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Fabio Amaya – Per un’architettura della solitudine
Dopo la mostra personale tenutasi nel 2009 a distanza di 11 anni, la Fondazione Mudima di Milano presenta una significativa selezione di disegni dell’artista Fabio Amaya dal titolo “Per un’architettura della solitudine”.
Comunicato stampa
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In occasione dell'apertura della mostra, il 22 ottobre 2020 la Fondazione Mudima resterà eccezionalmente aperta dalle 11 alle 20 (orario continuato).
Al fine di assicurare l’esperienza di visita in totale sicurezza, gli accessi alla mostra
sono contingentati nella quantità e nella frequenza.
Dopo la mostra personale tenutasi nel 2009 a distanza di 11 anni, la Fondazione Mudima di Milano presenta una significativa selezione di disegni dell'artista Fabio Amaya dal titolo “Per un'architettura della solitudine”.
“Intellettuale poliedrico, scrittore, saggista, Fabio Amaya disegna e dipinge da sempre. Inizia a farlo all'inizio degli anni Settanta, privilegiando nella sua ricerca pittorica la figura umana, soprattutto nei disegni su carta realizzati con grafite e carboncino. Nel mondo dell'arte il suo lavoro pittorico potrebbe essere, ammesso e non concesso che questi inquadramenti abbiano senso, definito insieme pittura figurativa ed astratta.
Figurativi sono, senza alcun dubbio, i suoi disegni. Disegni espressionisti spesso drammatici, per molti anni dedicati all'autoritratto, come in una ricerca spasmodica, ossessiva del sé, della propria identità, del “chi sono”, che fa subito pensare al filosofico “Conosci te stesso” apparso agli albori della filosofia nel fregio del Tempio di Apollo a Delfi.
Fabio Amaya continua a guardarsi da tutta una vita allo specchio, i suoi conti li fa, si pone domande e continua a cercare risposte, che non sempre arrivano e che non sempre sono gradite.
Nei suoi disegni la figura umana è dipinta sempre nuda. Una nudità che non vuole essere, né mai lo è, provocazione o pura ricerca di un’estetica del bello, della sensualità dei corpi, maschili o femminili che siano. È piuttosto una nudità senza orpelli, senza protezione o distinguo, semplicemente quella dell’essere umano oltre ogni differenza etnica, sociale, fisica, generazionale.
Nei lavori pittorici recenti, dittici e trittici di grandi dimensioni, gli spazi si fanno rigorosamente geometrici, più ‘costringenti’, come grandi finestre che negli anni '70 l’artista chiamava “architetture delle solitudini”, ma che appaiono, contrariamente a prima, silenziosi, sordi, come a voler evidenziare un rapporto di forza non risolto, paralizzante, fra la dura legge della ragione ed il mondo fantastico dei sogni, delle ansie, delle emozioni e delle umane ambizioni e speranze dell’autore.
Lo spazio liquido e in qualche modo cosmologico delle pitture precedenti si fa iper terreno. Il tutto o il nulla che riguardano le esistenze umane avvengono dentro confini chiari e circoscritti.
In molti di questi suoi ultimi disegni ritroviamo l’artista autoritratto. Osservatore muto ed attento di un'umanità, splendidamente disegnata, intatta nel corpo ma dolente nell’animo. L’artista osserva con uno sguardo silenzioso, ancora non rassegnato, ma in modo evidente, impotente. L'artista può solo rappresentare la sofferenza umana, ma non ha alcuna possibilità di intervenire. Non c’è soluzione se non quella di essere presente e di partecipare sul palcoscenico della vita ad un dramma che diventa comune”.
Gino di Maggio
In occasione della mostra sarà pubblicato il libro Fabio Amaya Per un'architettura della solitudine per le edizioni Fondazione Mudima.
Al fine di assicurare l’esperienza di visita in totale sicurezza, gli accessi alla mostra
sono contingentati nella quantità e nella frequenza.
Dopo la mostra personale tenutasi nel 2009 a distanza di 11 anni, la Fondazione Mudima di Milano presenta una significativa selezione di disegni dell'artista Fabio Amaya dal titolo “Per un'architettura della solitudine”.
“Intellettuale poliedrico, scrittore, saggista, Fabio Amaya disegna e dipinge da sempre. Inizia a farlo all'inizio degli anni Settanta, privilegiando nella sua ricerca pittorica la figura umana, soprattutto nei disegni su carta realizzati con grafite e carboncino. Nel mondo dell'arte il suo lavoro pittorico potrebbe essere, ammesso e non concesso che questi inquadramenti abbiano senso, definito insieme pittura figurativa ed astratta.
Figurativi sono, senza alcun dubbio, i suoi disegni. Disegni espressionisti spesso drammatici, per molti anni dedicati all'autoritratto, come in una ricerca spasmodica, ossessiva del sé, della propria identità, del “chi sono”, che fa subito pensare al filosofico “Conosci te stesso” apparso agli albori della filosofia nel fregio del Tempio di Apollo a Delfi.
Fabio Amaya continua a guardarsi da tutta una vita allo specchio, i suoi conti li fa, si pone domande e continua a cercare risposte, che non sempre arrivano e che non sempre sono gradite.
Nei suoi disegni la figura umana è dipinta sempre nuda. Una nudità che non vuole essere, né mai lo è, provocazione o pura ricerca di un’estetica del bello, della sensualità dei corpi, maschili o femminili che siano. È piuttosto una nudità senza orpelli, senza protezione o distinguo, semplicemente quella dell’essere umano oltre ogni differenza etnica, sociale, fisica, generazionale.
Nei lavori pittorici recenti, dittici e trittici di grandi dimensioni, gli spazi si fanno rigorosamente geometrici, più ‘costringenti’, come grandi finestre che negli anni '70 l’artista chiamava “architetture delle solitudini”, ma che appaiono, contrariamente a prima, silenziosi, sordi, come a voler evidenziare un rapporto di forza non risolto, paralizzante, fra la dura legge della ragione ed il mondo fantastico dei sogni, delle ansie, delle emozioni e delle umane ambizioni e speranze dell’autore.
Lo spazio liquido e in qualche modo cosmologico delle pitture precedenti si fa iper terreno. Il tutto o il nulla che riguardano le esistenze umane avvengono dentro confini chiari e circoscritti.
In molti di questi suoi ultimi disegni ritroviamo l’artista autoritratto. Osservatore muto ed attento di un'umanità, splendidamente disegnata, intatta nel corpo ma dolente nell’animo. L’artista osserva con uno sguardo silenzioso, ancora non rassegnato, ma in modo evidente, impotente. L'artista può solo rappresentare la sofferenza umana, ma non ha alcuna possibilità di intervenire. Non c’è soluzione se non quella di essere presente e di partecipare sul palcoscenico della vita ad un dramma che diventa comune”.
Gino di Maggio
In occasione della mostra sarà pubblicato il libro Fabio Amaya Per un'architettura della solitudine per le edizioni Fondazione Mudima.
22
ottobre 2020
Fabio Amaya – Per un’architettura della solitudine
Dal 22 ottobre al 06 novembre 2020
arte contemporanea
Location
FONDAZIONE MUDIMA
Milano, Via Alessandro Tadino, 26, (Milano)
Milano, Via Alessandro Tadino, 26, (Milano)
Orario di apertura
da lunedì a venerdì ore 11-13 e 15-19
Vernissage
22 Ottobre 2020, orario continuato 11-20
Sito web
Autore
Autore testo critico