Nella mia vita sono sempre stato circondato da cose belle, direi di essere quasi "abituato" alla bellezza... anche se questa, per fortuna, non si esaurisce mai.
Quando ho visto per la prima volta le opere di Fernando Cucci ho sentito l'esigenza di toccarle per capirle, passarci la mano sopra per sentirne le superfici, la porosità, guardarne bene ogni dettaglio della pelle. Blocchi di pietra, che lavorati e reinventati, portano in lontanissime epoche corrose ormai dal vento.
Ecco davanti a noi strati graffiati e stratificati, calmi nella loro vecchiaia e pacifici nella loro trasformazione.
Sono opere che ti fanno rimanere ad osservarle in silenzio, perché si sente che hanno un lungo tempo da raccontare, piano piano, sono loro i protagonisti del dialogo.
Incantano perché sembra ti stiano aspettando... la parola "kronos" che intitola la mostra dice tutto, è il tempo che corre e si ferma, che accelera e frena. E non è un caso che Fernando Cucci abbia scelto una parola in greco per rappresentare il suo lavoro, lui che da pugliese un po' di sangue greco lo ha, tanto da divenire un eccezionale interprete del suo e nostro "kronos".

Firenze, 28 ottobre 2016

Luigi Bellini