Dopo circa sei anni, ritorna a Roma con una seconda personale l’artista norvegese Elisabet Norseng. La mostra, composta da una nuova serie di lavori su carta, conferma il rigore del suo peculiare stile linguistico che, con l’utilizzo di mezzi elementari, come colori ad acqua, inchiostro, carboncino, fa apparire sulla superficie dei fogli delle enigmatiche micro-presenze, segni imponderabili, tracce, ombre, puntini, ai limiti della visibilità e della “non-esistenza”.
L’intento della Norseng è di pilotare l’attenzione su altri piani della realtà, luoghi ideali privi di forme, la cui esplorazione esula di norma dalle abitudini percettive formatesi sulle immagini di un mondo medializzato. Il suo progetto è quello di istituire uno spazio specifico per indagare su esperienze sottorappresentate, sintetizzarne gli elementi e visualizzarne le relazioni.
Ma per poter arrivare a cogliere le relazioni, instabili e mutevoli, tra entità inafferrabili, sostiene l’artista, occorre potenziare la sensibilità e affinare la qualità della percezione. E questo incitamento sembra introdurre una connotazione morale nel suo lavoro, perché, come lei stessa sottolinea, esso in fondo mostra all’osservatore lo stesso tipo di relazioni che esiste fra gli esseri umani.

Elisabet Norseng è attiva soprattutto in Francia, dove vive, e nel Nord Europa. Ha esposto in numerosi musei e gallerie di Parigi, Oslo, Reykjavik, Bergen, Helsinki, Copenaghen, Goteborg.

La mostra è accompagnata da un volume, edito per l’occasione, con una serie di disegni dell’artista e i contributi critici di Marcello Carriero e Einar Petterson.