Capita che il personaggio sopravanzi il suo ruolo di artista. Se poi vivi su un'isola e in una colonia di artisti vuol dire che hai scelto definitivamente il tuo ruolo nella vita tra i mille che hai interpretato e che intendi perseguire il tuo scopo accanendoti sulla tela con sfondi neri bituminosi dai quali strappi via elementi colorati. Non c'è gusto della bellezza, non ci sono quadri sfolgoranti ma una ricerca che si intende continua rabbiosa e allegra nello stesso tempo e che produce quadri opachi con sprazzi di colore sicuramente energetica sicuramente soddisfacente per l'artista, enigmatica per chi affronti il quadro. Sicuramente ci saranno riferimenti all'informel della storia della pittura francese del novecento. Sicuramente la posizione dell'artista (molto impegnato sul sociale, giornalista e già Coordinatore della Comunicazione di Amnesty International) fa capolino come ricordo riferimento o negazione in quello che poi il pittore accomoda sulla tela. Un colore arido e secco di fondo, un a tratti fantasmagorico universo colorato di segni coloratissimi che a volte rimandano ai segni primitivi di Basquiat (azzardiamo) a volte esplodono in un aggraziato girotondo di colori a volte questi emergono dallo sfondo come se risalissero in superficie grattando un po' l'unità del quadro. Non conosciamo abbastanza l'arte del pittore per attribuirgli epigoni o, più interessante, padri o padrini. Ci sembra felice folle coraggioso, in quest'ordine.

Antonella Greco
Carlo Severati