Nella pittura di Frosini la passione dell’Informale, quale si è andato configurando storicamente nella seconda metà del Novecento, non è un fine ma un mezzo per raggiungere l’al di là dell’informe, portando prima la grafia della scrittura dentro il quadro e poi spingendo, dentro il corpo della metamorfosi, la luce fino a farsi nel cielo una iconostasi aurorale. L’informe è dunque lo strumento che il pittore attraversa portandolo fino all’esaurimento. Egli porta infatti a conclusione la poetica dell’informale verso un altro versante della materia e dell’astrazione. Così facendo il pittore continua a tenere insieme gli opposti lembi della sua meditazione.

Nei suoi ultimi “papier”, Frosini giustappone il cielo e la luce, impedisce loro di fondersi uno nell’altro, e ci restituisce tutta la grazia di incantate intersezioni di carte. Aurorali iconostasi di carte, dove assistere a tutto l’amore bambino fra la luce e il cielo. F. Iacuzzi

C’è un vento luminoso attraverso tutte le composizioni di Claudio Frosini: a volte come lieve alito che agita l’impressione, a volte come riflesso boreale che trama lo spazio fra un colore e il vuoto, senza abbandonarlo poi, bensì rimanendovi.

Si potrebbe dire che non ci siano ombre (e questo stupisce), ma solo differenti modulazioni di un’unica, lenta emissione del respiro, differenti apparizioni spaziali della stessa luce.

Alcuni dei materiali utilizzati da Frosini reagiscono all’attraversamento di questo arioso chiarore divenendone parte attiva e non mero supporto, quasi ricomponendo la propria struttura molecolare dall’interno della visione. M.M.Lenzi