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Enzo Carli – Archeologia dei sentimenti
La mostra, presentata per la prima volta nel 2009 all’Ikona Gallery di Venezia, è composta da una trentina di scatti in bianco e nero e cinque trittici e nasce dalle emozioni con le quali il fotografo trascende la realtà per segnare un percorso visivo che ha la suggestione di un viaggio onirico.
Comunicato stampa
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Archeologia dal gr. ARCHAIOLOGIA comp. di ARCHAIOS antico (…) e LOGÓS discorso, e questo da LÈGO dico.
– Discorso, storia o trattato di cose antiche, specialmente degli antichi monumenti posti in relazione collo stato sociale dei popoli.
Sentimento a. fr. sentement, mod. sentiment: = b. lat. *SENTIMÈNTUM da SENTÌRE percepire coi sensi, e fig. anche colla mente
(v. Sentire) e desinenza – MENTUM indicante l’atto. Propr. Esercizio della sensibilità, Percezione delle impressioni;
ma si usa pure estensivamente per Facoltà di sentire; Affetto, Passione.
Vale ancora Intelletto, Pensiero, e in modo particolare il Pensiero che sgorga da riflessione.
Ottorino PIANIGIANI, Vocabolario Etimologico della Lingua Italiana, Albrighi, Segati e C., Roma 1907
La Galleria Fotografica Luigi Ghirri di Caltagirone CT,
e la sua orbita ultradecennale nell’universo delle immagini, tra mille declinazioni del fare, vivere e sentire la fotografia disegna singolari traiettorie e segna importanti rendez-vous con autori che fortunatamente, a volte, ritornano: Enzo CARLI, l’affettuoso allievo del grande Mario GIACOMELLI nonché fotografo per necessità intellettuale e molto altro ancora, è uno di quegli autori che, con decisione ed estrema disponibilità, continua a condividere empaticamente con la Ghirri la propria ricerca.
Caltagirone – come prima Venezia, Parigi, Reggio Emilia, Modena e Berlino – viene ad ospitare così questa poetica mostra che, per dirla con la definizione del noto linguista PIANIGIANI, attivando un vero e proprio esercizio della sensibilità e con una visione intimista, evocativa e silente esplora la realtà e la trascende.
L’esposizione, composta da una trentina di scatti in bianco e nero e alcuni trittici, segna un percorso visivo che ha la suggestione di un viaggio onirico: pare di sentirli il vento e gli echi lontani di gente e di natura; l’odore salmastro del mare e quello pesantemente umido del bosco; il ritmo cadenzato e ipnotico di un viaggio metropolitano e quello discreto di una pioggia d’autunno; lame di luce e dita che si cercano. La realtà pare, appare e si offre come qualcos’altro, qualcosa di più profondo che scende in profondità e che, nello stesso istante (l’istante della fotografia) taglia trasversalmente la percezione delle impressioni.
È così che, attraverso una sorta di corto circuito di ricordi, le fotografie di CARLI tessono una trama e si fanno storia, personale e intima, singolare e universale quanto possono esserlo stati d’animo e sentimenti. Ogni immagine si fa flashback dove il dato oggettivo si sveste per liberare l’anima che respira, respira e palpita poco sotto la superficie, e dialoga con chi è semplicemente capace di ascoltare.
Basta poco!!! Pare volerci dire l’autore, e lui – il demiurgo della fotografia – inanella le sue fotografie con i fili sottili e le suggestioni che solo i sensi sanno leggere e trascendere nelle immagini, complice l’ampia gamma che dai bianchi taglienti si chiude nei neri assoluti attraverso una impercettibile memoria di luce. Tante sono le riflessioni, infinite le analogie, innumerevoli le assonanze e forse basta veramente appena un granello di sensibilità per abbattere l’apparente banalità del reale.
Sebastiano FAVITTA e Attilio GERBINO
Galleria Fotografica Luigi GHIRRI
Caltagirone, settembre 2011
Il tempo sembra passare. Il mondo accade, gli attimi si svolgono, e tu ti fermi a guardare un ragno attaccato alla ragnatela.
C’è una luce nitida, un senso di cose delineate con precisione, strisce di lucentezza liquida sulla baia.
In una giornata chiara e luminosa dopo un temporale, quando la più piccola delle foglie cadute è trafitta di consapevolezza,
tu sai con maggiore sicurezza chi sei. Nel rumore del vento tra i pini, il mondo viene alla luce, in modo irreversibile,
e il ragno resta attaccato alla ragnatela agitata dal vento.
Don DE LILLO, Body Art, 2001
Enzo CARLI: tessere di un mosaico dei sentimenti
Al di là del
tuo sguardo
chissà cosa c'è
forse c'è un
sentimento
per me,
come te nessun
altro mi ha
guardato mai
come te nessun
altro guardai.
Patty PRAVO, Sentimento, 1968
Il mondo interiore dipinto da Enzo CARLI nella personale Archeologia dei sentimenti attinge a un itinerario individuale, a prima vista complesso da decodificare per un osservatore estemporaneo delle sue immagini. Osservatore che tuttavia subisce la fascinazione di queste fotografie, e presto non si sente più estraneo al suo viaggio, ma accompagna l’Autore in questo pellegrinaggio attraverso la stratificazione archetipica del sentimento.
È un viaggio a ritroso, in bilico fra percezione e senso, alla ricerca delle origini, del proprio mondo e del proprio io, condotto sulla capacità di evocare altre dimensioni, talora attraverso la mancanza di messa a fuoco o il voluto movimento dell’immagine.
In questo universo iconografico, Enzo CARLI distilla la linfa della sua esistenza razionale e irrazionale, isola i sentimenti, punta a svelare la profondità dell’assoluto. Le esperienze interiori si traducono in immagini, il reale non è più privato ma si traduce in un linguaggio universale.
Facendo proprie e rimodellando altre esperienze artistiche – dal michelangiolesco Giudizio Universale a l’Origine du monde di Gustave COURBET – CARLI dà respiro alla propria filosofia del sentimento.
Un letto tutto di lenzuola sfatte:
cristallizzate onde di buriana,
riccioli di ghiacciaio misterioso,
bordi seriali d’algida impanata,
vasto orizzonte multiplo di latte,
cresta che in creste si discioglie e spiana,
lago di gesso largo e tormentoso,
puszta di scaglie molli e corrugata,
mare sorpreso da orde di brina,
meringa in un gorgo muto immota,
distesa scena di una strage albina,
pallida, inerte e albuminosa ruota:
un letto tutto di sfatte lenzuola,
e sopra una libellula che vola.
Roberto PIUMINI, Un letto tutto di lenzuola sfatte, 2001
Sensualità e promesse di adolescente tenerezza si fondono nelle luci e nelle ombre marcate di queste fotografie, due dita che si toccano comunicano in un muto alfabeto amoroso
La mano con la mano ci tocchiamo
…
con dita unite oppure alternate,
una nell’altra penetra e spinge,
legandosi, slacciandosi, ritmate.
E con le mani noi facciamo amore
Morbidamente e instancabilmente,
in assoluta assenza di pudore.
Roberto PIUMINI, Sempre amica quando camminiamo, 1997
Le fotografie di CARLI rappresentano, in forma artistica, la restituzione di questa stratificazione archeologica della passione e del sentimento, legati ai luoghi, agli edifici, agli interni.
We had the experience but missed the meaning,
And approach to the meaning restores the experience
In a different form, beyond any meaning
We can assign to happiness. I have said before
That the past experience revived in the meaning
Is not the experience of one life only
But of many generations—not forgetting
Something that is probably quite ineffable:
The backward look behind the assurance
Of recorded history, the backward half-look
Over the shoulder, towards the primitive terror.
Abbiamo avuto l'esperienza, ma abbiamo perso il significato,
E l'approccio al significato restituisce l'esperienza
In una forma diversa, al di là di ogni significato che
Possiamo assegnare alla felicità. Ho detto prima
Che l'esperienza del passato rivive nel significato
Non è l'esperienza di una vita soltanto
Ma di molte generazioni – non dimenticare
Qualcosa che è probabilmente abbastanza ineffabile:
Lo sguardo indietro dietro la garanzia
Di storia registrata, il guardare indietro a metà
Sopra la spalla, verso il terrore primitivo.
Thomas Stearns ELIOT, The dry salvages, 1945
Enzo CARLI tenta di rappresentare l’esperienza del sentimento, in una sfida che lo impegna a restituirne il significato più profondo attraverso l’unicità dell’attimo colto nello scatto fotografico. La complessità estetica del sentimento possiede connessioni che empaticamente transitano nell’osservatore, comunicando in un dialogo simbolico l’intensità del vissuto.
“Si passa la vita a rimpiangere ciò che si ha avuto fretta di perdere,
e, non avendo imparato nulla dal passato,
noi non cessiamo di sperare che l’avvenire ricominci”.
Andrea CORTELLESSA, Ungaretti, 2000
Coloro che come Enzo CARLI della fotografia fanno un’arte, trascendono l’ungarettiano sentimento del tempo, fermando sulla pellicola frammenti di eternità
Marina BENEDETTO
Galleria Fotografica Luigi GHIRRI
Savona, settembre 2011
Oh Pascal!
L’appassionata visione del mondo intorno a noi (e dentro di noi) suscita il sentimento delle cose e delle persone che, come tali, intendiamo riconoscere (e non più, quindi, come meri oggetti e individui); anche perché la loro vicenda attraversò la nostra esperienza umana soffermandosi negli spazi e nei tempi che vivemmo insieme e che insieme abitammo cercando un senso compiuto e condivisibile dell’esistenza.
Il sentimento di quest’esperienza si collega con le sue ragioni emotive, ne cerca la necessità e la consapevolezza, ne trova la coscienza e, soprattutto, l’origine.
Bisogna, allora, afferrarne la visibilità laddove essa affiora e si manifesta, e percepirla con sensibilità adeguata perché il suo valore di testimonianza possa essere partecipato e messo in comune. Non è cosa da poco.
Posando gli occhi (e il cuore) sui fotogrammi di Enzo ho avvertito immediatamente il ritorno dell’eterno dissidio tra il sentimento e la ragione: ascoltare il suono soggettivo del flusso delle emozioni o ricondurre quest’ultime alle conoscenze obiettive della ragione? E perché, poi, non abbandonare questa contrapposizione accordando fiducia alle capacità intuitive e conoscitive del sentimento?
Invero i filosofi hanno dissertato su tali vicissitudini sottolineando, del sentimento, non soltanto l’irriducibile e assoluta libertà ma la sua umana radice capace di apprendere ogni valore dell’esperienza, accettandolo di viverlo dentro la propria finitezza.
Viverlo, quindi, come dentro un gesto fotografico, raccogliendo, nella forma compiuta dalla luce, il senso del suo ricordo e della sua agnizione che inevitabilmente passa per l’attesa percezione, la sofferta accoglienza e la deliberata rappresentazione.
Ecco, allora, svolgersi il percorso affabulatore della ricerca di un principio, di un arké, che si rivela non solo momento fondante della nostra esperienza ma prezioso avanzo di quanto rimasto dell’inutile dissipazione quotidiana. Ecco il reperto che racchiude le ragioni del sentimento ed i sentimenti della ragione.
L’amico sodale vi riconoscerà i luoghi natali, il filo tagliente e luminoso della giovinezza, il conquistato riconoscimento della corporalità antica e dell’immagine nuova, entrambe attraversate dal simbolo, dalla metafora, dalla similitudine, tutte ormai riconducibili allo studium e, pur sempre, fulminate dal punctum dell’irrisolvibilità. Vi riconoscerà il lavoro, la ricerca, l’incontro, la scoperta, la fiducia, ma anche la paura, lo smarrimento e, qua e là, l’apparizione serena di un compagno d’avventura e di poesia.
Il discepolo devoto, invece, sorriderà sul cavaliere di Arturo MARTINI e ricorderà i dialoghi intorno al guerriero di Capestrano, ai Nuovi Guerrieri, al sempre urgente bisogno del Passaggio di Frontiera.
Perché, caro Enzo, dietro il nostro cavaliere, nel giardino di Peggy, gli amici, da qualche tempo, vanno depositando i “segni” di quella vita di cui sei protagonista. Uno di loro, intanto, per te e per noi, sul muro coperto di foglie, con un neon ha scritto che “la forma scompare ma la radice rimane” (METZ).
Già, queste immagini sono forme, per niente incerte, di radici, di tessere di un mosaico di cui cerchiamo i confini. Sono segni che rivelano ciò che è rimasto, che risolvono come in un crogiolo, che decantano come in un bicchiere, che procedono come in un viaggio perché certa, almeno, ci appare l’esperienza del camminare.
Ed il sentimento, con il suo suono ed il suo profumo, si fa memoria e lascia il ricordo perché pretende di vivere la sua nuova forma in una fotografia che solo nella confidenza si rivelerà una cicatrice, una ferita, un riflesso sull’acqua, lo spiraglio di una luce, l’incontro desiderato, la linea di un orizzonte.
La fotografia, intanto, si riprende l’istante e lo dilata alla ricerca del suo principio che impiegò otto ore per raccogliere l’angolo di un cortile: e lo fa ancora con delicatezza, con attenzione, adoperando spazzole morbidissime e teneri scalpelli affidati a mani sensibilissime.
Mani dunque, e non il cuore: questo benedetto rifugio di emozioni, tra ragioni e sentimenti, potrebbe rimanere incantato e tornare a fibrillare.
Pippo PAPPALARDO
per la Galleria Fotografica Luigi GHIRRI
Catania, settembre 2011
1° P.S.:
Caro Enzo,
mentre stavo in compagnia delle tue fotografie, ho rimembrato il colloquio immaginario di PIRANDELLO con sua madre (puoi leggerlo nelle “Novelle per un anno”), reso visibile dai fratelli TAVIANI, nell’ultimo episodio del film “Kaos”: Luigi è tornato nella sua vecchia casa, l’antico compagno lo riconosce, lo conduce nel vecchio teatro e lo guida verso casa, verso l’incontro desiderato, verso il centro dei suoi sentimenti, là dove essi sono nati e da dove non se ne sono mai andati. Tutto, intanto, nel tumulto dell’emozione è diventato ricerca (in sottofondo, la mozartiana Barbarina sta cercando una chiave smarrita), è divenuto introspezione appassionata, affannoso impegno per il cuore e per la mente.
Appare la madre, – una strepitosa Regina BIANCHI – che, seguendo una variante filmica suggerita dai TAVIANI rispetto al testo originale, invita il figlio a guardare la vita non solo col pugno chiuso ma anche con la mano aperta, ed a guardare anche per coloro che non possono (o che non sanno).
2° P.S.:
“… apposta parlo di segni. Li potrei fare anche sulla carta, nel mare, ma sarebbero tutti voluti, quindi tutti falsi. A me interessano i segni che fa l’uomo senza saperlo, ma senza far morire la terra. Solo allora hanno un significato per me, diventano emozione. In fondo fotografare è come scrivere: il paesaggio è pieno di segni, di simboli, di ferite, di cose nascoste. E’ un linguaggio sconosciuto che si comincia a leggere, a conoscere nel momento in cui si incomincia ad amarlo, a fotografarlo. Così il segno viene ad essere voce: chiarisce a me certe cose, per altri rimane una macchia.”
Mario GIACOMELLI
– Discorso, storia o trattato di cose antiche, specialmente degli antichi monumenti posti in relazione collo stato sociale dei popoli.
Sentimento a. fr. sentement, mod. sentiment: = b. lat. *SENTIMÈNTUM da SENTÌRE percepire coi sensi, e fig. anche colla mente
(v. Sentire) e desinenza – MENTUM indicante l’atto. Propr. Esercizio della sensibilità, Percezione delle impressioni;
ma si usa pure estensivamente per Facoltà di sentire; Affetto, Passione.
Vale ancora Intelletto, Pensiero, e in modo particolare il Pensiero che sgorga da riflessione.
Ottorino PIANIGIANI, Vocabolario Etimologico della Lingua Italiana, Albrighi, Segati e C., Roma 1907
La Galleria Fotografica Luigi Ghirri di Caltagirone CT,
e la sua orbita ultradecennale nell’universo delle immagini, tra mille declinazioni del fare, vivere e sentire la fotografia disegna singolari traiettorie e segna importanti rendez-vous con autori che fortunatamente, a volte, ritornano: Enzo CARLI, l’affettuoso allievo del grande Mario GIACOMELLI nonché fotografo per necessità intellettuale e molto altro ancora, è uno di quegli autori che, con decisione ed estrema disponibilità, continua a condividere empaticamente con la Ghirri la propria ricerca.
Caltagirone – come prima Venezia, Parigi, Reggio Emilia, Modena e Berlino – viene ad ospitare così questa poetica mostra che, per dirla con la definizione del noto linguista PIANIGIANI, attivando un vero e proprio esercizio della sensibilità e con una visione intimista, evocativa e silente esplora la realtà e la trascende.
L’esposizione, composta da una trentina di scatti in bianco e nero e alcuni trittici, segna un percorso visivo che ha la suggestione di un viaggio onirico: pare di sentirli il vento e gli echi lontani di gente e di natura; l’odore salmastro del mare e quello pesantemente umido del bosco; il ritmo cadenzato e ipnotico di un viaggio metropolitano e quello discreto di una pioggia d’autunno; lame di luce e dita che si cercano. La realtà pare, appare e si offre come qualcos’altro, qualcosa di più profondo che scende in profondità e che, nello stesso istante (l’istante della fotografia) taglia trasversalmente la percezione delle impressioni.
È così che, attraverso una sorta di corto circuito di ricordi, le fotografie di CARLI tessono una trama e si fanno storia, personale e intima, singolare e universale quanto possono esserlo stati d’animo e sentimenti. Ogni immagine si fa flashback dove il dato oggettivo si sveste per liberare l’anima che respira, respira e palpita poco sotto la superficie, e dialoga con chi è semplicemente capace di ascoltare.
Basta poco!!! Pare volerci dire l’autore, e lui – il demiurgo della fotografia – inanella le sue fotografie con i fili sottili e le suggestioni che solo i sensi sanno leggere e trascendere nelle immagini, complice l’ampia gamma che dai bianchi taglienti si chiude nei neri assoluti attraverso una impercettibile memoria di luce. Tante sono le riflessioni, infinite le analogie, innumerevoli le assonanze e forse basta veramente appena un granello di sensibilità per abbattere l’apparente banalità del reale.
Sebastiano FAVITTA e Attilio GERBINO
Galleria Fotografica Luigi GHIRRI
Caltagirone, settembre 2011
Il tempo sembra passare. Il mondo accade, gli attimi si svolgono, e tu ti fermi a guardare un ragno attaccato alla ragnatela.
C’è una luce nitida, un senso di cose delineate con precisione, strisce di lucentezza liquida sulla baia.
In una giornata chiara e luminosa dopo un temporale, quando la più piccola delle foglie cadute è trafitta di consapevolezza,
tu sai con maggiore sicurezza chi sei. Nel rumore del vento tra i pini, il mondo viene alla luce, in modo irreversibile,
e il ragno resta attaccato alla ragnatela agitata dal vento.
Don DE LILLO, Body Art, 2001
Enzo CARLI: tessere di un mosaico dei sentimenti
Al di là del
tuo sguardo
chissà cosa c'è
forse c'è un
sentimento
per me,
come te nessun
altro mi ha
guardato mai
come te nessun
altro guardai.
Patty PRAVO, Sentimento, 1968
Il mondo interiore dipinto da Enzo CARLI nella personale Archeologia dei sentimenti attinge a un itinerario individuale, a prima vista complesso da decodificare per un osservatore estemporaneo delle sue immagini. Osservatore che tuttavia subisce la fascinazione di queste fotografie, e presto non si sente più estraneo al suo viaggio, ma accompagna l’Autore in questo pellegrinaggio attraverso la stratificazione archetipica del sentimento.
È un viaggio a ritroso, in bilico fra percezione e senso, alla ricerca delle origini, del proprio mondo e del proprio io, condotto sulla capacità di evocare altre dimensioni, talora attraverso la mancanza di messa a fuoco o il voluto movimento dell’immagine.
In questo universo iconografico, Enzo CARLI distilla la linfa della sua esistenza razionale e irrazionale, isola i sentimenti, punta a svelare la profondità dell’assoluto. Le esperienze interiori si traducono in immagini, il reale non è più privato ma si traduce in un linguaggio universale.
Facendo proprie e rimodellando altre esperienze artistiche – dal michelangiolesco Giudizio Universale a l’Origine du monde di Gustave COURBET – CARLI dà respiro alla propria filosofia del sentimento.
Un letto tutto di lenzuola sfatte:
cristallizzate onde di buriana,
riccioli di ghiacciaio misterioso,
bordi seriali d’algida impanata,
vasto orizzonte multiplo di latte,
cresta che in creste si discioglie e spiana,
lago di gesso largo e tormentoso,
puszta di scaglie molli e corrugata,
mare sorpreso da orde di brina,
meringa in un gorgo muto immota,
distesa scena di una strage albina,
pallida, inerte e albuminosa ruota:
un letto tutto di sfatte lenzuola,
e sopra una libellula che vola.
Roberto PIUMINI, Un letto tutto di lenzuola sfatte, 2001
Sensualità e promesse di adolescente tenerezza si fondono nelle luci e nelle ombre marcate di queste fotografie, due dita che si toccano comunicano in un muto alfabeto amoroso
La mano con la mano ci tocchiamo
…
con dita unite oppure alternate,
una nell’altra penetra e spinge,
legandosi, slacciandosi, ritmate.
E con le mani noi facciamo amore
Morbidamente e instancabilmente,
in assoluta assenza di pudore.
Roberto PIUMINI, Sempre amica quando camminiamo, 1997
Le fotografie di CARLI rappresentano, in forma artistica, la restituzione di questa stratificazione archeologica della passione e del sentimento, legati ai luoghi, agli edifici, agli interni.
We had the experience but missed the meaning,
And approach to the meaning restores the experience
In a different form, beyond any meaning
We can assign to happiness. I have said before
That the past experience revived in the meaning
Is not the experience of one life only
But of many generations—not forgetting
Something that is probably quite ineffable:
The backward look behind the assurance
Of recorded history, the backward half-look
Over the shoulder, towards the primitive terror.
Abbiamo avuto l'esperienza, ma abbiamo perso il significato,
E l'approccio al significato restituisce l'esperienza
In una forma diversa, al di là di ogni significato che
Possiamo assegnare alla felicità. Ho detto prima
Che l'esperienza del passato rivive nel significato
Non è l'esperienza di una vita soltanto
Ma di molte generazioni – non dimenticare
Qualcosa che è probabilmente abbastanza ineffabile:
Lo sguardo indietro dietro la garanzia
Di storia registrata, il guardare indietro a metà
Sopra la spalla, verso il terrore primitivo.
Thomas Stearns ELIOT, The dry salvages, 1945
Enzo CARLI tenta di rappresentare l’esperienza del sentimento, in una sfida che lo impegna a restituirne il significato più profondo attraverso l’unicità dell’attimo colto nello scatto fotografico. La complessità estetica del sentimento possiede connessioni che empaticamente transitano nell’osservatore, comunicando in un dialogo simbolico l’intensità del vissuto.
“Si passa la vita a rimpiangere ciò che si ha avuto fretta di perdere,
e, non avendo imparato nulla dal passato,
noi non cessiamo di sperare che l’avvenire ricominci”.
Andrea CORTELLESSA, Ungaretti, 2000
Coloro che come Enzo CARLI della fotografia fanno un’arte, trascendono l’ungarettiano sentimento del tempo, fermando sulla pellicola frammenti di eternità
Marina BENEDETTO
Galleria Fotografica Luigi GHIRRI
Savona, settembre 2011
Oh Pascal!
L’appassionata visione del mondo intorno a noi (e dentro di noi) suscita il sentimento delle cose e delle persone che, come tali, intendiamo riconoscere (e non più, quindi, come meri oggetti e individui); anche perché la loro vicenda attraversò la nostra esperienza umana soffermandosi negli spazi e nei tempi che vivemmo insieme e che insieme abitammo cercando un senso compiuto e condivisibile dell’esistenza.
Il sentimento di quest’esperienza si collega con le sue ragioni emotive, ne cerca la necessità e la consapevolezza, ne trova la coscienza e, soprattutto, l’origine.
Bisogna, allora, afferrarne la visibilità laddove essa affiora e si manifesta, e percepirla con sensibilità adeguata perché il suo valore di testimonianza possa essere partecipato e messo in comune. Non è cosa da poco.
Posando gli occhi (e il cuore) sui fotogrammi di Enzo ho avvertito immediatamente il ritorno dell’eterno dissidio tra il sentimento e la ragione: ascoltare il suono soggettivo del flusso delle emozioni o ricondurre quest’ultime alle conoscenze obiettive della ragione? E perché, poi, non abbandonare questa contrapposizione accordando fiducia alle capacità intuitive e conoscitive del sentimento?
Invero i filosofi hanno dissertato su tali vicissitudini sottolineando, del sentimento, non soltanto l’irriducibile e assoluta libertà ma la sua umana radice capace di apprendere ogni valore dell’esperienza, accettandolo di viverlo dentro la propria finitezza.
Viverlo, quindi, come dentro un gesto fotografico, raccogliendo, nella forma compiuta dalla luce, il senso del suo ricordo e della sua agnizione che inevitabilmente passa per l’attesa percezione, la sofferta accoglienza e la deliberata rappresentazione.
Ecco, allora, svolgersi il percorso affabulatore della ricerca di un principio, di un arké, che si rivela non solo momento fondante della nostra esperienza ma prezioso avanzo di quanto rimasto dell’inutile dissipazione quotidiana. Ecco il reperto che racchiude le ragioni del sentimento ed i sentimenti della ragione.
L’amico sodale vi riconoscerà i luoghi natali, il filo tagliente e luminoso della giovinezza, il conquistato riconoscimento della corporalità antica e dell’immagine nuova, entrambe attraversate dal simbolo, dalla metafora, dalla similitudine, tutte ormai riconducibili allo studium e, pur sempre, fulminate dal punctum dell’irrisolvibilità. Vi riconoscerà il lavoro, la ricerca, l’incontro, la scoperta, la fiducia, ma anche la paura, lo smarrimento e, qua e là, l’apparizione serena di un compagno d’avventura e di poesia.
Il discepolo devoto, invece, sorriderà sul cavaliere di Arturo MARTINI e ricorderà i dialoghi intorno al guerriero di Capestrano, ai Nuovi Guerrieri, al sempre urgente bisogno del Passaggio di Frontiera.
Perché, caro Enzo, dietro il nostro cavaliere, nel giardino di Peggy, gli amici, da qualche tempo, vanno depositando i “segni” di quella vita di cui sei protagonista. Uno di loro, intanto, per te e per noi, sul muro coperto di foglie, con un neon ha scritto che “la forma scompare ma la radice rimane” (METZ).
Già, queste immagini sono forme, per niente incerte, di radici, di tessere di un mosaico di cui cerchiamo i confini. Sono segni che rivelano ciò che è rimasto, che risolvono come in un crogiolo, che decantano come in un bicchiere, che procedono come in un viaggio perché certa, almeno, ci appare l’esperienza del camminare.
Ed il sentimento, con il suo suono ed il suo profumo, si fa memoria e lascia il ricordo perché pretende di vivere la sua nuova forma in una fotografia che solo nella confidenza si rivelerà una cicatrice, una ferita, un riflesso sull’acqua, lo spiraglio di una luce, l’incontro desiderato, la linea di un orizzonte.
La fotografia, intanto, si riprende l’istante e lo dilata alla ricerca del suo principio che impiegò otto ore per raccogliere l’angolo di un cortile: e lo fa ancora con delicatezza, con attenzione, adoperando spazzole morbidissime e teneri scalpelli affidati a mani sensibilissime.
Mani dunque, e non il cuore: questo benedetto rifugio di emozioni, tra ragioni e sentimenti, potrebbe rimanere incantato e tornare a fibrillare.
Pippo PAPPALARDO
per la Galleria Fotografica Luigi GHIRRI
Catania, settembre 2011
1° P.S.:
Caro Enzo,
mentre stavo in compagnia delle tue fotografie, ho rimembrato il colloquio immaginario di PIRANDELLO con sua madre (puoi leggerlo nelle “Novelle per un anno”), reso visibile dai fratelli TAVIANI, nell’ultimo episodio del film “Kaos”: Luigi è tornato nella sua vecchia casa, l’antico compagno lo riconosce, lo conduce nel vecchio teatro e lo guida verso casa, verso l’incontro desiderato, verso il centro dei suoi sentimenti, là dove essi sono nati e da dove non se ne sono mai andati. Tutto, intanto, nel tumulto dell’emozione è diventato ricerca (in sottofondo, la mozartiana Barbarina sta cercando una chiave smarrita), è divenuto introspezione appassionata, affannoso impegno per il cuore e per la mente.
Appare la madre, – una strepitosa Regina BIANCHI – che, seguendo una variante filmica suggerita dai TAVIANI rispetto al testo originale, invita il figlio a guardare la vita non solo col pugno chiuso ma anche con la mano aperta, ed a guardare anche per coloro che non possono (o che non sanno).
2° P.S.:
“… apposta parlo di segni. Li potrei fare anche sulla carta, nel mare, ma sarebbero tutti voluti, quindi tutti falsi. A me interessano i segni che fa l’uomo senza saperlo, ma senza far morire la terra. Solo allora hanno un significato per me, diventano emozione. In fondo fotografare è come scrivere: il paesaggio è pieno di segni, di simboli, di ferite, di cose nascoste. E’ un linguaggio sconosciuto che si comincia a leggere, a conoscere nel momento in cui si incomincia ad amarlo, a fotografarlo. Così il segno viene ad essere voce: chiarisce a me certe cose, per altri rimane una macchia.”
Mario GIACOMELLI
24
settembre 2011
Enzo Carli – Archeologia dei sentimenti
Dal 24 settembre al 23 ottobre 2011
fotografia
Location
GALLERIA FOTOGRAFICA LUIGI GHIRRI
Caltagirone, Via Duomo, 11, (Catania)
Caltagirone, Via Duomo, 11, (Catania)
Orario di apertura
lun./dom. 9.30 -12.30, 16.00 -19.00
Vernissage
24 Settembre 2011, ore 19.00
Autore
Curatore