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Elizabeth McAlpine – Cinematic sediments
In mostra due tra i più significativi lavori di “geologia filmica”.
The Raid (2015) è la pellicola dell’omonimo film dispiegata in sette strisce di fotogrammi sovrapposti. The Ends è un ciclo di immagini basate sui ritagli e i resti del montaggio cinematografico.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Rita Urso è lieta di presentare la prima personale in
Italia dell’artista inglese Elizabeth McAlpine (Londra,
1973). Dopo i progetti espositivi dedicati al rapporto fra
temporalità e immagine filmica-fotografica, tenutesi in
galleria nell’ultimo biennio (L’immagine del tempo, 2014,
Ophelia, 2015), Rita Urso propone a Milano una delle
artiste che nell’ultimo decennio, con più convinzione
e approfondimento, ha indagato questo rapporto.
Ricorrendo spesso alla pellicola come mezzo espressivo
in sé, McAlpine si è sempre distinta all’interno del
panorama artistico che si occupa delle moving images
e delle pratiche filmiche per la sua attenzione al dato
materiale, al medium della pellicola in quanto tale, e per
la sua concezione stratigrafica del tempo, fatto molto
spesso di sovrapposizioni piuttosto che di scorrimento,
di profondità piuttosto che di durata. Per questa ragione
molte sue opere sono state proposte sia all’interno di
Festival cinematografici (in Canada, Scozia, Norvegia,
etc.) sia all’interno di prestigiose mostre collettive sul
tema: al Metropolitan Museum of Art di New York (2013),
al Perth Institute of Contemporary Art in Australia (2012
e 2013) alla Tate Modern di Londra e il Museum of the
Moving Image di New York (2008), e ad Art Basel (2006,
2010). Tra le sue mostre personali si distinguono, inoltre,
per continuità quelle realizzate per la galleria Laura
Bartlett di Londra (dal 2005) e presso la Laurel Gitlen di
New York (dal 2012).
La mostra personale dal titolo cinematic sediments
presenta per la prima volta una selezione di lavori
dell’artista tra quelli che meglio attestano il suo interesse
per questa speciale “geologia filmica”. La selezione
include sei type print del ciclo The Ends, iniziato nel 2013:
una serie di singole immagini basate su quei fotogrammi
residuali che costituiscono la fine fisica, piuttosto che
narrativa, del tempo filmico. Ricavati da pellicole 35mm,
questi lembi terminali hanno registrato l’accidentale
trattamento dell’uomo e del tempo (graffi, polvere,
sovraesposizioni, etc.) e vengono sovrimpressi tra loro
dall’artista, in una geologia ottica e temporale, che
dà (infine) luogo ad un’unica immagine che spesso si
risolve in un’apparizione aniconica: un vuoto centrale
innescato ai lati da sbavature e accesi aloni cromatici
che si determinano nella cosiddetta colonna sonora
della pellicola. Un secondo paradigmatico lavoro in
mostra sarà il recentissimo The Raid del 2015 in cui la
pellicola dell’omonimo film viene dispiegata su sette
strisce dall’artista, facendo in modo che i fotogrammi si
vengano a sovrapporre fisicamente, nascondendo così
la narrazione per mezzo della loro stessa materialità;
secondo un metodo che la stessa McAlpine ha adottato
in altre sue opere: “Mi attrae la materialità della pellicola
perché è l’unico medium nel quale tu possa dare una
testimonianza del tempo come qualcosa di fisico,
concreto; di un tempo dato cioè come lunghezza, come
qualcosa che puoi afferrare e che mi ricorda gli strati di
una roccia, dopo millenni”.
Il catalogo dedicato alla mostra è accompagnato da un
testo di Denis Viva, storico dell’arte e docente presso le
università di Trento e di Udine.
Italia dell’artista inglese Elizabeth McAlpine (Londra,
1973). Dopo i progetti espositivi dedicati al rapporto fra
temporalità e immagine filmica-fotografica, tenutesi in
galleria nell’ultimo biennio (L’immagine del tempo, 2014,
Ophelia, 2015), Rita Urso propone a Milano una delle
artiste che nell’ultimo decennio, con più convinzione
e approfondimento, ha indagato questo rapporto.
Ricorrendo spesso alla pellicola come mezzo espressivo
in sé, McAlpine si è sempre distinta all’interno del
panorama artistico che si occupa delle moving images
e delle pratiche filmiche per la sua attenzione al dato
materiale, al medium della pellicola in quanto tale, e per
la sua concezione stratigrafica del tempo, fatto molto
spesso di sovrapposizioni piuttosto che di scorrimento,
di profondità piuttosto che di durata. Per questa ragione
molte sue opere sono state proposte sia all’interno di
Festival cinematografici (in Canada, Scozia, Norvegia,
etc.) sia all’interno di prestigiose mostre collettive sul
tema: al Metropolitan Museum of Art di New York (2013),
al Perth Institute of Contemporary Art in Australia (2012
e 2013) alla Tate Modern di Londra e il Museum of the
Moving Image di New York (2008), e ad Art Basel (2006,
2010). Tra le sue mostre personali si distinguono, inoltre,
per continuità quelle realizzate per la galleria Laura
Bartlett di Londra (dal 2005) e presso la Laurel Gitlen di
New York (dal 2012).
La mostra personale dal titolo cinematic sediments
presenta per la prima volta una selezione di lavori
dell’artista tra quelli che meglio attestano il suo interesse
per questa speciale “geologia filmica”. La selezione
include sei type print del ciclo The Ends, iniziato nel 2013:
una serie di singole immagini basate su quei fotogrammi
residuali che costituiscono la fine fisica, piuttosto che
narrativa, del tempo filmico. Ricavati da pellicole 35mm,
questi lembi terminali hanno registrato l’accidentale
trattamento dell’uomo e del tempo (graffi, polvere,
sovraesposizioni, etc.) e vengono sovrimpressi tra loro
dall’artista, in una geologia ottica e temporale, che
dà (infine) luogo ad un’unica immagine che spesso si
risolve in un’apparizione aniconica: un vuoto centrale
innescato ai lati da sbavature e accesi aloni cromatici
che si determinano nella cosiddetta colonna sonora
della pellicola. Un secondo paradigmatico lavoro in
mostra sarà il recentissimo The Raid del 2015 in cui la
pellicola dell’omonimo film viene dispiegata su sette
strisce dall’artista, facendo in modo che i fotogrammi si
vengano a sovrapporre fisicamente, nascondendo così
la narrazione per mezzo della loro stessa materialità;
secondo un metodo che la stessa McAlpine ha adottato
in altre sue opere: “Mi attrae la materialità della pellicola
perché è l’unico medium nel quale tu possa dare una
testimonianza del tempo come qualcosa di fisico,
concreto; di un tempo dato cioè come lunghezza, come
qualcosa che puoi afferrare e che mi ricorda gli strati di
una roccia, dopo millenni”.
Il catalogo dedicato alla mostra è accompagnato da un
testo di Denis Viva, storico dell’arte e docente presso le
università di Trento e di Udine.
18
febbraio 2016
Elizabeth McAlpine – Cinematic sediments
Dal 18 febbraio al 28 aprile 2016
arte contemporanea
Location
ARTOPIA GALLERY
Milano, Via Lazzaro Papi, 2, (Milano)
Milano, Via Lazzaro Papi, 2, (Milano)
Orario di apertura
da martedì a venerdì dalle ore 15 alle 19, il lunedì ed il sabato su appuntamento
Vernissage
18 Febbraio 2016, ore 19
Autore