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Di Miti e di Mari – 4 dreams
Comunicato stampa
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Chicco Calleri
Su sembianze umane che sembrano larve, evanescenze e inconsistenze figurative si incentra la ricerca di Chicco Calleri il quale, su sfondi disomogenei realizzati con sovrapposizioni di colori che si animano creando delicate sfumature e trasparenze oppure su campi opachi, monocromi o di reminescenza fauvistica, staglia abbozzi di forme restituite con estrema sintesi. Si nota un contrasto tra spigolosità e armonia dei colori in alcune sue opere che rendono ancor più intensa la rappresentazione, per il valore semantico aggiunto. Sagome senza volto, senza identità sottolineano l’incomunicabilità nell’epoca della comunicazione per eccellenza. Una comunicazione orizzontale che perde profondità, quale valore fondamentale delle relazioni umane. Ma sono anche figure primigenie, all’origine della razza umana, senza colpa né peccato dove si percepisce nei dittici una certa distanza tra i generi maschile e femminile, in cui vengono raffigurati insieme ma nel contempo raggiungendo una determinata sintesi formale, il tutto sembra somigliarsi e perde l’identità dello specifico assurgendo a immagine universale.
Presenze concepite come un gioco di negativo e positivo su ambienti resi con pennellate ora morbide e sfumate ora dense e materiche, pur nella incompletezza manifestano un equilibrio compositivo mentre il colore stesso guazzato suggerisce la rappresentazione figurale.
Gli acquerelli acquistano per la loro stessa natura, rispetto alle altre tecniche pittoriche usate, freschezza e luminosità in una narrazione che pone al centro momenti appartenenti alla nostra esistenza.
Salvo Ferrara
Scatti veloci capaci di cogliere frammenti del reale, momenti della quotidianità dove sguardi, gesti, volti, brani urbani ridisegnano una città in movimento. Immagini sospese tra il reale e l’immaginario dove è proprio la sovrapposizione a consegnarci una realtà “altra” e dove il dettaglio, a volte ricercato, viene annullato dalla resa sfocata.
Segni del mondo vissuto diventano parte di una composizione che si muove tra il calcolo e la casualità. Quasi una sfida sembra essere quella di Salvo Ferrara che con un semplice click cattura pezzi di mondo usando una macchina fotografica economica e di plastica, Holga, giocattolo di luce velocissima che farebbe tanto discutere i “puristi” del settore.
La sua ricerca si pone in bilico tra la visione nitida e mossa, tra il puntuale e l’impreciso, indirizzata al superamento di una fotografia che documenta e a favore di istanti estrapolati da una realtà che non permette l’esatta messa a fuoco di un’immagine obiettiva del mondo, orientandosi verso una fotografia come registrazione istantanea di un desiderio, di una passione, di un pensiero che si affranca dalla consistenza del mondo visibile.
Immagini fotografiche che tracciano il percorso artistico e quotidiano della sperimentazione di Ferrara che propone la propria visione della realtà e delle sue metamorfosi con soggetti diversi che raccontano il nostro tempo in bianco e nero.
Piero Roccasalvo Rub
Un trittico di corpi emergono da sfondi neri; sono corpi mancanti o di testa o di braccia pur conservando una veridicità plastica grazie alla conoscenza della tecnica e allo studio della luce che contraddistinguono la ricerca di Piero Roccasalvo Rub.
Volti dei quali si conserva solo un vago profilo che stagliati sul nero rivelano maggiore intensità e drammaticità, concepiti con forza di sintesi compositiva e rappresentativa. E’ il corpo che primeggia in questi dipinti, che si mostra però con discrezione e grande capacità introspettiva. Non c’è nulla di gratuito né di consolatorio in queste opere e nella indagine che conduce l’artista la materia diventa corpo, plasticità che porta in sé il concetto di spiritualità essendo ogni elemento spirituale “corpo”. Nel congiungere il dionisiaco e l’apollineo, carne e spirito si mostrano secondo canoni visivi inconsueti, e lo sguardo - rivelatore di emozioni e di passioni - assume in questo contesto un valore concettuale, quale metafora di esperienze umane ed esistenziali: la Madonna-Attesa volge lo sguardo verso l’alto fermandosi però al soffitto, mentre le teste lo rivolgono verso il basso. Tale valore dato alle sue opere affonda le radici nelle ragioni dell’uomo, guardando appunto verso il basso, alla condizione umana, rimanendo ancorato alla realtà senza aspirare alla trascendenza. Non vi è la pretesa di voler sconfinare orizzonti non appartenenti alla dimensione dell’uomo, ma la volontà di addentrarsi nel mondo che ci appartiene e che lascia irrisolti i quesiti, dando spazio al mistero, all’incognita e ad una condizione che sfugge alla razionalità e progettualità umana.
Nero-corpi-teste-attese formano il palinsesto su cui si muove Piero Roccasalvo Rub sottolineando pittoricamente il passaggio di ognuno di noi nella consistenza “liquida” della vita.
Francesco Lopes e Francesca Costanzo
Nell’ambito della sperimentazione contemporanea si sta assistendo ad un inarrestabile sviluppo della videoart, dove entrano in gioco differenti percezioni sensoriali a noi, ormai, familiari nell’era mediatica delle manipolazioni di immagini e del virtuale.
L’opera di Francesco Lopes e Francesca Costanzo, composta da una serie di fermo-immagine e fotografie con un sottofondo musicale a commento delle stesse, affronta il tema del tempo, dell’attimo che dilatando i propri confini verso uno spazio infinito, annulla la presenza dell’uomo. La ricerca pone attenzione sul valore della memoria, in un’epoca in cui la sua importanza viene svilita da un generale impoverimento dell’uomo e del suo agire, diventando, questa video narrazione, un incisivo documento della società attuale e una metafora dell’essere. Zone di verde, dove tra sterpaglia ed erba che circoscrivono, spesso, territori abbrutiti dall’incuria e dall’abbandono, si adagiano frammenti anatomici, braccia, gambe di donna distese, buttate via, capovolte. Un frazionamento del corpo che testimonia l’assenza di unità, di armonia e di un vivere che sempre più si avvicina al proprio disfacimento. La donna, simbolo di macrocontenitore, ventre sociale, genera la vita, l’arte, la critica, assumendo una valenza semantica concettuale che la lega all’ecosistema e al nostro modo di usarlo, viverlo, sfruttarlo.
Queste immagini creano spaesamento nel loro mostrarsi parzialmente ma non ostentano i temi struggenti che trattano; sono immagini che sussurrano, suggeriscono, fanno percepire il resto nella costruzione mentale di ciò che non viene né detto né visto. Attraverso la tecnica della dissolvenza, il sapore aspro e duro dei frammenti di un vissuto umano si attenua, lasciandosi i corpi attraversare dai segni del luogo che attribuiscono all’intera immagine una certa soavità, smussando gli angoli acuti del dramma del vivere.
Ornella Fazzina
Su sembianze umane che sembrano larve, evanescenze e inconsistenze figurative si incentra la ricerca di Chicco Calleri il quale, su sfondi disomogenei realizzati con sovrapposizioni di colori che si animano creando delicate sfumature e trasparenze oppure su campi opachi, monocromi o di reminescenza fauvistica, staglia abbozzi di forme restituite con estrema sintesi. Si nota un contrasto tra spigolosità e armonia dei colori in alcune sue opere che rendono ancor più intensa la rappresentazione, per il valore semantico aggiunto. Sagome senza volto, senza identità sottolineano l’incomunicabilità nell’epoca della comunicazione per eccellenza. Una comunicazione orizzontale che perde profondità, quale valore fondamentale delle relazioni umane. Ma sono anche figure primigenie, all’origine della razza umana, senza colpa né peccato dove si percepisce nei dittici una certa distanza tra i generi maschile e femminile, in cui vengono raffigurati insieme ma nel contempo raggiungendo una determinata sintesi formale, il tutto sembra somigliarsi e perde l’identità dello specifico assurgendo a immagine universale.
Presenze concepite come un gioco di negativo e positivo su ambienti resi con pennellate ora morbide e sfumate ora dense e materiche, pur nella incompletezza manifestano un equilibrio compositivo mentre il colore stesso guazzato suggerisce la rappresentazione figurale.
Gli acquerelli acquistano per la loro stessa natura, rispetto alle altre tecniche pittoriche usate, freschezza e luminosità in una narrazione che pone al centro momenti appartenenti alla nostra esistenza.
Salvo Ferrara
Scatti veloci capaci di cogliere frammenti del reale, momenti della quotidianità dove sguardi, gesti, volti, brani urbani ridisegnano una città in movimento. Immagini sospese tra il reale e l’immaginario dove è proprio la sovrapposizione a consegnarci una realtà “altra” e dove il dettaglio, a volte ricercato, viene annullato dalla resa sfocata.
Segni del mondo vissuto diventano parte di una composizione che si muove tra il calcolo e la casualità. Quasi una sfida sembra essere quella di Salvo Ferrara che con un semplice click cattura pezzi di mondo usando una macchina fotografica economica e di plastica, Holga, giocattolo di luce velocissima che farebbe tanto discutere i “puristi” del settore.
La sua ricerca si pone in bilico tra la visione nitida e mossa, tra il puntuale e l’impreciso, indirizzata al superamento di una fotografia che documenta e a favore di istanti estrapolati da una realtà che non permette l’esatta messa a fuoco di un’immagine obiettiva del mondo, orientandosi verso una fotografia come registrazione istantanea di un desiderio, di una passione, di un pensiero che si affranca dalla consistenza del mondo visibile.
Immagini fotografiche che tracciano il percorso artistico e quotidiano della sperimentazione di Ferrara che propone la propria visione della realtà e delle sue metamorfosi con soggetti diversi che raccontano il nostro tempo in bianco e nero.
Piero Roccasalvo Rub
Un trittico di corpi emergono da sfondi neri; sono corpi mancanti o di testa o di braccia pur conservando una veridicità plastica grazie alla conoscenza della tecnica e allo studio della luce che contraddistinguono la ricerca di Piero Roccasalvo Rub.
Volti dei quali si conserva solo un vago profilo che stagliati sul nero rivelano maggiore intensità e drammaticità, concepiti con forza di sintesi compositiva e rappresentativa. E’ il corpo che primeggia in questi dipinti, che si mostra però con discrezione e grande capacità introspettiva. Non c’è nulla di gratuito né di consolatorio in queste opere e nella indagine che conduce l’artista la materia diventa corpo, plasticità che porta in sé il concetto di spiritualità essendo ogni elemento spirituale “corpo”. Nel congiungere il dionisiaco e l’apollineo, carne e spirito si mostrano secondo canoni visivi inconsueti, e lo sguardo - rivelatore di emozioni e di passioni - assume in questo contesto un valore concettuale, quale metafora di esperienze umane ed esistenziali: la Madonna-Attesa volge lo sguardo verso l’alto fermandosi però al soffitto, mentre le teste lo rivolgono verso il basso. Tale valore dato alle sue opere affonda le radici nelle ragioni dell’uomo, guardando appunto verso il basso, alla condizione umana, rimanendo ancorato alla realtà senza aspirare alla trascendenza. Non vi è la pretesa di voler sconfinare orizzonti non appartenenti alla dimensione dell’uomo, ma la volontà di addentrarsi nel mondo che ci appartiene e che lascia irrisolti i quesiti, dando spazio al mistero, all’incognita e ad una condizione che sfugge alla razionalità e progettualità umana.
Nero-corpi-teste-attese formano il palinsesto su cui si muove Piero Roccasalvo Rub sottolineando pittoricamente il passaggio di ognuno di noi nella consistenza “liquida” della vita.
Francesco Lopes e Francesca Costanzo
Nell’ambito della sperimentazione contemporanea si sta assistendo ad un inarrestabile sviluppo della videoart, dove entrano in gioco differenti percezioni sensoriali a noi, ormai, familiari nell’era mediatica delle manipolazioni di immagini e del virtuale.
L’opera di Francesco Lopes e Francesca Costanzo, composta da una serie di fermo-immagine e fotografie con un sottofondo musicale a commento delle stesse, affronta il tema del tempo, dell’attimo che dilatando i propri confini verso uno spazio infinito, annulla la presenza dell’uomo. La ricerca pone attenzione sul valore della memoria, in un’epoca in cui la sua importanza viene svilita da un generale impoverimento dell’uomo e del suo agire, diventando, questa video narrazione, un incisivo documento della società attuale e una metafora dell’essere. Zone di verde, dove tra sterpaglia ed erba che circoscrivono, spesso, territori abbrutiti dall’incuria e dall’abbandono, si adagiano frammenti anatomici, braccia, gambe di donna distese, buttate via, capovolte. Un frazionamento del corpo che testimonia l’assenza di unità, di armonia e di un vivere che sempre più si avvicina al proprio disfacimento. La donna, simbolo di macrocontenitore, ventre sociale, genera la vita, l’arte, la critica, assumendo una valenza semantica concettuale che la lega all’ecosistema e al nostro modo di usarlo, viverlo, sfruttarlo.
Queste immagini creano spaesamento nel loro mostrarsi parzialmente ma non ostentano i temi struggenti che trattano; sono immagini che sussurrano, suggeriscono, fanno percepire il resto nella costruzione mentale di ciò che non viene né detto né visto. Attraverso la tecnica della dissolvenza, il sapore aspro e duro dei frammenti di un vissuto umano si attenua, lasciandosi i corpi attraversare dai segni del luogo che attribuiscono all’intera immagine una certa soavità, smussando gli angoli acuti del dramma del vivere.
Ornella Fazzina
11
agosto 2011
Di Miti e di Mari – 4 dreams
Dall'undici agosto all'undici settembre 2011
arte contemporanea
Location
MONASTERO DEL SANTISSIMO SALVATORE
Noto, Corso Vittorio Emanuele, (Siracusa)
Noto, Corso Vittorio Emanuele, (Siracusa)
Vernissage
11 Agosto 2011, ore 20,00
Autore
Curatore