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Fabrizio Di Pietro – Il simbolo e il segno
La colomba, l’agnello, il pesce sono simboli appartenenti ad un codice linguistico legato indissolubilmente alla storia del Cristianesimo, di Roma e per riflesso a quella personale di ciascuno. Eppure, allo stesso tempo, hanno un riferimento nell’immaginario archetipo della collettività umana. Essi si ri-trovano nell’installazione di Fabrizio Di Pietro, immediatamente riconoscibili nell’evidenza essenziale delle loro forme.
Comunicato stampa
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IL SIMBOLO E IL SEGNO
La colomba, l’agnello, il pesce sono simboli appartenenti ad un codice linguistico legato indissolubilmente alla storia del Cristianesimo, di Roma e per riflesso a quella personale di ciascuno. Eppure, allo stesso tempo, hanno un riferimento nell’immaginario archetipo della collettività umana.
Essi si ri-trovano nell’installazione di Fabrizio Di Pietro, immediatamente riconoscibili nell’evidenza essenziale delle loro forme.
Tuttavia la strutturazione spaziale dell’opera in un percorso non logico, teo-logico o narrativo, fatto di “nodi” comunicativi – il corteo di mitre, la fila di ciotole con i pesci, la volta stellata – nonché la decontestualizzazione stessa dei singoli elementi sembrano contraddirne la “familiarità”, instillare una dissonanza nella memoria visiva di chi guarda. Così, le mitre vescovili, associate spesso al “potere” gerarchico e distante della curia, poggiano sul suolo, a contatto con la terra e la polvere; il pesce-Cristo catacombale è sorretto da una ciotola di plastica verde – allusione forse alla mensa degli ultimi? – ; il cielo stellato della Bibbia, che è orientamento e Luce del credente, si materializza in un’impalcatura di legno.
Certo, molti significati sono presenti, stratificati, in ognuna di queste immagini, così come infiniti sono i richiami delle forme e dei colori stessi alla loro “vita” storica e soprattutto liturgica, dal verde della speranza, al bianco dell’innocenza. Tuttavia i simboli si riconsegnano qui al gesto estetico ritrovandovi la vitalità essenziale di ”segni” che si danno al fruitore aperti, mai definitivi. Si danno come materia povera – gesso, vetroresina, legno – plasmata, incisa, graffiata, che rivela la spiritualità del gracile segno infantile, di una scrittura tutta interiore. E così l’installazione in toto si sottrae al pericolo della sistematizzazione filosofica, della logica esplicativa per costruirsi via via come iter fluente – non concluso – di equilibri sottili, come coralità lieve di elementi molteplici.
Rossella Martinelli
La colomba, l’agnello, il pesce sono simboli appartenenti ad un codice linguistico legato indissolubilmente alla storia del Cristianesimo, di Roma e per riflesso a quella personale di ciascuno. Eppure, allo stesso tempo, hanno un riferimento nell’immaginario archetipo della collettività umana.
Essi si ri-trovano nell’installazione di Fabrizio Di Pietro, immediatamente riconoscibili nell’evidenza essenziale delle loro forme.
Tuttavia la strutturazione spaziale dell’opera in un percorso non logico, teo-logico o narrativo, fatto di “nodi” comunicativi – il corteo di mitre, la fila di ciotole con i pesci, la volta stellata – nonché la decontestualizzazione stessa dei singoli elementi sembrano contraddirne la “familiarità”, instillare una dissonanza nella memoria visiva di chi guarda. Così, le mitre vescovili, associate spesso al “potere” gerarchico e distante della curia, poggiano sul suolo, a contatto con la terra e la polvere; il pesce-Cristo catacombale è sorretto da una ciotola di plastica verde – allusione forse alla mensa degli ultimi? – ; il cielo stellato della Bibbia, che è orientamento e Luce del credente, si materializza in un’impalcatura di legno.
Certo, molti significati sono presenti, stratificati, in ognuna di queste immagini, così come infiniti sono i richiami delle forme e dei colori stessi alla loro “vita” storica e soprattutto liturgica, dal verde della speranza, al bianco dell’innocenza. Tuttavia i simboli si riconsegnano qui al gesto estetico ritrovandovi la vitalità essenziale di ”segni” che si danno al fruitore aperti, mai definitivi. Si danno come materia povera – gesso, vetroresina, legno – plasmata, incisa, graffiata, che rivela la spiritualità del gracile segno infantile, di una scrittura tutta interiore. E così l’installazione in toto si sottrae al pericolo della sistematizzazione filosofica, della logica esplicativa per costruirsi via via come iter fluente – non concluso – di equilibri sottili, come coralità lieve di elementi molteplici.
Rossella Martinelli
13
dicembre 2008
Fabrizio Di Pietro – Il simbolo e il segno
Dal 13 dicembre 2008 al 10 gennaio 2009
arte contemporanea
Location
CASA DI SANTA GIACINTA – CARITAS DIOCESANA DI ROMA
Roma, Via Casilina Vecchia, 19, (Roma)
Roma, Via Casilina Vecchia, 19, (Roma)
Orario di apertura
da lunedì a domenica 10,00-12,00 / 16,00-18,00
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