Elvira Falcone – Classicita’ del futuro

Il lungo percorso del novecento degenerato sostanzialmente verso un inesorabile processo di demolizione della figura classica. Certamente la rivoluzione cubista ne e’ stata l’artefice maggiore.

Poi l’informale, l’astratto, il concettuale e quant’altro hanno fatto il resto. E, se cio’ non bastasse ecco che si e’ colpito il contenitore tradizionale, ovvero la tela che, tagliata e bruciata, non poteva rendersi piu’ utilizzabile alla rappresentazione e narrazione delle storie. Senza lo strumento di base con quali argomenti avrebbe potuto misurarsi un creatore di immagini, soprattutto figurative, per impedire quel “genocidio” che ha cancellato la figura dalla espressivita’ dell’arte moderna?

Riproporre la figura appariva sempre piu’ una sfida segnata da un inevitabile fallimento. Del resto, poi, il dadaismo, la pop art, con gli oggetti reali che vanno a sostituirsi all’immagine dipinta hanno reso sempre piu’ difficoltoso il significato della funzione storica della stessa. Pochi hanno avuto la forza e il coraggio di opporsi alla predominante avanzata dell’oggetto industriale, nuova icona dell’affermazione estetica nella globalita’.
Chissa’, forse alcuni artisti intraprendenti avranno pure pensato all’opportunita’ di rimettere in funzione, ovvero di ristrutturare la tela devastata e poter così tornare ad utilizzare lo storico contenitore. Un progetto semmai metaforico ma che non poteva incidere sullo stato dei fatti. Eppure cosciente di tutto cio’ la Falcone si e’ guardata attorno ed ha preso atto che non tutto era perduto. Che esistevano ancora artisti come Balthus, ovvero quel mitico ideale modello della figurazione, capace di resistere alle picconate disgreganti del Novecento cubista Balthus, con le creazione spesso acerbe di immagini femminili, che hanno infine retto alla minaccia.
Quelle figure, d’impianto classico, che hanno segnato un’epoca, a volta dure, a volte legnose sono costrette a irrigidirsi per non soccombere all’ agguato informale dello spazio che tutto sgretola e corrode.

Balthus e’ per Elvira Falcone un reale riferimento della “resistenza storica” dell’arte figurativa e, nel supporto del tradizionale schermo narrativo ancora integro, rappresenta un modello vincente per cui le motivazioni di immagini essenziali che colgono la vita nel suo manifestarsi e, nella sua trasformazione o evoluzione, tornano a riproporsi.

Ritorna, infine, protagonista sulla tela della Falcone, l’essere umano teso a riappropriarsi del suo territorio, la natura che ha partorito la vita e l’ artista che la interpreta.

Ecco, allora, la simbiosi che genera la metamorfosi tra umanita’, natura e mondo animale sono esemplarmente espressi in opere quali: “Nel bosco” – “Tra le foglie” – “Ti guardo cambiare” – “Trasformazione in compagnia di un’ antilope” – “O tigre?”; in cui il colore denso e materico marca il corpo della vita accentuando la sostanza della forma. Il contenitore tradizionale della tela ritorna magicamente a perpetuare il miracolo della via.

Parte, dunque, da un giovane emergente, qual e’ Elvira Falcone, nella realta’ dell’arte figurativa una proposta controcorrente e coraggiosa, di chi non intende buttare al macero un patrimonio di immagini che hanno formato la nostra civilta’ e sulle quali si puo’ riproporre un progetto costruttivo per il futuro. Forma e colore nell’arte della artista, rappresentano la riscoperta di quei strumenti tradizionali privilegiati, atti ad interpretare, colorare e dare forma all’accadimento dell’evento esistenziale.

Tradire la figura significa soprattutto abortire la storia, negare un passato prestigioso, azzerare l’essere sostanzialmente senza piu’ alcuna base un prezzo troppo alto e rischioso per una generazione proiettata nella lunga e difficile sfida del futuro. (Ernesto D’Orsi)

 
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18 settembre 2003

Elvira Falcone – Classicita’ del futuro

Dal 18 settembre all'otto ottobre 2003
Location
COLLEZIONE PEGGY GUGGENHEIM
Venezia, Dorsoduro, 701, (Venezia)
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