Giampaolo Prearo e Massimo Ferrarotti
presentano una piccola monografia di DOMENICO DAVID
curata da Carlo Franza


(...) A proposito del “Trittico” (ogni parte 180 x 200 e un totale di 180 x 600 cm) la personalità di David risulta sia nelle figure più geometriche, quanto in quelle più libere, di oggi, in uno spazio quasi atmosferico. Per di più sarebbe a mio avviso assurdo descrivere queste pitture, come parrebbe assurdo descrivere ogni pittura, ma l’accenno alla memoria di un cielo o di una limpida luce notturna non è casuale. Dopo aver parlato di ricerche, di esperienze, di tentativi, si può anche parlare di poesia. Ora gli elementi che la determinano in un piano astratto non appartengono alla divina proporzione, sono forme che si aggregano o si disgregano in continui rapporti dimensionali e tonali, costruendo una spazialità non misurabile o pur modulata nella luce che la rivela. Per quanto oggettivato dal cielo, David non ha dimenticato la luce di una terra e di una civiltà. (...)
(estratto dal testo critico di Carlo Franza)