ENNIO BARTOLI non è fotografo di reportage, di immagini che siano solo belle all'occhio, ma prive di contenuto; né è fotografo di denuncia sociale o politica. Le sue foto ritraggono pellegrini riuniti alla confluenza dei due rami del Gange, in lunghe processioni che celebravano, nel 2013,una ricorrenza scandita ogni quattordici anni da una fede dispiegata nel Tempo. Sono foto perplesse, che non esprimono giudizi su una cultura che sbaraglia tutta la nostra “matericità” occidentale, che convive con la morte e osserva un defunto, solo e ignoto sul selciato, senza raccapriccio e senza indifferenza, ma in una sorta di pietas senza “sentimento”. Le cataste accese rendono l'ultimo omaggio ai defunti,ma Bartoli ne esclude ogni interpretazione “etnica”, cerca di capire questa potente spiritualità, implacabile, sfuggente, incomprensibile.
La tecnica sostiene l'intenzione dell'Autore: con uso complesso degli obiettivi Bartoli crea movimento intorno a mani in preghiera, intorno a volti di fanciulli che si affacciano dai finestrini di un pullman e sembrano interrogarci sulle nostre perplessità . Anche i colori “si muovono” nelle foto di Bartoli, i colori luminosi dell'India.
Ma i pellegrini non sono distolti; i loro occhi sono rivolti al Gran Fiume.

Sonia Salsi