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Cortesie per gli ospiti
La rassegna si presenta come un inedito itinerario che vuole mettere a confronto le opere di artisti contemporanei con quelle della collezione permanente, appartenenti al XVII e XVIII secolo e riconducibili, principalmente, alla donazione che l’onorevole Giovanni Antonio Sanna fece nel 1868 alla sua città natale
Comunicato stampa
Segnala l'evento
La Pinacoteca MUS’A è lieta di presentare la mostra Cortesie per gli ospiti, a cura di
Davide Mariani, che verrà inaugurata martedì 28 aprile a partire dalle 18:00 al primo piano
dello storico edificio di Piazza Santa Caterina a Sassari. La rassegna si presenta come un
inedito itinerario che vuole mettere a confronto le opere di artisti contemporanei con quelle
della collezione permanente, appartenenti al XVII e XVIII secolo e riconducibili,
principalmente, alla donazione che l’onorevole Giovanni Antonio Sanna fece nel 1868 alla
sua città natale.
La mostra Cortesie per gli ospiti si colloca all’interno di un filone espositivo in continua
ascesa che vede sempre più i musei aprire le porte delle loro istituzioni per ospitare
rassegne capaci di fornire una chiave di lettura alternativa delle loro collezioni. Il progetto
si inserisce nell’attuale allestimento del primo piano della pinacoteca MUS’A costituito da
sette sale che seguono un ordinamento per gruppi tematici e che hanno come oggetto la
raffigurazione di santi, soggetti storici e mitologici, ritratti, scene religiose, paesaggi e
scene di genere, vedute architettoniche e nature morte. La mostra si dirama nella
collezione permanente con le opere degli artisti contemporanei, chiamati a esporre un solo
lavoro della loro produzione recente, con l’intento di costituire una sorta di continuum
tematico ideale.
Il percorso espositivo inizia con la sala dedicata ai santi e ai martiri con la “Santificazione
di Gioacchino dopo Regnier” di Tonino Mattu, in cui si ritrova l’iconografia di San
Sebastiano che ben si lega alle immagini inquiete, tragiche, e allo stesso tempo moderne,
dei dipinti della collezione. L’opera è capace di esprimere una forte tensione emotiva
grazie a una duplice resa formale che alterna momenti di rarefazione, per lo sfondo e il
viso, ad altri di eccedenza espressiva, sia cromatica che figurativa, per il corpo livido e
tumefatto del santo.
La mostra prosegue all’interno della sala riservata ai soggetti storici e mitologici con il
lavoro di Narcisa Monni, dal titolo “Io non voleva Zeus”. L’opera, realizzata su una lastra di
alluminio, rappresenta una scena tratta dal mito di Io e si caratterizza per i rimandi alle
fonti della tradizione classica, così come gli occhi del gigante Argo evocano il cielo stellato
di Giotto, affrescato tra il 1303 e il 1306, per la cappella degli Scrovegni a Padova. La
forza visiva del dipinto risiede in una gestualità prepotente, decisa e a tratti ingombrante,
da cui traspare una forte identificazione personale dei sentimenti, delle sofferenze e
dell’eroicità di cui il mito è allegoria.
Dissonante è invece l’effetto che l’opera “Song of Mars” di Valerio Melchiotti genera nella
sala dei ritratti: la cura della rappresentazione fisionomica dei dipinti della collezione si
oppone a una personale interpretazione del genere da parte dell’artista che, pur
mantenendo alcune caratteristiche formali riconoscibili, ne elabora una visione essenziale.
L’assenza del volto dei personaggi, da una parte si fa debitrice del desiderio di prolungare
il ricordo, dall’altra costituisce una prassi consolidata della moderna rappresentazione
ritrattistica, all’insegna della spersonalizzazione e della perdita d’identità.
Nella sala dedicata alle scene religiose, in cui sono narrate le vicende della vita di Cristo, e
che documentano l’attività delle diverse scuole pittoriche operanti in epoca barocca, tra le
imponenti tele della collezione permanente trova spazio la minuta opera di Nicola Caredda
raffigurante la testa di San Giovanni Battista distesa su un seducente cuscino. Il
riferimento è all’episodio della sua decollazione, avvenuto per volontà della principessa
Salomè, artefice del suo martirio. La minuzia del dettaglio figurativo con cui l’opera è
realizzata non sembra però distogliere l’attenzione dal suo contenuto che, al contrario, ne
viene amplificato: lo sguardo fisso e gelido del Battista rivela l’attimo del trapasso e lascia
emergere tutta la sua umana sensibilità e la mistica del sacrificio.
Le diverse tendenze della pittura di paesaggio del Sei e Settecento costituiscono al
contrario lo sfondo per l’opera “Lost and Found” di Gavino Ganau. Dall’armoniosa
ambientazione dei dipinti della collezione, si passa a un’atmosfera dai toni decisamente
più cupi e minacciosi capaci di invocare uno scenario apocalittico caratterizzato
dall’isolamento e dall’indifferenza sociale. L’opera, eseguita in bianco e nero, rappresenta
inoltre una natura ormai snervata e sopraffatta dall’uomo, delineando quello che potremmo
definire come una sorta di moderno paesaggio dantesco.
In linea con l’inquieto sfondo antecedente risulta anche il lavoro “After Money” di Vincenzo
Grosso per la sala delle vedute architettoniche. Anche in questo caso a fare da contraltare
alle singolari inquadrature delle vedute classicheggianti dei principali centri dell’arte
italiana, come Roma, Venezia e Napoli, tanto richieste e amate, soprattutto dai colti
viaggiatori del Grand Tour, vi è una visione architettonica quanto mai contemporanea. Il
dipinto infatti esprime, in maniera alquanto emblematica, la moderna concezione dello
spazio urbanistico, maestoso e simmetrico. Il discorso figurativo si fa calmo e solenne, le
linee strutturali risultano insistentemente ripetute fino a confondersi nello sfondo,
generando un senso di prevaricazione architettonica che, al contempo, sembra opprimere
qualsiasi spiraglio di vita sociale.
Chiude la mostra, nella sala dedicata alle nature morte, l’installazione di Irene Balia in
dialogo con le opere di produzione francese, fiamminga e italiana delle più celebri scuole
d’arte dell’epoca: napoletana, lombarda e genovese. Nella serie di tele proposte dall’artista
vi sono raffigurate delle nature morte che si contraddistinguono per l’abbondanza di
elementi decorativi riconducibili all’iconografia dell’arte tessile sarda, costituenti l’orizzonte
perfetto per lo sfoggio di un ricco campionario dei soggetti più ricorrenti: fiori, frutta e
animali. La vivacità della gamma cromatica offre una resa analitica suggestiva e quanto
mai attraente, grazie anche all’alternanza di motivi geometrici che vengono accostati a un
fantasioso mondo di creature marine.
Cortesie per gli ospiti si presenta dunque come un itinerario dentro l’itinerario all’insegna di
rimandi, citazioni, allusioni e impressioni capaci di dare vita a un insolito dialogo visivo.
Dopo la mostra dedicata all’opera delle sorelle Altara, attualmente in corso fino al 10
maggio, il MUS’A riapre così le porte al contemporaneo, ribadendo la sua funzione di polo
culturale aperto e attento alle dinamiche e ai linguaggi dell'arte di ieri e di oggi.
Davide Mariani, che verrà inaugurata martedì 28 aprile a partire dalle 18:00 al primo piano
dello storico edificio di Piazza Santa Caterina a Sassari. La rassegna si presenta come un
inedito itinerario che vuole mettere a confronto le opere di artisti contemporanei con quelle
della collezione permanente, appartenenti al XVII e XVIII secolo e riconducibili,
principalmente, alla donazione che l’onorevole Giovanni Antonio Sanna fece nel 1868 alla
sua città natale.
La mostra Cortesie per gli ospiti si colloca all’interno di un filone espositivo in continua
ascesa che vede sempre più i musei aprire le porte delle loro istituzioni per ospitare
rassegne capaci di fornire una chiave di lettura alternativa delle loro collezioni. Il progetto
si inserisce nell’attuale allestimento del primo piano della pinacoteca MUS’A costituito da
sette sale che seguono un ordinamento per gruppi tematici e che hanno come oggetto la
raffigurazione di santi, soggetti storici e mitologici, ritratti, scene religiose, paesaggi e
scene di genere, vedute architettoniche e nature morte. La mostra si dirama nella
collezione permanente con le opere degli artisti contemporanei, chiamati a esporre un solo
lavoro della loro produzione recente, con l’intento di costituire una sorta di continuum
tematico ideale.
Il percorso espositivo inizia con la sala dedicata ai santi e ai martiri con la “Santificazione
di Gioacchino dopo Regnier” di Tonino Mattu, in cui si ritrova l’iconografia di San
Sebastiano che ben si lega alle immagini inquiete, tragiche, e allo stesso tempo moderne,
dei dipinti della collezione. L’opera è capace di esprimere una forte tensione emotiva
grazie a una duplice resa formale che alterna momenti di rarefazione, per lo sfondo e il
viso, ad altri di eccedenza espressiva, sia cromatica che figurativa, per il corpo livido e
tumefatto del santo.
La mostra prosegue all’interno della sala riservata ai soggetti storici e mitologici con il
lavoro di Narcisa Monni, dal titolo “Io non voleva Zeus”. L’opera, realizzata su una lastra di
alluminio, rappresenta una scena tratta dal mito di Io e si caratterizza per i rimandi alle
fonti della tradizione classica, così come gli occhi del gigante Argo evocano il cielo stellato
di Giotto, affrescato tra il 1303 e il 1306, per la cappella degli Scrovegni a Padova. La
forza visiva del dipinto risiede in una gestualità prepotente, decisa e a tratti ingombrante,
da cui traspare una forte identificazione personale dei sentimenti, delle sofferenze e
dell’eroicità di cui il mito è allegoria.
Dissonante è invece l’effetto che l’opera “Song of Mars” di Valerio Melchiotti genera nella
sala dei ritratti: la cura della rappresentazione fisionomica dei dipinti della collezione si
oppone a una personale interpretazione del genere da parte dell’artista che, pur
mantenendo alcune caratteristiche formali riconoscibili, ne elabora una visione essenziale.
L’assenza del volto dei personaggi, da una parte si fa debitrice del desiderio di prolungare
il ricordo, dall’altra costituisce una prassi consolidata della moderna rappresentazione
ritrattistica, all’insegna della spersonalizzazione e della perdita d’identità.
Nella sala dedicata alle scene religiose, in cui sono narrate le vicende della vita di Cristo, e
che documentano l’attività delle diverse scuole pittoriche operanti in epoca barocca, tra le
imponenti tele della collezione permanente trova spazio la minuta opera di Nicola Caredda
raffigurante la testa di San Giovanni Battista distesa su un seducente cuscino. Il
riferimento è all’episodio della sua decollazione, avvenuto per volontà della principessa
Salomè, artefice del suo martirio. La minuzia del dettaglio figurativo con cui l’opera è
realizzata non sembra però distogliere l’attenzione dal suo contenuto che, al contrario, ne
viene amplificato: lo sguardo fisso e gelido del Battista rivela l’attimo del trapasso e lascia
emergere tutta la sua umana sensibilità e la mistica del sacrificio.
Le diverse tendenze della pittura di paesaggio del Sei e Settecento costituiscono al
contrario lo sfondo per l’opera “Lost and Found” di Gavino Ganau. Dall’armoniosa
ambientazione dei dipinti della collezione, si passa a un’atmosfera dai toni decisamente
più cupi e minacciosi capaci di invocare uno scenario apocalittico caratterizzato
dall’isolamento e dall’indifferenza sociale. L’opera, eseguita in bianco e nero, rappresenta
inoltre una natura ormai snervata e sopraffatta dall’uomo, delineando quello che potremmo
definire come una sorta di moderno paesaggio dantesco.
In linea con l’inquieto sfondo antecedente risulta anche il lavoro “After Money” di Vincenzo
Grosso per la sala delle vedute architettoniche. Anche in questo caso a fare da contraltare
alle singolari inquadrature delle vedute classicheggianti dei principali centri dell’arte
italiana, come Roma, Venezia e Napoli, tanto richieste e amate, soprattutto dai colti
viaggiatori del Grand Tour, vi è una visione architettonica quanto mai contemporanea. Il
dipinto infatti esprime, in maniera alquanto emblematica, la moderna concezione dello
spazio urbanistico, maestoso e simmetrico. Il discorso figurativo si fa calmo e solenne, le
linee strutturali risultano insistentemente ripetute fino a confondersi nello sfondo,
generando un senso di prevaricazione architettonica che, al contempo, sembra opprimere
qualsiasi spiraglio di vita sociale.
Chiude la mostra, nella sala dedicata alle nature morte, l’installazione di Irene Balia in
dialogo con le opere di produzione francese, fiamminga e italiana delle più celebri scuole
d’arte dell’epoca: napoletana, lombarda e genovese. Nella serie di tele proposte dall’artista
vi sono raffigurate delle nature morte che si contraddistinguono per l’abbondanza di
elementi decorativi riconducibili all’iconografia dell’arte tessile sarda, costituenti l’orizzonte
perfetto per lo sfoggio di un ricco campionario dei soggetti più ricorrenti: fiori, frutta e
animali. La vivacità della gamma cromatica offre una resa analitica suggestiva e quanto
mai attraente, grazie anche all’alternanza di motivi geometrici che vengono accostati a un
fantasioso mondo di creature marine.
Cortesie per gli ospiti si presenta dunque come un itinerario dentro l’itinerario all’insegna di
rimandi, citazioni, allusioni e impressioni capaci di dare vita a un insolito dialogo visivo.
Dopo la mostra dedicata all’opera delle sorelle Altara, attualmente in corso fino al 10
maggio, il MUS’A riapre così le porte al contemporaneo, ribadendo la sua funzione di polo
culturale aperto e attento alle dinamiche e ai linguaggi dell'arte di ieri e di oggi.
28
aprile 2015
Cortesie per gli ospiti
Dal 28 aprile al 12 giugno 2015
arte contemporanea
Location
MUSEO MUS’A – PINACOTECA AL CANOPOLENO
Sassari, Via Santa Caterina, 4, (Sassari)
Sassari, Via Santa Caterina, 4, (Sassari)
Orario di apertura
dal lunedì al venerdì dalle 9:00 alle 13:00
lunedì e martedì dalle 15 alle 17:00
Vernissage
28 Aprile 2015, h 18
Autore
Curatore