E’ ancora possibile oggi rimeditare e rielaborare le iconografie medievali? O affrontare contaminazioni intentate? La prova che si può restare entro il flusso continuo del linguaggio dell’arte, avvertendone le suggestioni più che il peso per posizionarsi un passo più avanti a ciò che è già stato visualizzato fino ad ora, ce la fornisce Danilo Sergiampietri con questa mostra sibillinamente intitolata Numeri.

E’ difficile trovare in un autore esordiente una coerenza espressiva, di progetto e di qualità esecutiva come quella che ho potuto riscontare nel lavoro di Danilo Sergiampietri, il quale, proprio per questo, espone (e si espone) in questa sua prima personale un gruppo selezionato di opere recenti che rivelano un’insolita statura di artista, già matura e per nulla ingenua dal punto di vista del dominio del linguaggio, evidentemente frutto di un’esperienza elaborativa personale cresciuta intorno a un nucleo di sehnsucht creativa fortemente orientata anche dalla sua professione di architetto.

Quando ciò accade, ci troviamo di fronte a un raro talento.

Danilo Sergiampietri attinge a diverse fonti concettuali: l’agiografia, la rappresentazione numerica e alfanumerica, la logica comparativa, lo studio dei materiali, l’iterazione poetica, la poesia visiva, la linguistica soprattutto. La tecnologia è invece la bacchetta magica per verificare l’esattezza delle rappresentazioni delle grandezze numeriche improbabili sfoggiate dalle mirabilia del passato artistico. Tutte queste componenti vengono poi decantate in un brodo mentale che filtra solo ciò che può dare risposta ad un profondo spostamento di senso, attualizzando immagini di antico sapore, come sant’Orsola e le sue irrapresentabili undicimila vergini.

Aggiungendo alla realtà inediti elementi formali.

Marzia Ratti