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Floriano Gheno – Un maestro della ceramica novese
Per la prima volta a Mantova il maestro della ceramica novese Floriano Gheno
Comunicato stampa
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Per la prima volta a Mantova il maestro della ceramica novese Floriano Gheno.
La mostra, che gode del patrocinio del Comune di Nove, si inaugurerà Sabato 6 maggio alle ore 18.00 con presen-tazione di Giovanni Pilotto alla presenza dell’artista.
In occasione della mostra, è stato edito il catalogo “Floriano Gheno. Un maestro della ceramica novese” con testi di Giovanni Pilotto e Pier Giuseppe Zanolli, da Arianna Sartori Editore.
Le opere ceramiche e i dipinti saranno esposti al pubblico fino al prossimo 18 maggio 2017.
Floriano pittore globale
Un ceramista che segue l’intera filiera del lavoro con l’argilla, generalmente deve affrontare anche la fase pittorica, usando smalti, tinte sottovernice, terzo fuoco o/e altre soluzioni più o meno affini. Ecco allora che, spesso, dipinge anche su tela o a altri supporti legno, gesso, pareti ecc. Floriano ora espone in Casa Sartori, Mecenati Mantovani delle arti attuali, grandi quadri oltre alle ceramiche. Nei quadri acrilici manifesta ispirazioni legate al verbo surrealista, composizioni ricche di movimento, fantasiose, vivaci, talvolta con qualche cenno figurativo. Queste tele dal colore squillante che costituisce il suo leit motiv principale, sono marcatamente astratte, qualificate spesso da linee ondulate e fasce larghe.
Floriano è un po’ più giovane di me, ma condividiamo esperienze che ci accomunano.
È stato allievo e docente all’istituto d’Arte De Fabris di Nove, ha sperimentato il lavoro in serie della fabbrica, con manufatti personali condotti con prove tematiche, compositive e tecniche. Nel tempo ha esposto a Nove, Marostica, Bassano, Vicenza, Venezia, Albissola, Faenza, Zugliano, Tezze sul Brenta, in alcune con ceramiche e altre con quadri. Ha raccolto consensi e apprezzamenti per la qualità, la ricerca in siti qualificati, nelle biblioteche, sale comunali, gallerie.
Nell’aspetto plastico, le sue opere fatte in terraglia o refrattario porcellanato, sono più volte definite da tagli e fori che modulano superfici ampie per accogliere splendide soluzioni cromatico-lineari.
Penso d’essere nel giusto se affermo di aver notato più volte che le opere di Floriano sono molto accattivanti, belle le ciotole, scudi, sfere alcune di grandi dimensioni, i vasi, le alzate ecc. risolte con purezza e sensibilità.
Nella sua attività espositiva, sono state importanti l’ammissione al Premio Faenza nel 1991, e la personale Veneziana alle “Prigioni di Palazzo Ducale” nel 2008.
Floriano, siamo negli anni nei quali, ciò che riusciremmo a produrre dovrà avere il sigillo Ceramico Pittorico di un’arte antica, paesana, rappresentata in quattro secoli da illustri personalità. Ti auguro di continuare e proseguire criticamente con soddisfazione, impegno e onestà.
Il tuo amico di sempre
Pier Giuseppe Zanolli
Floriano Gheno un maestro della ceramica novese
Nove ama chiamarsi “terra di antica tradizione ceramica” e ne ha tutto il diritto perché da quattro secoli le sue manifatture ed i suoi artisti creano autentici capolavori.
I decoratori delle ceramiche dovevano seguire un percorso di apprendistato paziente e difficile: essi iniziavano con il dipingere singoli motivi decorativi, come le foglie e i petali di un fiore, per arrivare alla fine alle complesse composizioni naturalistiche. L’apprendimento della stesura del colore era fondamentale, per cui era necessario saper utilizzare tutti i pennelli di forma e dimensioni diverse. Le abilità tecniche apprese permettevano agli artisti di raffigurare i soggetti con estremo realismo, ma anche in modo più semplice ed astratto. Gli stili decorativi della ceramica si sono evoluti nel tempo a seconda dei gusti estetici incipienti e delle richieste di mercato. A partire dall’Ottocento lo stile naturalistico complesso della decorazione neo-rococò si è trasformato (qualcuno direbbe involuto) dando origine a nuove soluzioni compositive e pittoriche dette popolari. Le raffinate e variegate elaborazioni floreali del Settecento sono state rimpiazzate da composizioni più semplici, realizzate con poche e fugaci pennellate, completate da decorazioni a spugnetta o a mascherina. Una maggiore semplificazione tecnica ed formale è intervenuta a plasmare uno stile vero e proprio1. Il comune denominatore di questa trasformazione storica è la tecnica pittorica applicata alla ceramica, dove la preparazione e la stesura del colore hanno sempre richiesto una grande abilità. Floriano Gheno è vissuto e si è formato in questo contesto, assimilando pienamente l’arte della ceramica e portando avanti una ricerca che, come la storia della ceramica novese insegna, lo ha portato a trasformare la prima produzione figurativa verso esiti astratti.
Un continuo rinnovamento linguistico e stilistico è dunque insito in tutta la produzione ceramica, in bilico tra il figurativo e l’opzione astratta, sunto di un nuovo gusto quanto dell’influenza dell’arte contemporanea. L’apertura dell’arte novese verso la novità è stata particolarmente significativa dal secondo dopoguerra, allorché gli artisti locali, dopo aver frequentato l’Istituto Statale d’Arte, hanno completato il proprio percorso formativo presso le accademie veneziane (e non solo) partecipando ad esposizioni nazionali ed internazionali. Non secondario è stato il confronto con le manifatture ceramiche italiane e straniere, specialmente in occasione delle Fiere dell’Artigianato, come quella della vicina città di Vicenza.
La produzione ceramica pertanto è sempre stata ricettiva e mai insensibile agli elementi di novità; nel suo continuo divenire gli artisti decoratori hanno avuto parte attiva, soprattutto per il fatto che la loro personale sperimentazione è sempre confluita nella progettazione e produzione artigianale, in un continuo scambio ove è difficile distinguere il dare dall’avere.
Come accennato, l’Istituto Statale d’Arte “G. De Fabris” (oggi Liceo Artistico) di Nove ha avuto un ruolo importante per la storia della ceramica novese. Generazioni di ceramisti si sono formati in questa scuola, alcuni dei quali hanno avuto o hanno tuttora successo internazionale nell’ambito della produzione artistica contemporanea, basti ricordare i nomi di Pompeo Pianezzola, Andrea Parini, Federico Bonaldi, Alessio Tasca, Cesare Sartori, Giuseppe Lucietti, ecc.
Floriano Gheno, nato a Nove nel 1940, come studente della locale Scuola d’Arte e poi dell’Istituto d’Arte di Velletri, fino al 1967 si avvalse dell’insegnamento di due maestri pittori e decoratori quali Gino Cuman e Pompeo Pianezzola. Non secondaria fu l’esperienza con Andrea Parini e Andrea Tolio per quanto concerne la formatura e la plastica, maestri dai quali ha appreso l’arte della modellazione. Dal 1971 al 1998 Floriano divenne a sua volta docente presso lo stesso Istituto, attività che continua tutt’oggi in veste di consulente esterno.
Come tutti gli apprendisti, negli anni Settanta ebbe anche un’importante esperienza lavorativa presso la manifattura Petucco & Tolio, sorta nel 1945 e attiva fino agli anni Novanta2. Qui ebbe modo di perfezionare le tecniche pittoriche applicate alle composizioni tradizionali, sia di stile neo-rococò che popolare.
Proficua fu anche l’attività di modellazione, la quale gli permise di mettere a frutto tutto quello che aveva imparato durante la formazione scolastica, creando modelli che poi sono entrati nella produzione della manifattura. Conta anche sottolineare che per Floriano Gheno è sempre stato fondamentale mettere assieme pratica e grammatica, cioè perfezionare ed ottimizzare le proprie abilità e le nuove conoscenze sia dal punto di vista teorico sia sotto l’aspetto pratico, continuando contestualmente a studiare con interesse altri artisti e assimilando le novità che si affacciavano nel panorama artistico contemporaneo.
L’attività artistica di Floriano Gheno, a questo punto, come per molti ceramisti, vivrà una doppia vita, da un lato come decoratore a servizio della produzione artigianale, dall’altro lato nella ricerca di una produzione personale, più aperta alla sperimentazione. È proprio in quest’ultimo ambito che egli svilupperà uno stile del tutto personale che troverà applicazione soprattutto nell’ambito della produzione ceramica.
Possiamo affermare che lo sviluppo stilistico dell’arte di Floriano, nasce, vive e si trasforma seguendo un percorso che accomuna molti pittori e ceramisti contemporanei, ovvero il passaggio dal figurativo all’astratto. È un percorso graduale, come abbiamo visto, da sempre tratto peculiare nella storia artistica locale, che sicuramente influenzato il suo modo di pensare e produrre la ceramica.
Il filo conduttore di questo processo evolutivo è stato dettato dalla preoccupazione tecnica nel scegliere ed utilizzare il colore, un vero rovello per l’artista, il quale ha fatto della pennellata e la stesura del colore i veri protagonisti della sua produzione.
La trasformazione stilistica sopra accennata e la volontà di apprendere e perfezionare nuove tecniche pittoriche ha portato Floriano Gheno ad utilizzare nuovi strumenti come l’aerografo, soprattutto per realizzare dipinti su tavola. In queste opere non è marginale lo studio del colore, steso per campiture a formare texture ed effetti materici, grazie ad un sapiente uso del pennello, della spatola e di altri sussidi. La pennellata larga ottenuta con la pennellessa è già utilizzata in alcuni dipinti, come “Studio uno” e diventerà motivo predominante nella decorazione ceramica.
I quadri scelti per questa esposizione, denotano come l’artista abbia voluto cimentarsi dapprima in composizioni naturalistiche legate al tema del paesaggio, per passare poi a soluzioni di chiaro stile surrealista. Nel dipinto “Il mulino” possiamo riconoscere facilmente un tipico scorcio di Nove con l’antico “mulino pestasassi” in primo piano e sullo sfondo il campanile della chiesa. parrocchiale. Già in quest’opera possiamo trovare alcuni elementi surreali, come la soluzione grafica del cielo e delle nuvole e i profili stilizzati che fanno capolino sul lato sinistro della composizione. La tecnica all’aerografo è eseguita con precisione e piena padronanza del mezzo. Possiamo anche osservare come la scelta cromatica sia equilibrata, orchestrata tra i toni freddi del verde e dell’azzurro e i toni caldi della terra di Siena e del giallo. Tale accostamento sarà privilegiato dall’artista.
Del tutto singolari sono invece i dipinti di matrice surrealista, nel voluto gioco compositivo di forme geometriche e di elementi naturalistici, non ultimi i volti e i corpi stilizzati che rammentano quelli dell’artista spagnolo Salvador Dalì (Cfr. “Geometrie allo specchio”, pag. 16). In queste opere il virtuosismo tecnico dell’aerografo fa bella mostra di sé nella sapiente realizzazione delle sfumature e nella resa plastica dei volumi geometrici.
La pittura astratta si affida invece allo studio della superficie materica e della composizione timbrica del colore acrilico. Non mancano in queste opere citazioni di noti artisti facilmente riconoscibili, quali Juan Mirò in “Surreale due. Omaggio a Mirò” e Capogrossi in “Studio uno”. In queste opere la tavolozza si fa variegata e del tutto sperimentale, variando da composizioni di toni bruni contrapposti al bianco e nero del dipinto “Lo specchio”, a soluzioni espressionistiche di “Studio uno” e “Volo planare”. Nei dipinti “Surreale uno” e “Geometrie” il registro tecnico cambia ancora una volta e conferma la ricerca dell’autore di nuove soluzioni pittoriche. La superficie si fa più spessa, con effetti cromatici frastagliati e vibranti, ottenuti con la sovrapposizione di pennellate scomposte e con la tecnica del dripping. In esse Floriano Gheno dimostra di voler giocare con il disegno e il colore, inventando forme fantastiche e strutture geometriche che si compenetrano, dando vita a composizioni dinamiche e vivaci, bloccate soltanto da limitate campiture o contorni di colore nero e bianco. È un modo per affidare alla pittura su tavola lo studio di colori e composizioni che poi ritroveremo essenzialmente riprodotte anche nelle superfici ceramiche, nelle quali per ragioni tecniche, la sperimentazione e i ripensamenti non sono ammessi.
Non è comunque nella pittura su tavola che Floriano Gheno dà il suo meglio. La decorazione ceramica certamente rappresenta la sua produzione più riuscita, sia dal punto di vista tecnico che stilistico. La padronanza dello studio plastico delle forme e la pittura su maiolica, lo ha portato alla creazione di artefatti straordinari che rappresentano un unicum nella produzione artistica contemporanea. I supporti che egli produce sono piastre (una sorta di cune di icone concave che accolgono la pittura) e sfere, ma anche grandi scudi circolari, piatti e ciotole, vasi e piccoli vassoi a forma lanceolata con una funzione anche pratica di portaoggetti. Le ceramiche sono principalmente in terraglia, semirefrattario e gres porcellanato, materiali che l’artista lavora con perizia e notevole abilità tecnica, se si considerano le grandi dimensioni.
Le piastre hanno contorni mistilinei, ma questi sono del tutto ininfluenti rispetto alla composizione pittorica. Talvolta troviamo tagli o fori che rimandano ad un altro piano dell’opera e che appartengono unicamente alla forma dell’oggetto. Questi interventi non hanno alcun significato concettuale dichiarato, come lo sono stati i tagli di Fontana o le incisioni di Leoncillo, ma sono puri interventi formali che denotano uno studio estetico dei singoli oggetti, a prescindere dalla fase pittorica3.
L’autore sperimenta numerosi modi di stendere il colore, ora pennellate larghe e fluide, ora picchiettato con la spugna, ora dipinto a punta di pennello. Sono tutte tecniche che ancora una volta si rifanno alla tradizione, ma utilizzate per creare superfici cromatiche tra di loro dissonanti4. Le forme dipinte sono del tutto astratte anche se non mancano rimandi al mondo naturale, come le squame che ricoprono le fasce serpentiformi. Nelle piastre a sfondo azzurro l’artista ama impaginare strani simboli blu e marrone che immediatamente ricordano la pittura arcaica e primitiva, ma anche l’esercizio della calligrafia. La composizione di questi pittogrammi segue un ordine preciso, partendo da una forma centrale si allargano verso i bordi con aste e curve che completano i simboli. Tali forme spigolose e inquietanti non hanno alcun significato, sono simboli affiorati dall’inconscio dell’artista o creati attraverso un modo di procedere automatico e spontaneo, senza alcun filtro razionale. Per interpretare questi simboli non mi sembra il caso di scomodare l’arte delle antiche civiltà Orientali e Occidentali, l’arte rupestre, gli artisti della Pop Art e della Street Art. Per i più fantasiosi queste forme possono essere addirittura interpretate come dei simboli ermetici da decifrare che appartengono ad una cultura lontana ed aliena. Floriano Gheno, dal mio punto di vista, ama semplicemente sperimentare il colore e le infinite possibilità formali delle pennellate, la preoccupazione è semmai di natura tecnico-gestuale, figlia di una disposizione mentale legata all’automatismo psichico o all’esperienza dell’informale gestuale5. Questi simboli misteriosi vengono dipinti in modo spontaneo, senza alcuna premeditazione, attraverso la giustapposizione di pennellate che danno vita a una forma articolata e complessa. L’interpretazione è affidata unicamente a noi, attingendo ciascuno dall’immaginario culturale.
Anche nelle piastre, come nei dipinti su tavola, troviamo una scelta precisa dei colori, giocati sulla discordanza tra toni caldi e toni freddi, dove questo contrasto diventa stridente nei tasselli rossi o terra di Siena inseriti nelle forme blu. Sarebbe interessante chiedere all’artista quale passione lo leghi al colore blu e azzurro, visto che è il colore predominante nella maggior parte delle sue opere. Il blu è un colore che non ha avuto vita facile sin dall’antichità, a partire dai Romani, dove era disprezzato in quanto colore dei Barbari, degli stranieri6. Fino al Medioevo esso non era presente nemmeno nell’arte e nei paramenti religiosi (il rosso, il nero e il bianco erano i colori predominanti) e solo più tardi è diventato simbolo di spiritualità per eccellenza (si pensi al manto blu della Madonna o alle gradazioni nelle vetrate delle cattedrali). Dal Medioevo in poi il blu sarà accettato dalla cultura, dalla politica e dalla società, pigmentando manti regali, le bandiere degli stati, addirittura la stoffa per i pantaloni jeans. Dal punto di vista psicologico il blu è un colore rassicurante, appagante ed equilibrato, è un colore per dirla con Michel Pastoureau, “giudizioso”.
Non entro nel merito degli aspetti della personalità di Floriano Gheno, ma sono certo che anche per lui il colore blu è un colore rassicurante, silenzioso, che non crea disturbi percettivi o psicologici, ma suscita sensazioni estetiche intense.
Le sfere sono sicuramente le opere più riuscite dell’artista in quanto è nella decorazione a tutto tondo che egli raggiunge esiti pittorici apprezzabili. Esse possono raggiungere dimensioni importanti e tanto sono più grandi, tanto mostrano una decorazione pittorica complessa e variegata. La stesura del colore con la pennellessa delinea grandi fasce blu ed azzurre, che talvolta si intrecciano ad altre di colore terra di Siena, molto chiaro e diluito. La padronanza tecnica è totale: le larghe campiture di colore liquido, talvolta trasparente, si sovrappongono e intrecciandosi danno vita a un groviglio dinamico di fasce colorate in continuo movimento, che creano piani spaziali sovrapposti, come possiamo osservare nell’opera “Globula”. Non troviamo mai una stesura del colore compatta e omogenea: il colore fluido interagisce tramite sfumate mescolanze o trasparenze. Queste superfici sono poi arricchite da vari elementi decorativi desunti dalle tecniche tradizionali: piccoli fiori stilizzati o forme tondeggianti rese con le spugnette intagliate, zone di colore tamponato, punti, squame e piccoli cerchi dipinti con la punta del pennello, tratteggi, incisioni del colore con elementi metallici, ecc. Il risultato è una serie di pattern visivi che rendono estremamente piacevole e suggestivo l’effetto estetico, come possiamo ad esempio osservare nell’opera “Lirica”. Per ammissione dello stesso artista, queste composizioni dinamiche e avvolgenti sono per lui fonte di disagio psicologico, per il timore d’essere invischiato nel groviglio sinuoso delle forme, per cui risulta necessario ancorare e frenare questo dinamismo grazie ad alcuni elementi che sono poi marcati contorni bruni, strane geometriche graffe blu (che possono essere lette anche come una quadrupede stilizzato) ed intarsi di un acceso rosso carminio, come possiamo osservare nelle opere “Deimos” e “Sgargiante”.
Simboli complessi ed ermetici ideogrammi sovente ricorrono nelle composizioni di Floriano Gheno: in alcune sfere sono gli unici elementi decorativi, dipinti preferibilmente con il colore nero, come possiamo osservare nell’opera “Orione” (pag. 30). La loro incisività visiva è messa in risalto dal contrasto con i toni chiari e omogenei scelti per lo sfondo o da un brillante color oro che rende l’oggetto luminoso e prezioso. L’interpretazione di questi elementi può essere ancora una volta solo arbitraria o dettata dall’esigenza, sempre presente, di condurre le forme astratte a qualcosa di figurativo.
Le grandi sfere sono le opere predilette da Floriano Gheno, sono forme che gli permettono di dare una dimensione tridimensionale alla pittura, estensione che è poi propria della scultura.
Negli scudi l’artista conferma la versatilità compositiva che abbiamo descritto per le grandi sfere, con l’aggiunta di ulteriori elementi. La decorazione di queste superfici è del tutto analoga a quella dei globi precedentemente descritti, tanto da sembrare delle sfere schiacciate su un piano come ad esempio “Quadrangolo”. Nell’opera “Sinfonia uno” viene ribadita la necessità da parte dell’artista di bloccare e imbrigliare il groviglio cromatico dentro forme stabili ed assolute, in questo caso ampie superfici nere che premono verso il centro il colore, come due tenaglie. La pittura sembra volersi liberare da questa costrizione, come se fosse una materia organica ed animata7.
Possiamo concludere affermando che l’anima di Floriano Gheno è nella pittura. La sua passione per la pennellata e il colore lo ha portato a percorrere una strada dove la tecnica ha una grande valenza, soprattutto quando la materia trattata è la ceramica. Dipingere è per lui soprattutto “gesto”, un movimento fluido ed elegante della mano e del del pennello che stende il colore sulla superficie dell’oggetto. Non c’è alcuna ideazione o progettazione, l’opera nasce unicamente nel momento della sua creazione. Le opere che suscitano particolare ammirazione sono senz’altro le sfere in ceramica, dove l’artista supera il tradizione concetto funzionale di decorazione applicata poiché la forma plastica coincide perfettamente con la superficie pittorica. Tali opere rappresentano una sintesi perfetta del suo percorso artistico, del suo modo di pensare e creare la ceramica, nella volontà mai sufficientemente dichiarata, di elevare questa arte applicata ad un rango superiore.
Giovanni Pilotto
La mostra, che gode del patrocinio del Comune di Nove, si inaugurerà Sabato 6 maggio alle ore 18.00 con presen-tazione di Giovanni Pilotto alla presenza dell’artista.
In occasione della mostra, è stato edito il catalogo “Floriano Gheno. Un maestro della ceramica novese” con testi di Giovanni Pilotto e Pier Giuseppe Zanolli, da Arianna Sartori Editore.
Le opere ceramiche e i dipinti saranno esposti al pubblico fino al prossimo 18 maggio 2017.
Floriano pittore globale
Un ceramista che segue l’intera filiera del lavoro con l’argilla, generalmente deve affrontare anche la fase pittorica, usando smalti, tinte sottovernice, terzo fuoco o/e altre soluzioni più o meno affini. Ecco allora che, spesso, dipinge anche su tela o a altri supporti legno, gesso, pareti ecc. Floriano ora espone in Casa Sartori, Mecenati Mantovani delle arti attuali, grandi quadri oltre alle ceramiche. Nei quadri acrilici manifesta ispirazioni legate al verbo surrealista, composizioni ricche di movimento, fantasiose, vivaci, talvolta con qualche cenno figurativo. Queste tele dal colore squillante che costituisce il suo leit motiv principale, sono marcatamente astratte, qualificate spesso da linee ondulate e fasce larghe.
Floriano è un po’ più giovane di me, ma condividiamo esperienze che ci accomunano.
È stato allievo e docente all’istituto d’Arte De Fabris di Nove, ha sperimentato il lavoro in serie della fabbrica, con manufatti personali condotti con prove tematiche, compositive e tecniche. Nel tempo ha esposto a Nove, Marostica, Bassano, Vicenza, Venezia, Albissola, Faenza, Zugliano, Tezze sul Brenta, in alcune con ceramiche e altre con quadri. Ha raccolto consensi e apprezzamenti per la qualità, la ricerca in siti qualificati, nelle biblioteche, sale comunali, gallerie.
Nell’aspetto plastico, le sue opere fatte in terraglia o refrattario porcellanato, sono più volte definite da tagli e fori che modulano superfici ampie per accogliere splendide soluzioni cromatico-lineari.
Penso d’essere nel giusto se affermo di aver notato più volte che le opere di Floriano sono molto accattivanti, belle le ciotole, scudi, sfere alcune di grandi dimensioni, i vasi, le alzate ecc. risolte con purezza e sensibilità.
Nella sua attività espositiva, sono state importanti l’ammissione al Premio Faenza nel 1991, e la personale Veneziana alle “Prigioni di Palazzo Ducale” nel 2008.
Floriano, siamo negli anni nei quali, ciò che riusciremmo a produrre dovrà avere il sigillo Ceramico Pittorico di un’arte antica, paesana, rappresentata in quattro secoli da illustri personalità. Ti auguro di continuare e proseguire criticamente con soddisfazione, impegno e onestà.
Il tuo amico di sempre
Pier Giuseppe Zanolli
Floriano Gheno un maestro della ceramica novese
Nove ama chiamarsi “terra di antica tradizione ceramica” e ne ha tutto il diritto perché da quattro secoli le sue manifatture ed i suoi artisti creano autentici capolavori.
I decoratori delle ceramiche dovevano seguire un percorso di apprendistato paziente e difficile: essi iniziavano con il dipingere singoli motivi decorativi, come le foglie e i petali di un fiore, per arrivare alla fine alle complesse composizioni naturalistiche. L’apprendimento della stesura del colore era fondamentale, per cui era necessario saper utilizzare tutti i pennelli di forma e dimensioni diverse. Le abilità tecniche apprese permettevano agli artisti di raffigurare i soggetti con estremo realismo, ma anche in modo più semplice ed astratto. Gli stili decorativi della ceramica si sono evoluti nel tempo a seconda dei gusti estetici incipienti e delle richieste di mercato. A partire dall’Ottocento lo stile naturalistico complesso della decorazione neo-rococò si è trasformato (qualcuno direbbe involuto) dando origine a nuove soluzioni compositive e pittoriche dette popolari. Le raffinate e variegate elaborazioni floreali del Settecento sono state rimpiazzate da composizioni più semplici, realizzate con poche e fugaci pennellate, completate da decorazioni a spugnetta o a mascherina. Una maggiore semplificazione tecnica ed formale è intervenuta a plasmare uno stile vero e proprio1. Il comune denominatore di questa trasformazione storica è la tecnica pittorica applicata alla ceramica, dove la preparazione e la stesura del colore hanno sempre richiesto una grande abilità. Floriano Gheno è vissuto e si è formato in questo contesto, assimilando pienamente l’arte della ceramica e portando avanti una ricerca che, come la storia della ceramica novese insegna, lo ha portato a trasformare la prima produzione figurativa verso esiti astratti.
Un continuo rinnovamento linguistico e stilistico è dunque insito in tutta la produzione ceramica, in bilico tra il figurativo e l’opzione astratta, sunto di un nuovo gusto quanto dell’influenza dell’arte contemporanea. L’apertura dell’arte novese verso la novità è stata particolarmente significativa dal secondo dopoguerra, allorché gli artisti locali, dopo aver frequentato l’Istituto Statale d’Arte, hanno completato il proprio percorso formativo presso le accademie veneziane (e non solo) partecipando ad esposizioni nazionali ed internazionali. Non secondario è stato il confronto con le manifatture ceramiche italiane e straniere, specialmente in occasione delle Fiere dell’Artigianato, come quella della vicina città di Vicenza.
La produzione ceramica pertanto è sempre stata ricettiva e mai insensibile agli elementi di novità; nel suo continuo divenire gli artisti decoratori hanno avuto parte attiva, soprattutto per il fatto che la loro personale sperimentazione è sempre confluita nella progettazione e produzione artigianale, in un continuo scambio ove è difficile distinguere il dare dall’avere.
Come accennato, l’Istituto Statale d’Arte “G. De Fabris” (oggi Liceo Artistico) di Nove ha avuto un ruolo importante per la storia della ceramica novese. Generazioni di ceramisti si sono formati in questa scuola, alcuni dei quali hanno avuto o hanno tuttora successo internazionale nell’ambito della produzione artistica contemporanea, basti ricordare i nomi di Pompeo Pianezzola, Andrea Parini, Federico Bonaldi, Alessio Tasca, Cesare Sartori, Giuseppe Lucietti, ecc.
Floriano Gheno, nato a Nove nel 1940, come studente della locale Scuola d’Arte e poi dell’Istituto d’Arte di Velletri, fino al 1967 si avvalse dell’insegnamento di due maestri pittori e decoratori quali Gino Cuman e Pompeo Pianezzola. Non secondaria fu l’esperienza con Andrea Parini e Andrea Tolio per quanto concerne la formatura e la plastica, maestri dai quali ha appreso l’arte della modellazione. Dal 1971 al 1998 Floriano divenne a sua volta docente presso lo stesso Istituto, attività che continua tutt’oggi in veste di consulente esterno.
Come tutti gli apprendisti, negli anni Settanta ebbe anche un’importante esperienza lavorativa presso la manifattura Petucco & Tolio, sorta nel 1945 e attiva fino agli anni Novanta2. Qui ebbe modo di perfezionare le tecniche pittoriche applicate alle composizioni tradizionali, sia di stile neo-rococò che popolare.
Proficua fu anche l’attività di modellazione, la quale gli permise di mettere a frutto tutto quello che aveva imparato durante la formazione scolastica, creando modelli che poi sono entrati nella produzione della manifattura. Conta anche sottolineare che per Floriano Gheno è sempre stato fondamentale mettere assieme pratica e grammatica, cioè perfezionare ed ottimizzare le proprie abilità e le nuove conoscenze sia dal punto di vista teorico sia sotto l’aspetto pratico, continuando contestualmente a studiare con interesse altri artisti e assimilando le novità che si affacciavano nel panorama artistico contemporaneo.
L’attività artistica di Floriano Gheno, a questo punto, come per molti ceramisti, vivrà una doppia vita, da un lato come decoratore a servizio della produzione artigianale, dall’altro lato nella ricerca di una produzione personale, più aperta alla sperimentazione. È proprio in quest’ultimo ambito che egli svilupperà uno stile del tutto personale che troverà applicazione soprattutto nell’ambito della produzione ceramica.
Possiamo affermare che lo sviluppo stilistico dell’arte di Floriano, nasce, vive e si trasforma seguendo un percorso che accomuna molti pittori e ceramisti contemporanei, ovvero il passaggio dal figurativo all’astratto. È un percorso graduale, come abbiamo visto, da sempre tratto peculiare nella storia artistica locale, che sicuramente influenzato il suo modo di pensare e produrre la ceramica.
Il filo conduttore di questo processo evolutivo è stato dettato dalla preoccupazione tecnica nel scegliere ed utilizzare il colore, un vero rovello per l’artista, il quale ha fatto della pennellata e la stesura del colore i veri protagonisti della sua produzione.
La trasformazione stilistica sopra accennata e la volontà di apprendere e perfezionare nuove tecniche pittoriche ha portato Floriano Gheno ad utilizzare nuovi strumenti come l’aerografo, soprattutto per realizzare dipinti su tavola. In queste opere non è marginale lo studio del colore, steso per campiture a formare texture ed effetti materici, grazie ad un sapiente uso del pennello, della spatola e di altri sussidi. La pennellata larga ottenuta con la pennellessa è già utilizzata in alcuni dipinti, come “Studio uno” e diventerà motivo predominante nella decorazione ceramica.
I quadri scelti per questa esposizione, denotano come l’artista abbia voluto cimentarsi dapprima in composizioni naturalistiche legate al tema del paesaggio, per passare poi a soluzioni di chiaro stile surrealista. Nel dipinto “Il mulino” possiamo riconoscere facilmente un tipico scorcio di Nove con l’antico “mulino pestasassi” in primo piano e sullo sfondo il campanile della chiesa. parrocchiale. Già in quest’opera possiamo trovare alcuni elementi surreali, come la soluzione grafica del cielo e delle nuvole e i profili stilizzati che fanno capolino sul lato sinistro della composizione. La tecnica all’aerografo è eseguita con precisione e piena padronanza del mezzo. Possiamo anche osservare come la scelta cromatica sia equilibrata, orchestrata tra i toni freddi del verde e dell’azzurro e i toni caldi della terra di Siena e del giallo. Tale accostamento sarà privilegiato dall’artista.
Del tutto singolari sono invece i dipinti di matrice surrealista, nel voluto gioco compositivo di forme geometriche e di elementi naturalistici, non ultimi i volti e i corpi stilizzati che rammentano quelli dell’artista spagnolo Salvador Dalì (Cfr. “Geometrie allo specchio”, pag. 16). In queste opere il virtuosismo tecnico dell’aerografo fa bella mostra di sé nella sapiente realizzazione delle sfumature e nella resa plastica dei volumi geometrici.
La pittura astratta si affida invece allo studio della superficie materica e della composizione timbrica del colore acrilico. Non mancano in queste opere citazioni di noti artisti facilmente riconoscibili, quali Juan Mirò in “Surreale due. Omaggio a Mirò” e Capogrossi in “Studio uno”. In queste opere la tavolozza si fa variegata e del tutto sperimentale, variando da composizioni di toni bruni contrapposti al bianco e nero del dipinto “Lo specchio”, a soluzioni espressionistiche di “Studio uno” e “Volo planare”. Nei dipinti “Surreale uno” e “Geometrie” il registro tecnico cambia ancora una volta e conferma la ricerca dell’autore di nuove soluzioni pittoriche. La superficie si fa più spessa, con effetti cromatici frastagliati e vibranti, ottenuti con la sovrapposizione di pennellate scomposte e con la tecnica del dripping. In esse Floriano Gheno dimostra di voler giocare con il disegno e il colore, inventando forme fantastiche e strutture geometriche che si compenetrano, dando vita a composizioni dinamiche e vivaci, bloccate soltanto da limitate campiture o contorni di colore nero e bianco. È un modo per affidare alla pittura su tavola lo studio di colori e composizioni che poi ritroveremo essenzialmente riprodotte anche nelle superfici ceramiche, nelle quali per ragioni tecniche, la sperimentazione e i ripensamenti non sono ammessi.
Non è comunque nella pittura su tavola che Floriano Gheno dà il suo meglio. La decorazione ceramica certamente rappresenta la sua produzione più riuscita, sia dal punto di vista tecnico che stilistico. La padronanza dello studio plastico delle forme e la pittura su maiolica, lo ha portato alla creazione di artefatti straordinari che rappresentano un unicum nella produzione artistica contemporanea. I supporti che egli produce sono piastre (una sorta di cune di icone concave che accolgono la pittura) e sfere, ma anche grandi scudi circolari, piatti e ciotole, vasi e piccoli vassoi a forma lanceolata con una funzione anche pratica di portaoggetti. Le ceramiche sono principalmente in terraglia, semirefrattario e gres porcellanato, materiali che l’artista lavora con perizia e notevole abilità tecnica, se si considerano le grandi dimensioni.
Le piastre hanno contorni mistilinei, ma questi sono del tutto ininfluenti rispetto alla composizione pittorica. Talvolta troviamo tagli o fori che rimandano ad un altro piano dell’opera e che appartengono unicamente alla forma dell’oggetto. Questi interventi non hanno alcun significato concettuale dichiarato, come lo sono stati i tagli di Fontana o le incisioni di Leoncillo, ma sono puri interventi formali che denotano uno studio estetico dei singoli oggetti, a prescindere dalla fase pittorica3.
L’autore sperimenta numerosi modi di stendere il colore, ora pennellate larghe e fluide, ora picchiettato con la spugna, ora dipinto a punta di pennello. Sono tutte tecniche che ancora una volta si rifanno alla tradizione, ma utilizzate per creare superfici cromatiche tra di loro dissonanti4. Le forme dipinte sono del tutto astratte anche se non mancano rimandi al mondo naturale, come le squame che ricoprono le fasce serpentiformi. Nelle piastre a sfondo azzurro l’artista ama impaginare strani simboli blu e marrone che immediatamente ricordano la pittura arcaica e primitiva, ma anche l’esercizio della calligrafia. La composizione di questi pittogrammi segue un ordine preciso, partendo da una forma centrale si allargano verso i bordi con aste e curve che completano i simboli. Tali forme spigolose e inquietanti non hanno alcun significato, sono simboli affiorati dall’inconscio dell’artista o creati attraverso un modo di procedere automatico e spontaneo, senza alcun filtro razionale. Per interpretare questi simboli non mi sembra il caso di scomodare l’arte delle antiche civiltà Orientali e Occidentali, l’arte rupestre, gli artisti della Pop Art e della Street Art. Per i più fantasiosi queste forme possono essere addirittura interpretate come dei simboli ermetici da decifrare che appartengono ad una cultura lontana ed aliena. Floriano Gheno, dal mio punto di vista, ama semplicemente sperimentare il colore e le infinite possibilità formali delle pennellate, la preoccupazione è semmai di natura tecnico-gestuale, figlia di una disposizione mentale legata all’automatismo psichico o all’esperienza dell’informale gestuale5. Questi simboli misteriosi vengono dipinti in modo spontaneo, senza alcuna premeditazione, attraverso la giustapposizione di pennellate che danno vita a una forma articolata e complessa. L’interpretazione è affidata unicamente a noi, attingendo ciascuno dall’immaginario culturale.
Anche nelle piastre, come nei dipinti su tavola, troviamo una scelta precisa dei colori, giocati sulla discordanza tra toni caldi e toni freddi, dove questo contrasto diventa stridente nei tasselli rossi o terra di Siena inseriti nelle forme blu. Sarebbe interessante chiedere all’artista quale passione lo leghi al colore blu e azzurro, visto che è il colore predominante nella maggior parte delle sue opere. Il blu è un colore che non ha avuto vita facile sin dall’antichità, a partire dai Romani, dove era disprezzato in quanto colore dei Barbari, degli stranieri6. Fino al Medioevo esso non era presente nemmeno nell’arte e nei paramenti religiosi (il rosso, il nero e il bianco erano i colori predominanti) e solo più tardi è diventato simbolo di spiritualità per eccellenza (si pensi al manto blu della Madonna o alle gradazioni nelle vetrate delle cattedrali). Dal Medioevo in poi il blu sarà accettato dalla cultura, dalla politica e dalla società, pigmentando manti regali, le bandiere degli stati, addirittura la stoffa per i pantaloni jeans. Dal punto di vista psicologico il blu è un colore rassicurante, appagante ed equilibrato, è un colore per dirla con Michel Pastoureau, “giudizioso”.
Non entro nel merito degli aspetti della personalità di Floriano Gheno, ma sono certo che anche per lui il colore blu è un colore rassicurante, silenzioso, che non crea disturbi percettivi o psicologici, ma suscita sensazioni estetiche intense.
Le sfere sono sicuramente le opere più riuscite dell’artista in quanto è nella decorazione a tutto tondo che egli raggiunge esiti pittorici apprezzabili. Esse possono raggiungere dimensioni importanti e tanto sono più grandi, tanto mostrano una decorazione pittorica complessa e variegata. La stesura del colore con la pennellessa delinea grandi fasce blu ed azzurre, che talvolta si intrecciano ad altre di colore terra di Siena, molto chiaro e diluito. La padronanza tecnica è totale: le larghe campiture di colore liquido, talvolta trasparente, si sovrappongono e intrecciandosi danno vita a un groviglio dinamico di fasce colorate in continuo movimento, che creano piani spaziali sovrapposti, come possiamo osservare nell’opera “Globula”. Non troviamo mai una stesura del colore compatta e omogenea: il colore fluido interagisce tramite sfumate mescolanze o trasparenze. Queste superfici sono poi arricchite da vari elementi decorativi desunti dalle tecniche tradizionali: piccoli fiori stilizzati o forme tondeggianti rese con le spugnette intagliate, zone di colore tamponato, punti, squame e piccoli cerchi dipinti con la punta del pennello, tratteggi, incisioni del colore con elementi metallici, ecc. Il risultato è una serie di pattern visivi che rendono estremamente piacevole e suggestivo l’effetto estetico, come possiamo ad esempio osservare nell’opera “Lirica”. Per ammissione dello stesso artista, queste composizioni dinamiche e avvolgenti sono per lui fonte di disagio psicologico, per il timore d’essere invischiato nel groviglio sinuoso delle forme, per cui risulta necessario ancorare e frenare questo dinamismo grazie ad alcuni elementi che sono poi marcati contorni bruni, strane geometriche graffe blu (che possono essere lette anche come una quadrupede stilizzato) ed intarsi di un acceso rosso carminio, come possiamo osservare nelle opere “Deimos” e “Sgargiante”.
Simboli complessi ed ermetici ideogrammi sovente ricorrono nelle composizioni di Floriano Gheno: in alcune sfere sono gli unici elementi decorativi, dipinti preferibilmente con il colore nero, come possiamo osservare nell’opera “Orione” (pag. 30). La loro incisività visiva è messa in risalto dal contrasto con i toni chiari e omogenei scelti per lo sfondo o da un brillante color oro che rende l’oggetto luminoso e prezioso. L’interpretazione di questi elementi può essere ancora una volta solo arbitraria o dettata dall’esigenza, sempre presente, di condurre le forme astratte a qualcosa di figurativo.
Le grandi sfere sono le opere predilette da Floriano Gheno, sono forme che gli permettono di dare una dimensione tridimensionale alla pittura, estensione che è poi propria della scultura.
Negli scudi l’artista conferma la versatilità compositiva che abbiamo descritto per le grandi sfere, con l’aggiunta di ulteriori elementi. La decorazione di queste superfici è del tutto analoga a quella dei globi precedentemente descritti, tanto da sembrare delle sfere schiacciate su un piano come ad esempio “Quadrangolo”. Nell’opera “Sinfonia uno” viene ribadita la necessità da parte dell’artista di bloccare e imbrigliare il groviglio cromatico dentro forme stabili ed assolute, in questo caso ampie superfici nere che premono verso il centro il colore, come due tenaglie. La pittura sembra volersi liberare da questa costrizione, come se fosse una materia organica ed animata7.
Possiamo concludere affermando che l’anima di Floriano Gheno è nella pittura. La sua passione per la pennellata e il colore lo ha portato a percorrere una strada dove la tecnica ha una grande valenza, soprattutto quando la materia trattata è la ceramica. Dipingere è per lui soprattutto “gesto”, un movimento fluido ed elegante della mano e del del pennello che stende il colore sulla superficie dell’oggetto. Non c’è alcuna ideazione o progettazione, l’opera nasce unicamente nel momento della sua creazione. Le opere che suscitano particolare ammirazione sono senz’altro le sfere in ceramica, dove l’artista supera il tradizione concetto funzionale di decorazione applicata poiché la forma plastica coincide perfettamente con la superficie pittorica. Tali opere rappresentano una sintesi perfetta del suo percorso artistico, del suo modo di pensare e creare la ceramica, nella volontà mai sufficientemente dichiarata, di elevare questa arte applicata ad un rango superiore.
Giovanni Pilotto
06
maggio 2017
Floriano Gheno – Un maestro della ceramica novese
Dal 06 al 18 maggio 2017
arte contemporanea
Location
GALLERIA ARIANNA SARTORI
Mantova, Via Cappello, 17 , (Mantova)
Mantova, Via Cappello, 17 , (Mantova)
Orario di apertura
dal Lunedì al Sabato 10.00-12.30 / 15.30-19.30.
Chiuso Domenica e festivi
Vernissage
6 Maggio 2017, ore 18.00
Autore
Curatore