Inaugura Camera Obscura, la prima personale di Davide Guerriero a cura di Clarissa Medea Virgilio. L’allestimento configura il progetto come un’esperienza immersiva, ricreando l’ambiente della camera oscura di un ipotetico giornalista d’assalto, dominato da fantasie di voyeurismo. Lungo le pareti, stese sopra vasche di acetato, sono appese come foto ad asciugare le opere d’arte digitale di Guerriero. L’artista crea i propri lavori sfruttando il fotomontaggio ed il disegno grafico. Il risultato è quello di scenari spesso teatrali, con colori ricchi dai contrasti forti, dove il corpo umano e la sessualità vengono messi letteralmente a nudo. Un nudo che ora viene esaltato e subito distorto, con rimandi a blasfeme vetrate di chiese che rappresentano Madonne nude; ora invece svilito, con ninfe preraffaellite che svendono sulle app di incontri il loro corpo nudo. Di fronte ad un oggetto più o meno consapevolmente fotografato c’è sempre un soggetto attivo fotografante, un Operator. Nelle opere di Guerriero a volte appare come uno spietato cecchino; altre, nonostante l’aspetto di un assassino dalla mano guantata, il fotografo si sovrappone al riflesso di una donna vampiro. L’educazione all’immagine, in particolare all’immagine del corpo, è una disciplina che involontariamente si comincia ad apprendere dalla prima infanzia, dal primo contatto con la realtà mediatica e pubblicitaria. Nascono da subito dunque degli standard con cui confrontarsi, la cui irrealtà (perché spesso si tratta solo di abili giochi di luci e prestigio) provoca una nevrosi in chi vorrebbe ma non potrà mai, generando il pensiero per il quale solo chi fallisce si accontenta. Dall’altra parte i modelli a cui ci si ispira sono ridotti a merce di scambio, le cui forme e il cui peso ne determinano il valore, proprio come i freddi metalli preziosi dei gioielli sponsorizzati nelle pubblicità.