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Danilo Fiorucci – Taglio dolce
Il Centro per l’Arte Contemporanea Trebisonda presenta un percorso dal 1990 al 2006 di opere dell’artista Danilo Fiorucci
Comunicato stampa
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Il Centro per l’Arte Contemporanea Trebisonda presenta un percorso dal 1990 al 2006 di opere dell’artista Danilo Fiorucci.
La mostra si sviluppa nei due piani dello spazio con lavori pittorici e si conclude nel suo percorso con un ambiente dove vivere l’esperienza diretta del colore.
Le opere si compongono di due gruppi, il primo con lavori del decennio precedente, il secondo con quelli del decennio in corso: i lavori precedenti sono tutti tele dipinte ad olio ed encausto, mentre gli attuali sono legni lavorati plasticamente e dipinti ancora con oli ed encausti. Ma la diversità dei supporti non implica una differenza di senso e di significato, né, concettualmente, abbiamo un prima e un dopo, un più e un meno: è possibile così una lettura unitaria, omogenea, sincronica.
Orbene, davanti alle tele, superato l’effetto di atmosfera nebulosa, percepiamo sempre, ora in modo più marcato ora meno, un campo di colore che impedisce di dare un limite, un confine preciso all’opera. L’artista va, vuole andare, “oltre la superficie”, anche solo con il colore e la pennellata che articolano, a volte, veri e propri vortici, altre si limitano allo scuramento di una parte, così abbiamo una forte sensazione di uno spazio senza fine, di una sorta di buco nero, si vuole ricercare un infinito che superi, tecnicamente, i limiti materiali imposti dai supporti – tela, telaio, legno – e, intellettualmente, i limiti dell’uomo stesso, del suo fare e del suo pensare.
La fenomenologia delle opere di Fiorucci è la monocromia, ottenuta non con un solo colore ma come risultante di tutta una serie di colori sovrapposti e resi più omogenei dall’encausto: è qui che occorre il tempo reale – non già quello soggettivo di Bergson –, cioè l’occhio può recepire le differenze solo dopo qualche secondo, secondi necessari non solo per la messa a fuoco ottica ma anche per quella mentale perché quell’ancorché brevissimo lasso di tempo serve all’intelletto per effettuare le sue scomposizioni ed analisi, ma alla fine occorre sempre la veduta complessiva e totalizzante che non può non riportarci a quella sensazione iniziale di cui abbiamo detto e che viene accresciuta già dal titolo generale che l’artista dà alle sue opere “taglio dolce”, un ossimoro con cui si cerca di “addolcire” il taglio, che però resta sempre una rottura, qui, verso l’infinito, quindi l’ignoto, e di dare, nello stesso tempo, forza e spessore, quindi di “drammatizzare” quella “dolcezza” – qualcuno direbbe “inutilità” – dell’arte che, invece, come si è visto, non si ferma alla sterile e tranquilla contemplazione, ma ci porta nei territori dell’emotività e del pensiero, del sentimento e della ragione, del piacere del vedere e del faticoso riflettere, della felicità e della tragicità, e che, proprio per questo, rende la vita più “umana, troppo umana”, potremmo dire con Nietzsche invertendone il senso.
La mostra si sviluppa nei due piani dello spazio con lavori pittorici e si conclude nel suo percorso con un ambiente dove vivere l’esperienza diretta del colore.
Le opere si compongono di due gruppi, il primo con lavori del decennio precedente, il secondo con quelli del decennio in corso: i lavori precedenti sono tutti tele dipinte ad olio ed encausto, mentre gli attuali sono legni lavorati plasticamente e dipinti ancora con oli ed encausti. Ma la diversità dei supporti non implica una differenza di senso e di significato, né, concettualmente, abbiamo un prima e un dopo, un più e un meno: è possibile così una lettura unitaria, omogenea, sincronica.
Orbene, davanti alle tele, superato l’effetto di atmosfera nebulosa, percepiamo sempre, ora in modo più marcato ora meno, un campo di colore che impedisce di dare un limite, un confine preciso all’opera. L’artista va, vuole andare, “oltre la superficie”, anche solo con il colore e la pennellata che articolano, a volte, veri e propri vortici, altre si limitano allo scuramento di una parte, così abbiamo una forte sensazione di uno spazio senza fine, di una sorta di buco nero, si vuole ricercare un infinito che superi, tecnicamente, i limiti materiali imposti dai supporti – tela, telaio, legno – e, intellettualmente, i limiti dell’uomo stesso, del suo fare e del suo pensare.
La fenomenologia delle opere di Fiorucci è la monocromia, ottenuta non con un solo colore ma come risultante di tutta una serie di colori sovrapposti e resi più omogenei dall’encausto: è qui che occorre il tempo reale – non già quello soggettivo di Bergson –, cioè l’occhio può recepire le differenze solo dopo qualche secondo, secondi necessari non solo per la messa a fuoco ottica ma anche per quella mentale perché quell’ancorché brevissimo lasso di tempo serve all’intelletto per effettuare le sue scomposizioni ed analisi, ma alla fine occorre sempre la veduta complessiva e totalizzante che non può non riportarci a quella sensazione iniziale di cui abbiamo detto e che viene accresciuta già dal titolo generale che l’artista dà alle sue opere “taglio dolce”, un ossimoro con cui si cerca di “addolcire” il taglio, che però resta sempre una rottura, qui, verso l’infinito, quindi l’ignoto, e di dare, nello stesso tempo, forza e spessore, quindi di “drammatizzare” quella “dolcezza” – qualcuno direbbe “inutilità” – dell’arte che, invece, come si è visto, non si ferma alla sterile e tranquilla contemplazione, ma ci porta nei territori dell’emotività e del pensiero, del sentimento e della ragione, del piacere del vedere e del faticoso riflettere, della felicità e della tragicità, e che, proprio per questo, rende la vita più “umana, troppo umana”, potremmo dire con Nietzsche invertendone il senso.
28
aprile 2006
Danilo Fiorucci – Taglio dolce
Dal 28 aprile al 21 maggio 2006
arte contemporanea
Location
TREBISONDA CENTRO PER LE ARTI VISIVE
Perugia, Via Donato Bramante, 26, (Perugia)
Perugia, Via Donato Bramante, 26, (Perugia)
Orario di apertura
dal venerdì alla domenica 17.30-19.30
Vernissage
28 Aprile 2006, ore 18
Autore
Curatore