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Domenico Napolitano – Le città invisibili
Saranno esposte in mostra le opere recenti: dipinti, gouaches, fotografie e video.
Comunicato stampa
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Venerdi 9 Ottobre 2009, alle ore 18.00, si inaugura alla Reggia di Caserta, la personale di Domenico Napolitano.
Nel testo critico che accompagna la mostra, scrive Giorgio Agnisola:
La produzione recente di Domenico Napolitano sembra oscillare tra i due opposti del dinamismo e della staticità. Due opposti che si connotano anche all’interno dei procedimenti tecnici e dei meccanismi espressivi che l’artista ha posto in essere nel suo lavoro: come l’estrema lentezza delle riprese che caratterizza alcuni suoi video e per converso l’allusione alla vita frenetica delle metropoli, di cui l’artista sembra catturare un frammento, come in un attimo di sospensione, fuori dal tempo.
E’ propriamente qui, in questa operazione di ancoraggio all’istante, in cui sembrano coniugarsi dialetticamente le aspirazioni al finito e all’infinito, che l’opera di Napolitano rinviene il senso di un percorso meditato e sotteso da una inconscia tensione drammatica e provocatoria.
Un percorso di indubbio interesse, che colloca l’artista nel registro della produzione presente da seguire accuratamente.
Saranno esposte in mostra le opere recenti: dipinti, gouaches, fotografie e video.
DOMENICO NAPOLITANO
Le città invisibili
La produzione recente di Domenico Napolitano sembra oscillare tra i due opposti del dinamismo e della staticità. Due opposti che si connotano anche all’interno dei procedimenti tecnici e dei meccanismi espressivi che l’artista ha posto in essere nel suo lavoro: come l’estrema lentezza delle riprese che caratterizza alcuni suoi video e per converso l’allusione alla vita frenetica delle metropoli, di cui l’artista sembra catturare un frammento, come in un attimo di sospensione, fuori dal tempo.
E’ propriamente qui, in questa operazione di ancoraggio all’istante, in cui sembrano coniugarsi dialetticamente le aspirazioni al finito e all’infinito, che l’opera di Napolitano rinviene il senso di un percorso meditato e sotteso da una inconscia tensione drammatica e provocatoria. Un percorso di indubbio interesse, che colloca l’artista nel registro della produzione presente da seguire accuratamente.
I due luoghi infatti della ricerca, il frammento temporale e l’allusione al movimento, un movimento peraltro senza principio e senza fine, colto nel suo divenire, non mirano a decifrare una dicotomia espressiva o una ambiguità di senso, ma sono funzionali al contenuto stesso del suo discorso, mai disancorato dalla realtà, ma fondamentalmente visionario. Nella sua arte prevale una tensione centripeta, un orizzonte introiettivo. L’artista punta cioè a delineare quello stato di sospensione interiore che è un oltre rispetto alla pura riflessione: riflessione soprattutto sociale, ma anche personale ed esistenziale, rifiltrata dalla memoria.
Nell’arte di Napolitano invero i due momenti, quello della lettura concitata e della allusione tesa e quasi allarmata ad una realtà corrosiva, inquietante e inquinata, che porta sovente l’artista a inseguire con il suo obiettivo fotografico la quotidianità e la cronaca, e la sua rifiltrazione in un clima immobile e angosciante, coincidono, prendono forma e identità all’interno di una dimensione percettiva che apre all’invisibile, all’oscuro, all’inconscio. E’ singolare ad esempio che l’artista assuma di fronte alla sua stessa ricerca un atteggiamento distaccato. Anche il suo modo di leggere la realtà appare in definitiva una esplorazione a distanza, compiuta senza essere visto, estranea, magari nel chiuso di una stanza.
In realtà il suo atteggiamento, mentre per un verso esemplifica le sue modalità di lavoro, la qualità e il taglio della sua indagine, attenta a cogliere segreti e forme della vita, come in un contesto di flusso indistinto, contemporaneamente tradisce una attenta rianalisi interna dello sguardo e una sua elaborazione, sia attraverso l’impaginazione dell’opera che attraverso il suo filtro emozionale. Una riprova di ciò è rappresentato dagli interventi che l’artista compie sulle stesse fotografie, con codici alfanumerici o semplici sovrapposizioni formali.
Dunque un invisibile surreale e fantastico caratterizza, aperto sovente all’assurdo: da cui la fisionomia grottesca di molte opere, soprattutto quelle dipinte, come le tempere e gli smalti idrosintetici de “le città invisibili”: citazioni del reale, luoghi e spazi della sua terra, che l’artista esplora con occhio teso e disincantato. In questa chiave interpretativa, entro un universo geografico dilatato, si leggono i suoi still da video (da Barcellona, da Bratislava): letture sommerse di una realtà in movimento che acquista nella posa statica ma anche inquietante del frammento e della sua rilettura in chiave concettuale la doppia e contemporanea valenza di una percezione interna della vita e di una sua lettura fisica, instancabile, quasi ossessiva; e altresì i suoi taccuini di viaggio, le sue piazze, le sue isole: opere segnate dal rosso infuocato e apocalittico, in cui si legge tutto l’ avvertimento doloroso dell’artista di un mondo perso, in decomposizione.
E’ interessante notare come il cromatismo di queste opere non introduca ad un senso di morte, di fine, ma entri per così dire nel vivo della sofferenza percettiva, introduca l’osservatore ad una dinamica in atto: dinamica perversa che allude alle catastrofi interne ed esterne dell’esistenza quotidiana, spesso eluse, mimetizzate eppure attive, sotterraneamente, nella vita individuale e collettiva.
L’ allusione ad emblematici paesaggi urbani e naturali dell’area campana ( Piazza Plebiscito, Bagnoli, il Vesuvio) acquista in questo contesto un significato preciso, di denuncia, ma anche di presa in carico sincera di una responsabilità umana e sociale.
Su di un versante più intimistico, con una cifra maggiormente legata al segno e alle sue dinamiche e potenzialità espressive in chiave astratto-simbolica, le fotografie digitali, ancora tratte da video, sono giocate su un terreno fantastico, in bilico tra linguaggio grafico e gioco formale.
In una prospettiva più narrativa si inquadrano le immagini fotografiche, che descrivono ancora luoghi e contesti del degrado ambientale del territorio campano, ma con una insolita, lieve, finissima ironia.
Infine i video. Alcuni sono ancora centrati sulla tensione esasperante delle riprese rallentate, altri interpretano in apparenza situazioni differenti, legate soprattutto alle tradizioni locali e alle sue rappresentazioni simboliche. Eppure anche qui l’artista interviene con un singolare taglio interpretativo: ancora drammatico, teso ad entrare dentro il simbolo, a documentarlo cioè dall’interno, quasi a volerne scavare l’ombra nascosta e contemporaneamente ad esaltarne il mito.
Giorgio Agnisola
Nel testo critico che accompagna la mostra, scrive Giorgio Agnisola:
La produzione recente di Domenico Napolitano sembra oscillare tra i due opposti del dinamismo e della staticità. Due opposti che si connotano anche all’interno dei procedimenti tecnici e dei meccanismi espressivi che l’artista ha posto in essere nel suo lavoro: come l’estrema lentezza delle riprese che caratterizza alcuni suoi video e per converso l’allusione alla vita frenetica delle metropoli, di cui l’artista sembra catturare un frammento, come in un attimo di sospensione, fuori dal tempo.
E’ propriamente qui, in questa operazione di ancoraggio all’istante, in cui sembrano coniugarsi dialetticamente le aspirazioni al finito e all’infinito, che l’opera di Napolitano rinviene il senso di un percorso meditato e sotteso da una inconscia tensione drammatica e provocatoria.
Un percorso di indubbio interesse, che colloca l’artista nel registro della produzione presente da seguire accuratamente.
Saranno esposte in mostra le opere recenti: dipinti, gouaches, fotografie e video.
DOMENICO NAPOLITANO
Le città invisibili
La produzione recente di Domenico Napolitano sembra oscillare tra i due opposti del dinamismo e della staticità. Due opposti che si connotano anche all’interno dei procedimenti tecnici e dei meccanismi espressivi che l’artista ha posto in essere nel suo lavoro: come l’estrema lentezza delle riprese che caratterizza alcuni suoi video e per converso l’allusione alla vita frenetica delle metropoli, di cui l’artista sembra catturare un frammento, come in un attimo di sospensione, fuori dal tempo.
E’ propriamente qui, in questa operazione di ancoraggio all’istante, in cui sembrano coniugarsi dialetticamente le aspirazioni al finito e all’infinito, che l’opera di Napolitano rinviene il senso di un percorso meditato e sotteso da una inconscia tensione drammatica e provocatoria. Un percorso di indubbio interesse, che colloca l’artista nel registro della produzione presente da seguire accuratamente.
I due luoghi infatti della ricerca, il frammento temporale e l’allusione al movimento, un movimento peraltro senza principio e senza fine, colto nel suo divenire, non mirano a decifrare una dicotomia espressiva o una ambiguità di senso, ma sono funzionali al contenuto stesso del suo discorso, mai disancorato dalla realtà, ma fondamentalmente visionario. Nella sua arte prevale una tensione centripeta, un orizzonte introiettivo. L’artista punta cioè a delineare quello stato di sospensione interiore che è un oltre rispetto alla pura riflessione: riflessione soprattutto sociale, ma anche personale ed esistenziale, rifiltrata dalla memoria.
Nell’arte di Napolitano invero i due momenti, quello della lettura concitata e della allusione tesa e quasi allarmata ad una realtà corrosiva, inquietante e inquinata, che porta sovente l’artista a inseguire con il suo obiettivo fotografico la quotidianità e la cronaca, e la sua rifiltrazione in un clima immobile e angosciante, coincidono, prendono forma e identità all’interno di una dimensione percettiva che apre all’invisibile, all’oscuro, all’inconscio. E’ singolare ad esempio che l’artista assuma di fronte alla sua stessa ricerca un atteggiamento distaccato. Anche il suo modo di leggere la realtà appare in definitiva una esplorazione a distanza, compiuta senza essere visto, estranea, magari nel chiuso di una stanza.
In realtà il suo atteggiamento, mentre per un verso esemplifica le sue modalità di lavoro, la qualità e il taglio della sua indagine, attenta a cogliere segreti e forme della vita, come in un contesto di flusso indistinto, contemporaneamente tradisce una attenta rianalisi interna dello sguardo e una sua elaborazione, sia attraverso l’impaginazione dell’opera che attraverso il suo filtro emozionale. Una riprova di ciò è rappresentato dagli interventi che l’artista compie sulle stesse fotografie, con codici alfanumerici o semplici sovrapposizioni formali.
Dunque un invisibile surreale e fantastico caratterizza, aperto sovente all’assurdo: da cui la fisionomia grottesca di molte opere, soprattutto quelle dipinte, come le tempere e gli smalti idrosintetici de “le città invisibili”: citazioni del reale, luoghi e spazi della sua terra, che l’artista esplora con occhio teso e disincantato. In questa chiave interpretativa, entro un universo geografico dilatato, si leggono i suoi still da video (da Barcellona, da Bratislava): letture sommerse di una realtà in movimento che acquista nella posa statica ma anche inquietante del frammento e della sua rilettura in chiave concettuale la doppia e contemporanea valenza di una percezione interna della vita e di una sua lettura fisica, instancabile, quasi ossessiva; e altresì i suoi taccuini di viaggio, le sue piazze, le sue isole: opere segnate dal rosso infuocato e apocalittico, in cui si legge tutto l’ avvertimento doloroso dell’artista di un mondo perso, in decomposizione.
E’ interessante notare come il cromatismo di queste opere non introduca ad un senso di morte, di fine, ma entri per così dire nel vivo della sofferenza percettiva, introduca l’osservatore ad una dinamica in atto: dinamica perversa che allude alle catastrofi interne ed esterne dell’esistenza quotidiana, spesso eluse, mimetizzate eppure attive, sotterraneamente, nella vita individuale e collettiva.
L’ allusione ad emblematici paesaggi urbani e naturali dell’area campana ( Piazza Plebiscito, Bagnoli, il Vesuvio) acquista in questo contesto un significato preciso, di denuncia, ma anche di presa in carico sincera di una responsabilità umana e sociale.
Su di un versante più intimistico, con una cifra maggiormente legata al segno e alle sue dinamiche e potenzialità espressive in chiave astratto-simbolica, le fotografie digitali, ancora tratte da video, sono giocate su un terreno fantastico, in bilico tra linguaggio grafico e gioco formale.
In una prospettiva più narrativa si inquadrano le immagini fotografiche, che descrivono ancora luoghi e contesti del degrado ambientale del territorio campano, ma con una insolita, lieve, finissima ironia.
Infine i video. Alcuni sono ancora centrati sulla tensione esasperante delle riprese rallentate, altri interpretano in apparenza situazioni differenti, legate soprattutto alle tradizioni locali e alle sue rappresentazioni simboliche. Eppure anche qui l’artista interviene con un singolare taglio interpretativo: ancora drammatico, teso ad entrare dentro il simbolo, a documentarlo cioè dall’interno, quasi a volerne scavare l’ombra nascosta e contemporaneamente ad esaltarne il mito.
Giorgio Agnisola
09
ottobre 2009
Domenico Napolitano – Le città invisibili
Dal 09 al 31 ottobre 2009
arte contemporanea
Location
REGGIA DI CASERTA
Caserta, Viale Douhet, 22, (Caserta)
Caserta, Viale Douhet, 22, (Caserta)
Orario di apertura
lunedì, mercoledì e venerdì 9.00 - 12.00 e 15.00 - 17.00, giovedì e sabato 9.00 - 11.00; martedì chiuso e su appuntamento
Vernissage
9 Ottobre 2009, ore 18
Autore
Curatore