L’artista è un mutante: un essere le cui percezioni sono acuite. Egli vede, sente, assorbe, i suoi sensi sono estesi, le visioni vanno oltre la superficie. Il corpo, il cuore, il cervello e i neuroni non sono contenitori dove immagazzinare dati, ma estensioni che da ogni soggetto si diramano in mille direzioni; verso l’altro da sé, ma nello stesso tempo verso il sé più profondo. L’artista è un albero, le cui radici affondano nel calore della terra quando contemporaneamente i rami scalano il cielo. Questo significa connettersi. La creatività non è un singolo dono posto in qualche sede nel cervello ma è proprio la capacità di uscire da sé per andare incontro ad un’inesauribile falda comune, una sorgente di dee che fluiscono libere in attesa di essere colte e condivise. L’artista lo fa: si cala in questo fluire mentre il mondo corre, mentre il mondo non ha tempo. E restituisce a quel mondo di concretezze effimere qualcosa di più completo e duraturo, l’invisibile che si fa visibile, l’essenza che si fa opera.
(Grazia Chiesa, marzo 2010)