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Da Quì
Da quì, per indicare una scelta dettata dalle esigenze dell’istinto e del gusto privato con l’intenzione di fare il punto sul lavoro assai eterogeneo di otto artisti diversi per età, provenienza e linguaggi espressivi.
Comunicato stampa
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TRECINQUE arte contemporanea presenta “Da quì”, mostra collettiva ispirata al titolo dell’omonima e ben più grande rassegna “Von hier aus”(Da qui) - Düsseldorf 1984 - progettata e curata da Kasper König e che ha segnato uno dei momenti fra i più significativi dell’arte degli anni Ottanta.
Da quì. Non per ricominciare qualcosa determinando una brusca rottura con ciò che è stato prima e nemmeno per concedersi un pretestuoso indugiare su ciò che sarà. Da quì è per partire ancora e adesso, anzi, prendere coscienza di un percorso già iniziato per continuare a intraprendere un viaggio incessante di personale ricerca, con la voglia e il coraggio di spingersi ogni volta un po’ più in là, rintracciando ulteriori coordinate e delineando inedite prospettive, con la piena consapevolezza di chi sa che ad ogni approdo corrisponde una nuova partenza…
Da quì, dalla galleria TRECINQUE di Rieti, ubicata nel “cuore dell’Italia”, per indicare una scelta dettata in primo luogo dalle esigenze dell’istinto e del gusto privato, con l’intenzione di fare il punto sul lavoro assai eterogeneo di otto artisti, diversi per età, provenienza e linguaggi espressivi che utilizzano le possibilità del disegno e della foto, del video, della scultura e soprattutto della pittura per giungere a personalissimi esiti di configurazione di un’immagine. Dell’opera che, nel contesto specifico di questa mostra, diventa immagine testimoniale di un momentaneo approdo individuale, che appaga la necessità di trovare un confronto con il reale o di provare a intravedere nuovi lidi, prefigurando scenari futuribili.
Sarebbe cosa vana e priva di senso voler tentare ad ogni costo di cercare una definizione comune per un gruppo di artisti così differenti fra loro in quanto a stile, tecnica e tematiche affrontate; come d’altra parte risulterebbe assolutamente inattuale perorare ancora la causa di una “linea” o di un linguaggio riconoscibile, magari per favorire la considerazione del mercato.
Al di là dei concetti precostituiti e dei criteri di classificazione, al di là dell’attuale crisi economica, che è ancor prima crisi dei valori e di un sistema dell’arte da rinnovare e da re-inventare, al di là di tutto questo si trova l’opera da osservare e la libertà dell’artista da promuovere e da incentivare.
È così che un primo punto da cui partire per rintracciare il filo conduttore di questa mostra è costituito proprio dalle opere. Lavori impegnativi che necessitano di essere letti con sensibilità e con attenzione per non correre il rischio di rimanere in superficie, esitando nella sensazione di aver perso qualcosa di importante. Opere che non cedono alle lusinghe di facili trovate, ammiccando a spettacolari invenzioni, ma che, nella forza evocativa ed estetica della varietà delle immagini proposte, rivelano anzitutto l’intensa spinta motivazionale che le ha generate. Quella mozione tutta interiore dell’artista che, avvalendosi degli stimoli e delle suggestioni del mondo circostante, si fa irrinunciabile sollecitazione creativa, come bisogno e necessità della pratica artistica.
Per Paolo Angelosanto, Paul Beel, Alessandro Cannistrà, Mutsuo Hirano, Thomas Lange, Brunella Longo, Matteo Montani, Eugenio Percossi tale necessità diventa il metodo esclusivo per mettersi in gioco ogni volta, perché la pratica artistica è continua tensione inventiva nell’inarrestabile ricerca dell’opera desiderata; è sperimentazione personalissima di una tecnica nell’appropriazione graduale di un mezzo o cercandone di nuovi; ed è anche progressiva acquisizione di un linguaggio e di un atteggiamento congeniale che conduce alla scoperta di sé e del proprio agire consapevole, nel brevissimo limite temporale intercettato dall’artista. Lo stesso limite che dall’opera viene descritto e al contempo superato, come approdo e nuova partenza, mirando a schiudere i segreti di quella zona intermedia che si trova fra il pensiero dell’artista e l’immagine prodotta e per trascorrere ancor più in là di essa, per partire e ripartire ancora…
Da quì, da questa occasione espositiva, per indagare sulle vicende creative degli artisti attraverso le opere.
Cenni sugli artisti
Thomas Lange, uno dei giovani protagonisti della scena artistica della ex Berlino Ovest dei primi anni Ottanta, che nel 1984 fu invitato ad esporre alla storica mostra “Von hier aus” e che nel corso della sua carriera ha partecipato ad importanti rassegne internazionali. Ha saputo rinnovare il proprio linguaggio di matrice “neoespressionista” pur rimanendo fedele ai modi di una pittura energica e vigorosa.
Paul Beel, originario dell’Ohio, propone una pittura tecnicamente irreprensibile memore della “tradizione” del realismo americano, proponendo ritratti e paesaggi come immagini interiori di profonda penetrazione psicologica.
Matteo Montani, originalissimo artista che utilizza le possibilità della carta abrasiva, quale supporto privilegiato, ove condurre liberamente il colore ad olio per far emergere intensi e poetici paesaggi interiori come “afflati dell’anima”.
Alessandro Cannistrà, giovane pittore romano che è approdato ad indagare il mondo animale, rintracciando metafore ironiche, e non prive di sarcasmo, degli atteggiamenti e dei modi di vivere dell’essere umano.
Brunella Longo, che utilizza le tecniche della fotografia per comporre paesaggi emblematici di una ricerca introspettiva, attraverso uno scrupoloso lavoro di composizione dell’immagine.
Il tema dell’identità individuale come punto di partenza della propria ricerca è invece variamente affrontato da:
Paolo Angelosanto, performer e artista eclettico che nella sua personalissima indagine pone in primo piano se stesso in relazione con l’altro, affidandosi a travestimenti e personificazioni di ogni sorta, transitando dal video alla fotografia, dalla pittura all’installazione.
Eugenio Percossi, anch’egli libero frequentatore dei mezzi artistici, fa spesso riferimento a condizioni di vita estreme per condurre un’indagine forte e sfacciatamente reale sul ricordo e sul senso e il valore esistenza umana, facendo spesso riferimento a stadi intermedi fra la vita e la morte.
Mutsuo Hirano, di origini giapponesi, trapiantato in Germania e successivamente in Italia indaga, a partire dalle proprie esperienze di vita, il senso di un’ identità individuale frammentata e ricostruita nell’ incontro-scontro fra tre diversi ambiti culturali di appartenenza, utilizzando il disegno, l’installazione e la scultura in terracotta.
Da quì. Non per ricominciare qualcosa determinando una brusca rottura con ciò che è stato prima e nemmeno per concedersi un pretestuoso indugiare su ciò che sarà. Da quì è per partire ancora e adesso, anzi, prendere coscienza di un percorso già iniziato per continuare a intraprendere un viaggio incessante di personale ricerca, con la voglia e il coraggio di spingersi ogni volta un po’ più in là, rintracciando ulteriori coordinate e delineando inedite prospettive, con la piena consapevolezza di chi sa che ad ogni approdo corrisponde una nuova partenza…
Da quì, dalla galleria TRECINQUE di Rieti, ubicata nel “cuore dell’Italia”, per indicare una scelta dettata in primo luogo dalle esigenze dell’istinto e del gusto privato, con l’intenzione di fare il punto sul lavoro assai eterogeneo di otto artisti, diversi per età, provenienza e linguaggi espressivi che utilizzano le possibilità del disegno e della foto, del video, della scultura e soprattutto della pittura per giungere a personalissimi esiti di configurazione di un’immagine. Dell’opera che, nel contesto specifico di questa mostra, diventa immagine testimoniale di un momentaneo approdo individuale, che appaga la necessità di trovare un confronto con il reale o di provare a intravedere nuovi lidi, prefigurando scenari futuribili.
Sarebbe cosa vana e priva di senso voler tentare ad ogni costo di cercare una definizione comune per un gruppo di artisti così differenti fra loro in quanto a stile, tecnica e tematiche affrontate; come d’altra parte risulterebbe assolutamente inattuale perorare ancora la causa di una “linea” o di un linguaggio riconoscibile, magari per favorire la considerazione del mercato.
Al di là dei concetti precostituiti e dei criteri di classificazione, al di là dell’attuale crisi economica, che è ancor prima crisi dei valori e di un sistema dell’arte da rinnovare e da re-inventare, al di là di tutto questo si trova l’opera da osservare e la libertà dell’artista da promuovere e da incentivare.
È così che un primo punto da cui partire per rintracciare il filo conduttore di questa mostra è costituito proprio dalle opere. Lavori impegnativi che necessitano di essere letti con sensibilità e con attenzione per non correre il rischio di rimanere in superficie, esitando nella sensazione di aver perso qualcosa di importante. Opere che non cedono alle lusinghe di facili trovate, ammiccando a spettacolari invenzioni, ma che, nella forza evocativa ed estetica della varietà delle immagini proposte, rivelano anzitutto l’intensa spinta motivazionale che le ha generate. Quella mozione tutta interiore dell’artista che, avvalendosi degli stimoli e delle suggestioni del mondo circostante, si fa irrinunciabile sollecitazione creativa, come bisogno e necessità della pratica artistica.
Per Paolo Angelosanto, Paul Beel, Alessandro Cannistrà, Mutsuo Hirano, Thomas Lange, Brunella Longo, Matteo Montani, Eugenio Percossi tale necessità diventa il metodo esclusivo per mettersi in gioco ogni volta, perché la pratica artistica è continua tensione inventiva nell’inarrestabile ricerca dell’opera desiderata; è sperimentazione personalissima di una tecnica nell’appropriazione graduale di un mezzo o cercandone di nuovi; ed è anche progressiva acquisizione di un linguaggio e di un atteggiamento congeniale che conduce alla scoperta di sé e del proprio agire consapevole, nel brevissimo limite temporale intercettato dall’artista. Lo stesso limite che dall’opera viene descritto e al contempo superato, come approdo e nuova partenza, mirando a schiudere i segreti di quella zona intermedia che si trova fra il pensiero dell’artista e l’immagine prodotta e per trascorrere ancor più in là di essa, per partire e ripartire ancora…
Da quì, da questa occasione espositiva, per indagare sulle vicende creative degli artisti attraverso le opere.
Cenni sugli artisti
Thomas Lange, uno dei giovani protagonisti della scena artistica della ex Berlino Ovest dei primi anni Ottanta, che nel 1984 fu invitato ad esporre alla storica mostra “Von hier aus” e che nel corso della sua carriera ha partecipato ad importanti rassegne internazionali. Ha saputo rinnovare il proprio linguaggio di matrice “neoespressionista” pur rimanendo fedele ai modi di una pittura energica e vigorosa.
Paul Beel, originario dell’Ohio, propone una pittura tecnicamente irreprensibile memore della “tradizione” del realismo americano, proponendo ritratti e paesaggi come immagini interiori di profonda penetrazione psicologica.
Matteo Montani, originalissimo artista che utilizza le possibilità della carta abrasiva, quale supporto privilegiato, ove condurre liberamente il colore ad olio per far emergere intensi e poetici paesaggi interiori come “afflati dell’anima”.
Alessandro Cannistrà, giovane pittore romano che è approdato ad indagare il mondo animale, rintracciando metafore ironiche, e non prive di sarcasmo, degli atteggiamenti e dei modi di vivere dell’essere umano.
Brunella Longo, che utilizza le tecniche della fotografia per comporre paesaggi emblematici di una ricerca introspettiva, attraverso uno scrupoloso lavoro di composizione dell’immagine.
Il tema dell’identità individuale come punto di partenza della propria ricerca è invece variamente affrontato da:
Paolo Angelosanto, performer e artista eclettico che nella sua personalissima indagine pone in primo piano se stesso in relazione con l’altro, affidandosi a travestimenti e personificazioni di ogni sorta, transitando dal video alla fotografia, dalla pittura all’installazione.
Eugenio Percossi, anch’egli libero frequentatore dei mezzi artistici, fa spesso riferimento a condizioni di vita estreme per condurre un’indagine forte e sfacciatamente reale sul ricordo e sul senso e il valore esistenza umana, facendo spesso riferimento a stadi intermedi fra la vita e la morte.
Mutsuo Hirano, di origini giapponesi, trapiantato in Germania e successivamente in Italia indaga, a partire dalle proprie esperienze di vita, il senso di un’ identità individuale frammentata e ricostruita nell’ incontro-scontro fra tre diversi ambiti culturali di appartenenza, utilizzando il disegno, l’installazione e la scultura in terracotta.
30
maggio 2009
Da Quì
Dal 30 maggio al 31 luglio 2009
arte contemporanea
Location
3)5 ARTE CONTEMPORANEA
Rieti, Via Dell'ospizio Cerroni, 3/5, (Rieti)
Rieti, Via Dell'ospizio Cerroni, 3/5, (Rieti)
Orario di apertura
martedì-venerdì ore 16.00-20.00 e su appuntamento
Vernissage
30 Maggio 2009, ore 18
Autore
Curatore