estetica.

In molti quadri di Filippini si raggiunge addirittura il parossismo per cui il reale sembra più vero che nella realtà, perché appunto non si accontenta di esserne una replica oggettiva, ma ne acquisisce i valori sentimentali che sono il nocciolo della visione soggettiva dell’individuo, sia di chi dipinge, ma anche di chi fruisce dell’opera. La luce che illumina questi dipinti, d’altra parte, non è una luce qualsiasi, ma è la luce di quel preciso fugace istante in cui la visione si fa percezione, in cui gli occhi divengono strumenti non solo del cervello, ma anche del cuore, fungendo da tramite per la nostra memoria emotiva. È per questo che di fronte a certi scorci può accadere di avvertire una vaga sensazione di deja vu: non soltanto vi riconosciamo i luoghi ritratti, sui quali il nostro sguardo distratto e frettoloso si è posato e ri-posato mille volte, ma per un istante è come se vi facessimo ritorno, quasi compiendo un viaggio sentimentale che ci riporta alla mente e al cuore la bellezza unica e irripetibile – magari gioiosa o malinconica, tranquilla o frenetica, vissuta o soltanto presagita - di un momento particolare della nostra vita. E non può che stupire la scoperta che quell’unicità e irripetibilità possono appartenere alla quotidianità e all’ordinarietà, poiché Filippini ha scelto di orientarsi in un orizzonte iconografico che attinge abbondantemente alla vita quotidiana nelle sue manifestazioni più banali, ai paesaggi urbani, agli angoli delle città, alle stazioni, agli aeroporti, alle nuove architetture, a quel tessuto ambientale in ininterrotto sviluppo in cui l’uomo contemporaneo è costantemente calato, di cui è ovvio protagonista.(...) .”

(Giovanna Galli)