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Francesco Bellon – Sulla Tavola
Le relazioni interpersonali, il cibo, l’atmosfera. Francesco Bellon propone un progetto concettuale dal titolo Sulla Tavola, funzionale ad uno spazio conviviale (La Cantina di Manuela) dando un’interpretazione della “tavola” come luogo mentale e relazionale che esprime con diversi linguaggi: codici visivi (diagrammatici e pittorici) e rielaborazioni di oggetti attraverso sperimentazioni materiche come la carta velina resinata.
Comunicato stampa
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Le relazioni interpersonali, il cibo, l’atmosfera. Francesco Bellon propone un progetto concettuale dal titolo Sulla Tavola, funzionale ad uno spazio conviviale (La Cantina di Manuela) dando un’interpretazione della “tavola” come luogo mentale e relazionale che esprime con diversi linguaggi: codici visivi (diagrammatici e pittorici) e rielaborazioni di oggetti attraverso sperimentazioni materiche come la carta velina resinata. L’artista fa propri gli strumenti del design, della grafica e della pittura istintiva in un percorso che promette di regalare un’esperienza multimediale affascinante ed ironica portandoci a scoprire e a riscoprire il senso ed i meccanismi socio-culturali legati al convivio. Il progetto viene esposto per la prima volta a Milano in occasione dell’apertura del Salone del mobile 2009 per proporre un’idea di arte e design che porti a riflettere sul bisogno non solo fisiologico che precede l’oggetto e il suo utilizzo che Bellon recupera andando a scavare nell’aspetto psicologico, sociale e culturale del ritrovarsi insieme intorno ad un tavolo. La mostra è a cura di Mariangela Maritato che scrive: “Ci troviamo di fronte ad un’operazione artistica d’avanguardia perché, se storicamente la “tavola” è entrata nell’arte come oggetto o situazione da rappresentare come nell’ Ultima cena di Leonardo (1494-97), ne Il banchetto nuziale di P.Bruegel (1568), ne Il Bimbo a tavola di Anker (1869), o ne La tavolata di Egon Schiele (1917), solo per fare qualche esempio, Bellon ne recupera ed illustra invece il concetto arcaico e l’aspetto emozionale in assenza del quale il rito sociale non potrebbe compiersi. Non c’è la volontà d’ispirarsi all’ iconografia classica e rinascimentale che lo scorso anno ha mosso il regista Peter Greenaway a dare vita al Cenacolo di Leonardo nel Refettorio di Santa Maria Delle Grazie, in occasione del Salone del mobile 2008 di Milano, con proiezioni di luce che sembravano scaturire dall’opera stessa. C’è piuttosto una riflessione sociale che si scosta però, per mezzi, tematiche e riferimenti, dalla performance ed ultimo lavoro VB65 di Vanessa Beecroft in cui ventuno uomini, immigrati africani, sono vestiti elegantemente all’occidentale (alcuni scalzi, alti a petto nudo sotto la giacca), in abiti da sera e mangiano con le mani ad un tavolo trasparente. In questo caso i mezzi artistici sono il corpo e la performance con forti richiami figurativi al Cenacolo Vinciano ed alla pittura caravaggesca, l’intento è la riflessione sociale (immigrazione e integrazione). In Bellon assistiamo invece al recupero dell’aspetto emozionale e relazionale della tavola come rito sociale e concetto che avviene con un chiaro intento critico che esplica in un linguaggio pittorico che da essenziale e grafico diventa emozionale e gestuale. Una riflessione nata da un forte spirito d’osservazione e da influenze anche cinematografiche”.
QUANDO L’ARTE INVITA A TORNARE A TAVOLA
Di Mariangela Maritato
“La buona tavola è il primo vincolo della buona società”
Luc de Clapiers, marchese di Vauvenargues
Le relazioni interpersonali, il cibo, l’atmosfera. Francesco Bellon propone un progetto artistico-concettuale dal titolo Sulla Tavola, funzionale ad uno spazio conviviale (La Cantina di Manuela) dando un’ interpretazione della “tavola” come luogo mentale e relazionale che esprime attraverso diversi linguaggi: codici visivi (diagrammatici e pittorici) e assemblaggi di oggetti e materiali come la carta velina resinata. L’artista fa propri gli strumenti del design, della grafica e della pittura istintiva in un percorso che promette di regalare un’esperienza multisensoriale affascinante ed ironica portandoci a scoprire e a riscoprire il senso ed i meccanismi socio-culturali legati al convivio. Il progetto viene esposto per la prima volta a Milano in occasione dell’apertura del Salone del mobile 2009 per proporre un’idea di arte e design che porti a riflettere sul bisogno non solo fisiologico che precede l’oggetto e il suo utilizzo che Bellon recupera andando a scavare nell’aspetto psicologico, sociale e culturale del ritrovarsi insieme intorno ad un tavolo.
“L’individuo postmoderno comincia ad averne abbastanza di guardarsi l’ombelico. Per questo si siede alla tavola comune e ricomincia ad ascoltare gli altri e a raccontarsi” scrive il sociologo Claudio Risè ne Il ritorno della tavola conviviale. Si torna a tavola. Per la maggior parte delle persone essa rimaneva il luogo della privatezza. In città il trovarsi al ristorante entrava a far parte di quell’ “impiego produttivo del tempo libero” che i sociologi del postmoderno raccomandano a chi vuole massimizzare i guadagni e mettere a frutto ogni momento della giornata. Era la fine della tavola, dell’ incontro conviviale, per ciò che aveva significato dai greci in poi. Francesco Bellon è consapevole del fatto che senza quel luogo di incontro e di scambio, anche fisico, di parole, sguardi, cibo e bevande, i rapporti sono diventati più distanti e inconsistenti. Si sono diffusi malesseri nuovi. Dalle fobie sociali a disturbi alimentari aiutati dalla separazione tra cibo ed affettività che per la perdita di importanza della tavola ha smesso di circolare. Adesso, finalmente, assistiamo al suo ritorno. L’ individuo si siede alla tavola comune e ricomincia ad ascoltare gli altri e a raccontarsi. Ci troviamo di fronte ad un’ operazione artistica d’ avanguardia perché, se storicamente la “tavola” è entrata nell’arte come oggetto da rappresentare (pensiamo all’ Ultima cena di Leonardo, a Il Bimbo a tavola di Anker, a La tavolata di Egon Schiele, solo per fare qualche esempio) Bellon ne recupera ed illustra il concetto e l’ aspetto emozionale in assenza del quale il rito non potrebbe compiersi. Non c’ è la volontà d’ ispirarsi all’ iconografia classica e rinascimentale che lo scorso anno ha mosso il regista Peter Greenaway a dare vita a L’ Ultima Cena d Leonardo a Milano nel Refettorio di Santa Maria Delle Grazie, in occasione del Salone del mobile 2008, con proiezioni di luce che sembravano scaturire dall’opera stessa. Bellon recupera l’ aspetto emozionale e relazionale della tavola con un chiaro intento critico che esplica in un linguaggio pittorico che da essenziale e grafico diventa emozionale e gestuale. Una riflessione nata da un forte spirito d’ osservazione e da influenze anche cinematografiche. L’ artista racconta infatti di essere stato molto colpito, ad esempio, dal film “Il pranzo di Babette” (1987) del regista danese Gabriel Axel. Babette è una raffinata cuoca francese, molto apprezzata dai buongustai, che nel 1871 per ragioni politiche deve lasciare Parigi per trovare rifugio in una piccola comunità luterana in un desolato paese della costa danese. Dopo anni di modesto servizio presso due anziane sorelle, Babette organizza un pranzo fastoso con cui dà fondo alla vincita a una lotteria, affermando clamorosamente la sua arte sopraffina. Un pranzo che cambierà la vita di tutti i commensali.
La tavola (dal latino “tabula”, stendere, essere steso) non si esaurisce negli elementi che la compongono (cibi, portate, posate, tovaglie, bicchieri) ma nella specifica funzione che questi hanno per i commensali in un’ottica rituale (convivio) o mistica (dimensione privata e solitaria). La tavola è un rito inteso come insieme di atti eseguiti secondo norme codificate. Le stesse che permettono in una cena a due di contenere l’ attrazione sessuale tra un uomo ed una donna per consumare le cena. La tela Rapporto Attrazione-Distrazione esprime questo concetto. Su uno sfondo acrilico azzurro, due figure stilizzate giallo pallide di forma allungata cercano di unirsi partendo dalle due estremità della tela rettangolare ma vengono trattenute ognuna da due mani che rappresentano il “controllo” esercitato dalle norme sociali e dallo stato cosciente e razionale della mente umana. Che abbia un fine sociale o che sia strettamente personale, il rito della tavola ha bisogno di una partecipazione emotiva profonda, senza la quale cesserebbe di esistere. Per questo è necessaria una componente estetica, che Bellon indaga a fondo, differente nelle diverse culture, nelle diverse situazioni e tempi.
La piramide dei bisogni di Maslow viene reinterpretata ed adattata al concetto. Il risultato è l’opera Pic nic con Maslow la quale mostra, su una superficie quadrettata che richiama la tessitura propria delle tradizionali tovaglie da pic-nic, una piramide rossa alla cui base Bellon pone il bisogno del nutrirsi, seguito da quello di saziarsi e di condividere. Al vertice della piramide l’ artista colloca il termine “ardire” inteso come tessitura di relazioni sociali che si vengono a creare nel contesto conviviale. Se la prima parte del progetto è dedicata ai “Commensali” ed ai Sensi in tavola (titolo di un opera realizzata con carta velina resinata), la seconda ha come protagonista il “cibo”. L’ opera in acrilico Brand Name ripercorre le diverse fasi del processo che porta dal prodotto tipico della cucina locale (qui il riferimento è a quella padovana, caratterizzata da piatti come Le sarde al saor, la polenta o il radicchio) al packaging industriale (il cibo surgelato pronto in 5 minuti). La scritta Tempo=Amore mostra come l’attitudine di dedicare tempo alla cucina nell’ottica conviviale si risolva oggi in soluzioni culturali e di mercato che sfruttano gli archetipi che stanno alla base del desiderio, dell’immagine e della tradizione. Si nota in opere come queste un atteggiamento critico nei confronti della società contemporanea, ancora più evidente e radicale in opere come “Ogni civiltà ha il suo prezzo” dove anche il rapporto tra il cibo e l’utensile viene concepito in un’ottica di costrizione sociale. Le norme alla base del rito diventano prigioni che soffocano una spontaneità del gesto che può essere recuperata mangiando una mela, gesto che si risolve nel suo compiersi e che quindi si contrappone al ritmo stabilito ed imposto dalle diverse portate di un pranzo a tavola (Ritmo). Oltre alle connotazioni socio-antropologiche, Bellon analizza la tavola come ambiente, studiando le possibile situazioni ed atmosfere che si possono venire a creare a seconda della luminosità dello spazio, dei suoni, dei rumori, delle intenzioni e stati d’animo dei soggetti. Da sintetiche ed efficaci soluzioni grafiche si passa quindi all’atto creativo della tavola stessa come concetto: la pittura si svincola dalla forma (regole e norme sociali), si libera nella spontaneità del gesto in un’ottica più mistica che rituale recuperando la propria valenza eidetica (relativa all’idea, essenza fenomenica prima e originale). Il risultato sono le diverse Tovaglie realizzate in acrilico: del cavaliere, del singolo, del solo e della condivisione. Rappresentazione istintiva della fase precedente alla progettazione. Rimane una visione dall’ alto ma l’ immagine e il tratto pittorico è svincolato dalla rigidezza del diagramma o dello schema. Dal rigore formale del design l’ artista passa all’ immediatezza e alla libertà della pittura. Dalla tavola, come luogo e spazio relazionale, alla sostanza emozionale e profonda che permette il suo compiersi.
QUANDO L’ARTE INVITA A TORNARE A TAVOLA
Di Mariangela Maritato
“La buona tavola è il primo vincolo della buona società”
Luc de Clapiers, marchese di Vauvenargues
Le relazioni interpersonali, il cibo, l’atmosfera. Francesco Bellon propone un progetto artistico-concettuale dal titolo Sulla Tavola, funzionale ad uno spazio conviviale (La Cantina di Manuela) dando un’ interpretazione della “tavola” come luogo mentale e relazionale che esprime attraverso diversi linguaggi: codici visivi (diagrammatici e pittorici) e assemblaggi di oggetti e materiali come la carta velina resinata. L’artista fa propri gli strumenti del design, della grafica e della pittura istintiva in un percorso che promette di regalare un’esperienza multisensoriale affascinante ed ironica portandoci a scoprire e a riscoprire il senso ed i meccanismi socio-culturali legati al convivio. Il progetto viene esposto per la prima volta a Milano in occasione dell’apertura del Salone del mobile 2009 per proporre un’idea di arte e design che porti a riflettere sul bisogno non solo fisiologico che precede l’oggetto e il suo utilizzo che Bellon recupera andando a scavare nell’aspetto psicologico, sociale e culturale del ritrovarsi insieme intorno ad un tavolo.
“L’individuo postmoderno comincia ad averne abbastanza di guardarsi l’ombelico. Per questo si siede alla tavola comune e ricomincia ad ascoltare gli altri e a raccontarsi” scrive il sociologo Claudio Risè ne Il ritorno della tavola conviviale. Si torna a tavola. Per la maggior parte delle persone essa rimaneva il luogo della privatezza. In città il trovarsi al ristorante entrava a far parte di quell’ “impiego produttivo del tempo libero” che i sociologi del postmoderno raccomandano a chi vuole massimizzare i guadagni e mettere a frutto ogni momento della giornata. Era la fine della tavola, dell’ incontro conviviale, per ciò che aveva significato dai greci in poi. Francesco Bellon è consapevole del fatto che senza quel luogo di incontro e di scambio, anche fisico, di parole, sguardi, cibo e bevande, i rapporti sono diventati più distanti e inconsistenti. Si sono diffusi malesseri nuovi. Dalle fobie sociali a disturbi alimentari aiutati dalla separazione tra cibo ed affettività che per la perdita di importanza della tavola ha smesso di circolare. Adesso, finalmente, assistiamo al suo ritorno. L’ individuo si siede alla tavola comune e ricomincia ad ascoltare gli altri e a raccontarsi. Ci troviamo di fronte ad un’ operazione artistica d’ avanguardia perché, se storicamente la “tavola” è entrata nell’arte come oggetto da rappresentare (pensiamo all’ Ultima cena di Leonardo, a Il Bimbo a tavola di Anker, a La tavolata di Egon Schiele, solo per fare qualche esempio) Bellon ne recupera ed illustra il concetto e l’ aspetto emozionale in assenza del quale il rito non potrebbe compiersi. Non c’ è la volontà d’ ispirarsi all’ iconografia classica e rinascimentale che lo scorso anno ha mosso il regista Peter Greenaway a dare vita a L’ Ultima Cena d Leonardo a Milano nel Refettorio di Santa Maria Delle Grazie, in occasione del Salone del mobile 2008, con proiezioni di luce che sembravano scaturire dall’opera stessa. Bellon recupera l’ aspetto emozionale e relazionale della tavola con un chiaro intento critico che esplica in un linguaggio pittorico che da essenziale e grafico diventa emozionale e gestuale. Una riflessione nata da un forte spirito d’ osservazione e da influenze anche cinematografiche. L’ artista racconta infatti di essere stato molto colpito, ad esempio, dal film “Il pranzo di Babette” (1987) del regista danese Gabriel Axel. Babette è una raffinata cuoca francese, molto apprezzata dai buongustai, che nel 1871 per ragioni politiche deve lasciare Parigi per trovare rifugio in una piccola comunità luterana in un desolato paese della costa danese. Dopo anni di modesto servizio presso due anziane sorelle, Babette organizza un pranzo fastoso con cui dà fondo alla vincita a una lotteria, affermando clamorosamente la sua arte sopraffina. Un pranzo che cambierà la vita di tutti i commensali.
La tavola (dal latino “tabula”, stendere, essere steso) non si esaurisce negli elementi che la compongono (cibi, portate, posate, tovaglie, bicchieri) ma nella specifica funzione che questi hanno per i commensali in un’ottica rituale (convivio) o mistica (dimensione privata e solitaria). La tavola è un rito inteso come insieme di atti eseguiti secondo norme codificate. Le stesse che permettono in una cena a due di contenere l’ attrazione sessuale tra un uomo ed una donna per consumare le cena. La tela Rapporto Attrazione-Distrazione esprime questo concetto. Su uno sfondo acrilico azzurro, due figure stilizzate giallo pallide di forma allungata cercano di unirsi partendo dalle due estremità della tela rettangolare ma vengono trattenute ognuna da due mani che rappresentano il “controllo” esercitato dalle norme sociali e dallo stato cosciente e razionale della mente umana. Che abbia un fine sociale o che sia strettamente personale, il rito della tavola ha bisogno di una partecipazione emotiva profonda, senza la quale cesserebbe di esistere. Per questo è necessaria una componente estetica, che Bellon indaga a fondo, differente nelle diverse culture, nelle diverse situazioni e tempi.
La piramide dei bisogni di Maslow viene reinterpretata ed adattata al concetto. Il risultato è l’opera Pic nic con Maslow la quale mostra, su una superficie quadrettata che richiama la tessitura propria delle tradizionali tovaglie da pic-nic, una piramide rossa alla cui base Bellon pone il bisogno del nutrirsi, seguito da quello di saziarsi e di condividere. Al vertice della piramide l’ artista colloca il termine “ardire” inteso come tessitura di relazioni sociali che si vengono a creare nel contesto conviviale. Se la prima parte del progetto è dedicata ai “Commensali” ed ai Sensi in tavola (titolo di un opera realizzata con carta velina resinata), la seconda ha come protagonista il “cibo”. L’ opera in acrilico Brand Name ripercorre le diverse fasi del processo che porta dal prodotto tipico della cucina locale (qui il riferimento è a quella padovana, caratterizzata da piatti come Le sarde al saor, la polenta o il radicchio) al packaging industriale (il cibo surgelato pronto in 5 minuti). La scritta Tempo=Amore mostra come l’attitudine di dedicare tempo alla cucina nell’ottica conviviale si risolva oggi in soluzioni culturali e di mercato che sfruttano gli archetipi che stanno alla base del desiderio, dell’immagine e della tradizione. Si nota in opere come queste un atteggiamento critico nei confronti della società contemporanea, ancora più evidente e radicale in opere come “Ogni civiltà ha il suo prezzo” dove anche il rapporto tra il cibo e l’utensile viene concepito in un’ottica di costrizione sociale. Le norme alla base del rito diventano prigioni che soffocano una spontaneità del gesto che può essere recuperata mangiando una mela, gesto che si risolve nel suo compiersi e che quindi si contrappone al ritmo stabilito ed imposto dalle diverse portate di un pranzo a tavola (Ritmo). Oltre alle connotazioni socio-antropologiche, Bellon analizza la tavola come ambiente, studiando le possibile situazioni ed atmosfere che si possono venire a creare a seconda della luminosità dello spazio, dei suoni, dei rumori, delle intenzioni e stati d’animo dei soggetti. Da sintetiche ed efficaci soluzioni grafiche si passa quindi all’atto creativo della tavola stessa come concetto: la pittura si svincola dalla forma (regole e norme sociali), si libera nella spontaneità del gesto in un’ottica più mistica che rituale recuperando la propria valenza eidetica (relativa all’idea, essenza fenomenica prima e originale). Il risultato sono le diverse Tovaglie realizzate in acrilico: del cavaliere, del singolo, del solo e della condivisione. Rappresentazione istintiva della fase precedente alla progettazione. Rimane una visione dall’ alto ma l’ immagine e il tratto pittorico è svincolato dalla rigidezza del diagramma o dello schema. Dal rigore formale del design l’ artista passa all’ immediatezza e alla libertà della pittura. Dalla tavola, come luogo e spazio relazionale, alla sostanza emozionale e profonda che permette il suo compiersi.
22
aprile 2009
Francesco Bellon – Sulla Tavola
Dal 22 aprile al 22 maggio 2009
design
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
LA CANTINA DI MANUELA – VIA POERIO
Milano, Via Carlo Poerio, 3, (Milano)
Milano, Via Carlo Poerio, 3, (Milano)
Orario di apertura
dal lunedì al sabato orario continuato dalle 11:00 alla 1:30 giorno di chiusura domenica.
Vernissage
22 Aprile 2009, ore 18.30
Sito web
www.fbellon.com
Autore
Curatore