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Donato Piccolo – Meccanismi d’instabilità
Nella mostra dal titolo “Meccanismi d’instabilità viene presentata l’ultima serie di opere dell’artista incentrate sul tema scientifico – meccanico e si propongono di analizzare fenomeni fisici trasformandoli in stati emozionali .
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Nell’ambito del Festival dei Due Mondi di Spoleto, lo Studio Matteo Boetti presenta la personale di Donato Piccolo presso la Casa Romana. L’evento è realizzato in collaborazione con il Comune di Spoleto, Assessorato alla Cultura e Turismo, l’Associazione Collezionisti di Arte Contemporanea e la Banca Popolare di Spoleto, come sponsor unico.
Il titolo della mostra, “Meccanismi d’instabilità”, rivela il paradosso esistente tra il concetto di “meccanismo” come procedimento logico-stabile ed il suo stato instabile, percepito come alter-ego. Le opere realizzate per questo evento sono incentrate sul concetto scientifico-meccanico di analisi dei fenomeni fisici per trasformarli in stati emozionali.
In esposizione vi saranno due lavori di grande formato di cui un’opera audio-visiva che trasforma la pioggia in un esperienza uditiva ed un’altra incentrata sul concetto della rifrazione della luce come elemento di percezione diretto della realtà. Altre opere giocano invece sul concetto di tempo, riproducendo visivamente uragani di diverse dimensioni e forme. Saranno inoltre esposti i progetti d’artista per la mostra.
Donato Piccolo nasce a Roma nel 1976.
La sua arte varia dalla scultura all’istallazione cercando di evidenziare gli aspetti scientifici, filosofici ed evoluzionistici dell’essere umano. L’artista indaga su diversi fenomeni naturali ed emotivi utilizzando spesso strumenti tecnologici, meccanici e digitali per la realizzazione delle sue opere. L’arte di Piccolo analizza gli aspetti percettivi del mondo naturale attraverso uno studio attento delle diverse facoltà cognitive umane. Il suo operato artistico analizza gli aspetti naturali, fisici, biologici e scientifici, che sono alla base del vivere utilizzando come strumento l’aspetto emotivo.
Donato Piccolo ha esposto in diversi musei e gallerie internazionali in Italia e all’estero, Strasburgo, Parigi, Monaco, Montecarlo, Madrid, Miami, Rep. di San Marino. Nel 2007 ha partecipato alla 52ma Biennale di Venezia. E’ stato recentemente selezionato per partecipare all’ISCP Residence di New York.
Appunti instabili
di Anne Marie Sauzeau
Meccanismi di Instabilità: si tratta di calcolare l’ordine dei fenomeni per decifrare il loro disordine (paradosso: il caos rientra nel determinismo). Ed è proprio quel confine fluttuante a suscitare la tensione, l’emozione e l’esperienza del limite… Tra microcosmo percettivo/macrocosmo sensitivo, tra implosione mentale/esplosione elettrica.
Uragano di Donato Piccolo è una «scultura d’aria», un fenomeno di sintesi, di laboratorio, assai miracoloso: ricreato in una teca, perciò insieme artificiale e naturale. L’artista lo accende, poi lo spegne, e quando si spegne appare un piccolo arcobaleno o meglio rainbow (testualmente: l’ «arco della pioggia»).
Altre istallazioni/indagini:
Un cuore di phyrex e un circuito d’acqua tra due secchielli di zinco formano una struttura che non solo produce l’organigramma di un ritmo meccanico (matematico) ma forse una «pulsione» nel senso metaforico ed emotivo che Donato non esita a chiamare tachicardia (dell’acqua).
Tachicardia dell’acqua ovvero dall’inorganico all’organico, o alchimia degli elementi meccanici.
Qui la materia è quasi assente mentre forte è la presenza mentale che plasma la forma (questa presenza è l’artista).
Tutti i concetti utili per descrivere queste opere assumono un doppio senso: cosi «energia», «tensione», «pressione», «alternativo» si riferiscono sì alla corrente elettrica e all’aria scatenata in tempesta nella teca ma anche alla palpitazione, all’emozione in chi assiste al fenomeno.
Di lì… il « clima dell’anima », come dice Donato.
I suoi uragani sono indagini attorno a fenomeni naturali e alla risposta (percettiva, emotiva e cognitiva) di chi sta di fronte. L’esperimento lo interessa in quanto esplorazione/esplicazione dei limiti della percezione, con ipotesi di capacità future… per un’umanità tecnologicamente mutata?
L’uovo: Più del cuore trasparente, ecco la vita stessa, concentrata nella perfezione e nella potenzialità di un uovo. Donato Piccolo lo sottopone a varie intemperie e stress fisici nella teca, specie di incubatrice da incubo, luogo di torture prenatali.
Anche qui i sostantivi assumono doppia valenza, materiale e percettiva/emotiva: ad esempio «resistenza» (la resistenza elettrica impedisce all’impianto di esplodere, di autodistruggersi, mentre l’esperimento misura il limite di resistenza dell’uovo… e quindi, la sua esistenza).
Nella resistenza c’è l’esistenza. «Resistenza è esistenza» dice Donato Piccolo.
I titoli delle opere: come in quelle di Marcel Duchamp, sono parte integrante della proposta e forniscono la chiave di lettura della sperimentazione concettuale.
il «vertigo» dell’uragano, la «tachicardia» dell’acqua , l’«headache» (mal di testa) dell’uovo, confermano il chiasma fenomenologico che avviene tra l’inorganico e l’organico, tra la macchina trasparente e chi ne percepisce il funzionamento (senza dimenticare l’artista stesso!)
Si sfiora il tema dell’intelligenza artificiale: quale sarà un giorno il confine tra la macchina che riproduce –perfezionandolo - il meccanismo cerebrale, la cognizione naturale della vertigine, dell’affanno o del dolore?
Gli eventi sotto teche di Piccolo appartengono alla famiglia della Macchine Celibi, dalla Broyeuse de chocolat preliminare al definitivo Gran Vetro di Duchamp: la Mariée mise à nu par ses célibataires même, è senza contatto con i propri spasimanti - e perciò senza amore - ma non le manca la capacità di generare percezioni, emozioni ed illuminazioni cognitive nelle sagome maschili dei «Moules mâliques»! (e altrettando in noi, i «regardeurs» come diceva Duchamp)
Le «macchine celibi» di Piccolo non sono oggetti formali compiuti (sculture) ma manifestazioni di fenomeni fisici e di «volontà percettiva, umana».
Si tratta di verifica di un’idea, anche come capacità di leggere nel tempo, anticipando gli estremi sviluppi possibili di un fenomeno (esplosione – movimento casuale – caos).
Opere come generatori di emozioni fino agli estremi dell’esperienza sensoriale umana, fino alla resistenza massima.
La doppia ricerca non è scissa ma intimamente connessa, (si tratta comunque di controllabilità nella dinamicità).
Ammissione quasi romantica di Donato:
«La forma dell’aria è plasmata dall’atmosfera ed interpretata dalla mente ed alcune volte dal cuore»
Nella domus di Spoleto, nell’inpluvium al centro dell’atrio, la grande teca chiamata I hope inpluvium offre un sorprendente salto nella fantascienza rispetto ai tempi dell’antichità romana: rinchiude nella sua trasparenza getti d’acqua con amplificazione del sonoro. Non si tratta certo di una dolce pioggia benefica, nemmeno di un getto d’acqua gorgheggiante in una fontana, bensì di un esperimento violento che costringe e devia l’acqua imprigionata nella sua gabbia: i getti si infrangono contro le pareti e scontrandosi formano vortici sempre più aggrovigliati.
Mentre il bel atrium rimane immobile e asciutto, residuo archeologico del passato, al centro avviene un finimondo apocalittico sotto bacheca: qui c’è un’altra instabilità, quella del vuoto e della lotta furibonda dell’acqua prigioniera, grondante di sospiri e lamenti.
Donato «spera», che cosa? Forse che l’inversione del tempo rianimi l’inpluvium antico, con le fontane e il giardino? Personalmente avverto un affascinante finimondo, come un modello da laboratorio in vista del Diluvio, ad esempio quelli disegnati dal vecchio Leonardo alla corte di Francesco I in Francia, dopo decenni di ossessiva inchiesta sulla potenza dell’acqua, del vento e della luce - sulla terra, nel cielo e sulla carta da disegno…
Il sonoro rimbomba nell’atrium e nel nostro cervello; lo allarma e lo affoga, ponendoci la domanda: da quell’urto verrà fuori forse una nuova ecologia mentale, una nuova sensibilità? È questo lo «hope»?
Autolight, o autorifrangenza. Gioco di parola su «auto», come self e come carrozzeria…
Certo il rifrangere non è il riflettere: nel riflettere la superfice restituisce le immagini attorno e si parla appunto di immagine riflessa (direi che il riflettere è «figurativo»); nel rifrangere invece, la superfice capta la luce senza distinguere le forme e la rimanda amplificata (direi che il rifrattare è «astratto»).
Così a Spoleto la carrozzeria di Autolight, catapultata dal futuro con fari accesi nella tranquilla domus romana, risulta come «oggetto volante non identificato (OVNI o UFO)». Diventa una massa minacciosa, tanto acceccante da essere paradossalmente quasi invisibile.
Invisibile, intangibile, forse sarà anti-materia?
Comunque piacerebbe a David Cronenberg… Se l’Autolight di Piccolo fosse montata su ruote, munita di motore e messa in autostrada, non sarebbe quasi visibile ma seminerebbe stragi incalcolabili…
Il titolo della mostra, “Meccanismi d’instabilità”, rivela il paradosso esistente tra il concetto di “meccanismo” come procedimento logico-stabile ed il suo stato instabile, percepito come alter-ego. Le opere realizzate per questo evento sono incentrate sul concetto scientifico-meccanico di analisi dei fenomeni fisici per trasformarli in stati emozionali.
In esposizione vi saranno due lavori di grande formato di cui un’opera audio-visiva che trasforma la pioggia in un esperienza uditiva ed un’altra incentrata sul concetto della rifrazione della luce come elemento di percezione diretto della realtà. Altre opere giocano invece sul concetto di tempo, riproducendo visivamente uragani di diverse dimensioni e forme. Saranno inoltre esposti i progetti d’artista per la mostra.
Donato Piccolo nasce a Roma nel 1976.
La sua arte varia dalla scultura all’istallazione cercando di evidenziare gli aspetti scientifici, filosofici ed evoluzionistici dell’essere umano. L’artista indaga su diversi fenomeni naturali ed emotivi utilizzando spesso strumenti tecnologici, meccanici e digitali per la realizzazione delle sue opere. L’arte di Piccolo analizza gli aspetti percettivi del mondo naturale attraverso uno studio attento delle diverse facoltà cognitive umane. Il suo operato artistico analizza gli aspetti naturali, fisici, biologici e scientifici, che sono alla base del vivere utilizzando come strumento l’aspetto emotivo.
Donato Piccolo ha esposto in diversi musei e gallerie internazionali in Italia e all’estero, Strasburgo, Parigi, Monaco, Montecarlo, Madrid, Miami, Rep. di San Marino. Nel 2007 ha partecipato alla 52ma Biennale di Venezia. E’ stato recentemente selezionato per partecipare all’ISCP Residence di New York.
Appunti instabili
di Anne Marie Sauzeau
Meccanismi di Instabilità: si tratta di calcolare l’ordine dei fenomeni per decifrare il loro disordine (paradosso: il caos rientra nel determinismo). Ed è proprio quel confine fluttuante a suscitare la tensione, l’emozione e l’esperienza del limite… Tra microcosmo percettivo/macrocosmo sensitivo, tra implosione mentale/esplosione elettrica.
Uragano di Donato Piccolo è una «scultura d’aria», un fenomeno di sintesi, di laboratorio, assai miracoloso: ricreato in una teca, perciò insieme artificiale e naturale. L’artista lo accende, poi lo spegne, e quando si spegne appare un piccolo arcobaleno o meglio rainbow (testualmente: l’ «arco della pioggia»).
Altre istallazioni/indagini:
Un cuore di phyrex e un circuito d’acqua tra due secchielli di zinco formano una struttura che non solo produce l’organigramma di un ritmo meccanico (matematico) ma forse una «pulsione» nel senso metaforico ed emotivo che Donato non esita a chiamare tachicardia (dell’acqua).
Tachicardia dell’acqua ovvero dall’inorganico all’organico, o alchimia degli elementi meccanici.
Qui la materia è quasi assente mentre forte è la presenza mentale che plasma la forma (questa presenza è l’artista).
Tutti i concetti utili per descrivere queste opere assumono un doppio senso: cosi «energia», «tensione», «pressione», «alternativo» si riferiscono sì alla corrente elettrica e all’aria scatenata in tempesta nella teca ma anche alla palpitazione, all’emozione in chi assiste al fenomeno.
Di lì… il « clima dell’anima », come dice Donato.
I suoi uragani sono indagini attorno a fenomeni naturali e alla risposta (percettiva, emotiva e cognitiva) di chi sta di fronte. L’esperimento lo interessa in quanto esplorazione/esplicazione dei limiti della percezione, con ipotesi di capacità future… per un’umanità tecnologicamente mutata?
L’uovo: Più del cuore trasparente, ecco la vita stessa, concentrata nella perfezione e nella potenzialità di un uovo. Donato Piccolo lo sottopone a varie intemperie e stress fisici nella teca, specie di incubatrice da incubo, luogo di torture prenatali.
Anche qui i sostantivi assumono doppia valenza, materiale e percettiva/emotiva: ad esempio «resistenza» (la resistenza elettrica impedisce all’impianto di esplodere, di autodistruggersi, mentre l’esperimento misura il limite di resistenza dell’uovo… e quindi, la sua esistenza).
Nella resistenza c’è l’esistenza. «Resistenza è esistenza» dice Donato Piccolo.
I titoli delle opere: come in quelle di Marcel Duchamp, sono parte integrante della proposta e forniscono la chiave di lettura della sperimentazione concettuale.
il «vertigo» dell’uragano, la «tachicardia» dell’acqua , l’«headache» (mal di testa) dell’uovo, confermano il chiasma fenomenologico che avviene tra l’inorganico e l’organico, tra la macchina trasparente e chi ne percepisce il funzionamento (senza dimenticare l’artista stesso!)
Si sfiora il tema dell’intelligenza artificiale: quale sarà un giorno il confine tra la macchina che riproduce –perfezionandolo - il meccanismo cerebrale, la cognizione naturale della vertigine, dell’affanno o del dolore?
Gli eventi sotto teche di Piccolo appartengono alla famiglia della Macchine Celibi, dalla Broyeuse de chocolat preliminare al definitivo Gran Vetro di Duchamp: la Mariée mise à nu par ses célibataires même, è senza contatto con i propri spasimanti - e perciò senza amore - ma non le manca la capacità di generare percezioni, emozioni ed illuminazioni cognitive nelle sagome maschili dei «Moules mâliques»! (e altrettando in noi, i «regardeurs» come diceva Duchamp)
Le «macchine celibi» di Piccolo non sono oggetti formali compiuti (sculture) ma manifestazioni di fenomeni fisici e di «volontà percettiva, umana».
Si tratta di verifica di un’idea, anche come capacità di leggere nel tempo, anticipando gli estremi sviluppi possibili di un fenomeno (esplosione – movimento casuale – caos).
Opere come generatori di emozioni fino agli estremi dell’esperienza sensoriale umana, fino alla resistenza massima.
La doppia ricerca non è scissa ma intimamente connessa, (si tratta comunque di controllabilità nella dinamicità).
Ammissione quasi romantica di Donato:
«La forma dell’aria è plasmata dall’atmosfera ed interpretata dalla mente ed alcune volte dal cuore»
Nella domus di Spoleto, nell’inpluvium al centro dell’atrio, la grande teca chiamata I hope inpluvium offre un sorprendente salto nella fantascienza rispetto ai tempi dell’antichità romana: rinchiude nella sua trasparenza getti d’acqua con amplificazione del sonoro. Non si tratta certo di una dolce pioggia benefica, nemmeno di un getto d’acqua gorgheggiante in una fontana, bensì di un esperimento violento che costringe e devia l’acqua imprigionata nella sua gabbia: i getti si infrangono contro le pareti e scontrandosi formano vortici sempre più aggrovigliati.
Mentre il bel atrium rimane immobile e asciutto, residuo archeologico del passato, al centro avviene un finimondo apocalittico sotto bacheca: qui c’è un’altra instabilità, quella del vuoto e della lotta furibonda dell’acqua prigioniera, grondante di sospiri e lamenti.
Donato «spera», che cosa? Forse che l’inversione del tempo rianimi l’inpluvium antico, con le fontane e il giardino? Personalmente avverto un affascinante finimondo, come un modello da laboratorio in vista del Diluvio, ad esempio quelli disegnati dal vecchio Leonardo alla corte di Francesco I in Francia, dopo decenni di ossessiva inchiesta sulla potenza dell’acqua, del vento e della luce - sulla terra, nel cielo e sulla carta da disegno…
Il sonoro rimbomba nell’atrium e nel nostro cervello; lo allarma e lo affoga, ponendoci la domanda: da quell’urto verrà fuori forse una nuova ecologia mentale, una nuova sensibilità? È questo lo «hope»?
Autolight, o autorifrangenza. Gioco di parola su «auto», come self e come carrozzeria…
Certo il rifrangere non è il riflettere: nel riflettere la superfice restituisce le immagini attorno e si parla appunto di immagine riflessa (direi che il riflettere è «figurativo»); nel rifrangere invece, la superfice capta la luce senza distinguere le forme e la rimanda amplificata (direi che il rifrattare è «astratto»).
Così a Spoleto la carrozzeria di Autolight, catapultata dal futuro con fari accesi nella tranquilla domus romana, risulta come «oggetto volante non identificato (OVNI o UFO)». Diventa una massa minacciosa, tanto acceccante da essere paradossalmente quasi invisibile.
Invisibile, intangibile, forse sarà anti-materia?
Comunque piacerebbe a David Cronenberg… Se l’Autolight di Piccolo fosse montata su ruote, munita di motore e messa in autostrada, non sarebbe quasi visibile ma seminerebbe stragi incalcolabili…
27
giugno 2009
Donato Piccolo – Meccanismi d’instabilità
Dal 27 giugno al 30 agosto 2009
arte contemporanea
Location
CASA ROMANA
Spoleto, Via Di Visiale, 9, (Perugia)
Spoleto, Via Di Visiale, 9, (Perugia)
Orario di apertura
tutti i giorni dalle 10.00 alle 20.00
Vernissage
27 Giugno 2009, ore 18
Autore
Curatore